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Un cervo selvatico è stato trovato morto in un parco nazionale tailandese dopo aver ingerito sette chili di plastica e rifiuti. È l’ennesimo caso per il paese.
Un cervo di dieci anni è stato trovato morto all’interno del Parco nazionale di Kuhn Sathan, nella provincia tailandese di Nan, a circa 630 chilometri a nord dalla capitale Bangkok.
Il corpo dell’animale non presentava nessuna ferita esterna. Le autorità hanno così deciso di procedere con l’autopsia che ha indicato come causa del decesso un’ostruzione gastrointestinale. Ciò che però ha sconvolto tutti è il motivo dell’ostruzione: sono stati sette chili di plastica e di rifiuti ad uccidere il cervo.
En Thaïlande, un cerf sauvage découvert mort avec l’estomac plein de 7 kg de sacs en plastiques et autres déchets dans le parc national de la province de Nan, à 630 km au nord de Bangkok. https://t.co/ooAN8LTS8h#plastique #déchets #biodiversité #AFP
— IsabelMalsang-Salles (@IsabelMalsang) November 26, 2019
Nel suo stomaco sono stati trovati gli oggetti in plastica più disparati: dai sacchetti monouso, agli imballaggi per i noodles, ma anche salviettine, guanti, fondi di caffè e perfino un paio di mutande da uomo. Tutti rifiuti abbandonati all’interno del parco che l’animale ha malauguratamente ingerito. “L’autopsia ci ha permesso di scoprire tutta la plastica che era contenuta nel suo stomaco, che ha indubbiamente contribuito ad ucciderlo – ha dichiarato il direttore della zona protetta del parco Kriangsak Thanompun –. La sua morte è una nuova tragedia per il nostro paese e dimostra ancora una volta che dobbiamo ridurre l’uso di plastica monouso”.
A #wild #deer was found dead after swallowing 7 kilograms of plastic bags and other trash in Thailand, raising the alarm on waste littering the country’s waters and forests. pic.twitter.com/NOgSccX6iE — ShanghaiEye (@ShanghaiEye) November 27, 2019
Secondo un report del 2015 redatto dal gruppo di difesa ambientale Ocean conservancy e dal centro di consulenze McKinsey, il 50 per cento della plastica che finisce nei mari proviene essenzialmente da cinque paesi: Thailandia, Cina, Indonesia, Filippine e Vietnam.
La Thailandia, in particolare, è il primo consumatore di plastica al mondo. Si stima che ogni anno una singola persona utilizzi fino a tremila sacchetti usa e getta e che questi non vengano poi smaltiti correttamente.
La morte di questo cervo ha contribuito a riaccendere il dibattito sulla plastica e sul corretto smaltimento dei rifiuti all’interno del paese, soprattutto perché non si è trattato di un caso isolato.
Nel paese sono già stati segnalati decessi di animali che hanno erroneamente ingerito grossi quantitativi di rifiuti che hanno inquinato i loro habitat. A giugno 2018, una balena era morta dopo aver mangiato circa sette chili di immondizia e nel suo stomaco erano stati trovati più di ottanta sacchetti di plastica. Il caso più emblematico rimane però quello della piccola dugonga star dei social Mariam deceduta ad agosto di quest’anno a seguito di un’infezione aggravata dalla plastica che aveva ingoiato.
I tailandesi non sono rimasti indifferenti davanti a queste tragiche morti. Al contrario, nel paese sta nascendo una nuova sensibilità verso le tematiche ambientali che si sta facendo timidamente strada attraverso anni di pratiche insostenibili. Alcuni marchi della grande distribuzione, tra cui 7eleven e Central, molto popolari in Thailandia, hanno acconsentito a non distribuire più sacchetti usa e getta a partire dal 2020 e altre catene si sono impegnate a fare lo stesso.
La plastica sta letteralmente uccidendo gli ecosistemi ovunque nel mondo e sarebbe sbagliato relegare il problema solamente agli stati asiatici. La protezione di questo cervo, della piccola Mariam e di tutti gli uccelli che muoiono ogni giorno a causa dei rifiuti che ingeriscono, comincia dalle scelte che facciamo quotidianamente, in ogni angolo del pianeta. Anche se magari non possiamo vederlo, il riciclo, la raccolta differenziata e dei consumi più consapevoli fanno davvero la differenza e un giorno, magari non troppo lontano, si spera di poter raccontare più storie di animali salvati proprio da queste pratiche.
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