Oltre 2.500 miliardi di euro: sono i soldi che le grandi banche hanno iniettato nel settore delle fonti fossili dalla firma dell’Accordo di Parigi al 2019.
Stati Uniti, perché uscire dall’Accordo di Parigi sarebbe un disastro economico
In campagna elettorale, Donald Trump si è scagliato contro l’Accordo di Parigi. Ma è proprio l’economia americana a volere l’impegno per il clima.
Quando Donald Trump ha vinto le elezioni statunitensi, tra gli aspetti che hanno destato maggiore preoccupazione c’è stato, da subito, il suo atteggiamento apertamente negazionista nei confronti dei cambiamenti climatici. Ma a chiedergli di cambiare rotta, e rispettare gli impegni per il clima presi dalla precedente amministrazione, non sono solo gli ambientalisti e la società civile. Le più grandi e note multinazionali americane hanno infatti preso posizione, con una lettera in cui gli chiedono a gran voce di rispettare l’Accordo di Parigi.
Cosa pensa Donald Trump della lotta al riscaldamento globale
Più volte, in campagna elettorale, Trump ha dichiarato che l’Accordo di Parigi danneggia gli Stati Uniti e che quindi andrebbe almeno rinegoziato. Nei fatti, però, si tratta di un accordo vincolante che Barack Obama ha formalmente ratificato nelle ultime settimane della sua amministrazione. E i suoi termini non permettono di ritirarsi dall’oggi al domani, ma prevedono una procedura e delle tempistiche parecchio lunghe e complesse. Non a caso, qualche giorno fa Trump ha rilasciato una lunga intervista al New York Times in cui ha fatto parzialmente marcia indietro su alcune sue precedenti dichiarazioni. “Credo che esista un legame tra le attività umane e i cambiamenti climatici. Qualcosa c’è. Ma occorre capire fino a che punto”, ha affermato di fronte ai giornalisti. Aggiungendo di avere un “atteggiamento di apertura” nei confronti dell’accordo di Parigi.
Quali sono le multinazionali che si schierano per il clima
Ma ci vuole ben più di un atteggiamento di apertura. Più di trecento multinazionali americane chiedono al presidente eletto di prendersi tre impegni ben precisi: dare seguito alle politiche per la riduzione delle emissioni, investire in un’economia a basso tenore di carbonio e rispettare l’accordo di Parigi. Altrimenti, “la crescita americana sarà a rischio”. Tra i firmatari ci sono i nomi più noti dell’imprenditoria statunitense in tutti i settori. Solo per citarne alcune, stiamo parlando di Allianz, Acer, Kelloggs, Mars, Tetra Pak, Levi Strauss, L’Oreal Usa, The Norh Face, Tiffany.
L’Accordo di Parigi è un bene per l’economia americana
Se queste aziende hanno preso una posizione così forte, è perché ormai si è diffusa a livello planetario la consapevolezza di quanto sia indispensabile intervenire in modo concreto per il clima. Ma non solo. La convenienza è anche economica. Molte di loro in questi anni hanno avviato massicci investimenti per riconvertire i propri sistemi produttivi, cambiare le proprie fonti energetiche, stringere partnership sul territorio.
Le energie pulite sono un driver di crescita fondamentale per l’economia a stelle e strisce, molto più dei combustibili fossili che Trump tanto ha difeso in campagna elettorale: secondo la Solar Foundation, nel 2015 per la prima volta il numero di lavoratori nel settore del fotovoltaico ha superato quello degli addetti del settore petrolifero (210mila contro 187mila). In sintesi, come ha dichiarato il segretario di stato uscente John Kerry alla Cop 22 di Marrakech, “la maggior parte degli economisti e degli imprenditori hanno capito che investire nell’energia pulita garantisce profitti“. Per questo, «l’energia pulita è destinata a diventare il più grande mercato economico che il mondo abbia mai conosciuto». Insomma, il consenso è unanime. E Trump dovrà farci i conti.
Foto in apertura: Bastiaan Slabbers/Getty Images
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