Pubblicati i nuovi testi alla Cop29 di Baku. C’è la cifra di 1.300 miliardi di dollari, ma con un linguaggio molto vago e quindi debole.
Il clima impazzito si abbatte sui siti patrimonio mondiale dell’Unesco
L’Unione internazionale per la conservazione della natura: “Il 25% dei siti naturali protetti dall’Unesco è minacciato dai cambiamenti climatici”.
Un quarto dei siti naturali classificati patrimonio mondiale dell’Unesco è minacciato dai cambiamenti climatici. A lanciare l’allarme è l’Unione internazionale per la conservazione della natura (Iucn), in un rapporto che è stato pubblicato nei giorni in cui si è svolta la ventitreesima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Cop 23) a Bonn.
Il 7% dei siti naturali Unesco è già in stato critico
Il documento, intitolato “Iucn World Heritage Outlook 2”, rappresenta un aggiornamento di uno studio analogo, realizzato nel 2014. Se all’epoca il numero di siti naturali considerati a rischio risultava pari a 35 (su un totale di 228), ora il dato è quasi raddoppiato: a rischiare di subire danni, se non addirittura di scomparire, sono ormai 62 siti su 241. In particolare, 17 luoghi (il sette per cento del totale) sono considerati in “stato critico”: tra questi figurano il parco nazionale delle Everglades, in Florida (Stati Uniti), così come il lago Turkana in Kenya e il parco dei Virunga nella Repubblica democratica del Congo.
“Un aumento così vertiginoso registrato in soli tre anni – ha affermato la direttrice generale dell’Iucn Inger Andersen – ci ha lasciati di stucco. Nel rapporto, inoltre, sottolineiamo il fatto che il numero è destinato probabilmente ad aumentare”. Secondo l’organizzazione internazionale, infatti, ci sono oltre 50 siti che risultano già “potenzialmente a rischio”: “I cambiamenti climatici – ha aggiunto la dirigente – sono veloci e non risparmiano i tesori del nostro pianeta. Per questo servono impegni urgenti e ambiziosi al fine di rendere operativo l’Accordo di Parigi”, siglato al termine della Cop 21, nel dicembre del 2015.
Dai coralli al Kilimangiaro, passando per le Alpi
Tra i 62 siti considerati in pericolo figurano la Grande barriera corallina in Australia, la regione costiera del Belize e l’atollo di Aldabra alle Seychelles (il secondo più grande del mondo): tutti a causa del fenomeno dello sbiancamento dei coralli, dovuto all’aumento della temperatura degli oceani e del loro tasso di acidificazione. A rischio ci sono poi numerosi ghiacciai, compresi quelli del parco nazionale del Kilimangiaro, in Tanzania, o quello di Jungfrau-Aletsch nelle Alpi svizzere. Potrebbero essere colpiti poi luoghi che ospitano zone umide e delta fluviali. Mentre in altre zone la spada di Damocle è rappresentata dalla crescita del rischio di incendi.
IUCN reports that climate change endangers one in four UN-listed natural heritage sites, including coral reefs, glaciers, and wetlands, and the number of UNESCO natural sites at risk has grown to 35 to 62 in just three years.
Take action: https://t.co/w2OT1PAlgp pic.twitter.com/j1akc6dlGk
— Greenpeace Aus Pac (@GreenpeaceAP) November 15, 2017
Lo Iucn ricorda che le conseguenze sociali dell’eventuale danneggiamento o distruzione dei siti naturali patrimonio dell’Unesco possono essere devastanti per le comunità locali. Al di là del valore ecologico e paesaggistico, infatti, c’è quello economico: per molte popolazioni tali luoghi rappresentano una fonte di ricchezza definita “cruciale” dal rapporto. A farne le spese potrebbero essere infatti anche il turismo e lo sviluppo delle infrastrutture.
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