Dal 17 al 23 giugno, Survival International mobilita l’opinione pubblica con una settimana dedicata ai diritti dei popoli incontattati.
Violenze sugli indigeni in Camerun, l’Ocse esaminerà l’accusa di Survival al Wwf
L’Ocse ha accolto l’istanza di Survival e ha avviato un procedimento per chiarire la posizione del Wwf nelle violazioni dei diritti umani in Camerun.
Nuovo round nel contenzioso tra Survival Internationl, il movimento mondiale per i diritti dei popoli indigeni, e Wwf, la più nota organizzazione conservazionista al mondo. Da tempo Survival accusa il Wwf di finanziare squadre anti-bracconaggio colpevoli di abusi e violenze ai danni delle comunità pigmee dell’Africa centrale, dal canto suo il Wwf ritiene diffamatoria questa campagna. Ora però, con una decisione senza precedenti, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse), ha deciso di accogliere l’istanza di 228 pagine presentata da Survival nel febbraio 2016 e valutare la controversia tra le due organizzazioni.
Interviene l’Ocse
Si tratta di una svolta davvero importante se si considera che è la prima volta che un’organizzazione no-profit verrà esaminata valutando le sue responsabilità in termini di rispetto dei diritti umani secondo gli stessi standard previsti per le società commerciali. Quella avviata dall’Ocse non è però un’indagine, è un accertamento cui il Wwf ha accettato volontariamente di sottoporsi con l’obiettivo di fare emergere, sia nell’interesse del Wwf che di Survival, eventuali violenze e abusi nei confronti delle popolazioni indigene con le quali il Wwf collabora. Nella valutazione iniziale redatta dallo Swiss National Contact Point (Ncp), ente che regola le linee guida dell’Ocse e ne promuove il rispetto tra le imprese multinazionali discutendo con le parti interessate le questioni pertinenti al fine di contribuire alla risoluzione di eventuali problemi, si legge che “la conclusione della valutazione non deve essere interpretata come un giudizio. L’Ncp non conduce indagini, il nostro compito è quello di incoraggiare la discussione tra le parti coinvolte, piuttosto che stabilire se ha avuto luogo una violazione delle linee guida dell’Ocse”.
L’appello dei Baka
I pigmei Baka del Camerun e altre tribù della foresta pluviale, riferiscono da oltre 20 anni di reiterate persecuzioni ai loro danni da parte di squadre anti-bracconaggio finanziate dal Wwf e dalla Wildlife Conservation Society (Wcs), che hanno inoltre istituito aree protette nelle terre ancestrali degli indigeni da cui sono stati sfrattati illegalmente. “Nonostante il denaro che fornite per conservare la foresta, noi non ne beneficiamo in alcun modo. I nostri antenati vivevano benissimo in questa foresta – si legge in una lettera aperta di denuncia scritta dai Baka – oggi invece soffriamo molto a causa della conservazione”.
Il lato oscuro della conservazione
Le squadre che dovrebbero evitare i crimini contro la fauna selvatica si sarebbero rese colpevoli, secondo i Baka, di gravi violenze. “Hanno picchiato i bambini e una donna anziana con i machete – ha riferito a Survival un uomo Baka. – Mia figlia sta ancora male, l’hanno costretta ad accucciarsi e l’hanno picchiata ovunque con il machete, sulla schiena, sul sedere, dappertutto”.
La risposta del Wwf
Il Wwf ha respinto le accuse, evidenziando le difficoltà nella conservazione della fauna a causa dell’instabilità politica nella regione, riconoscendo tuttavia come in passato siano state commesse irregolarità e non negando il suo coinvolgimento nel finanziamento, nell’addestramento e nell’equipaggiamento delle guardie incriminate.
La soddisfazione di Survival
“Il fatto che l’Ocse abbia accettato la nostra istanza costituisce un enorme passo avanti per i popoli vulnerabili – ha dichiarato Stephen Corry, direttore generale di Survival International. – Il lavoro del Wwf ha portato ai popoli indigeni del Bacino del Congo decenni di sofferenze per effetto dei suoi progetti. Tutto questo deve cambiare. Se il Wwf non può garantire che certe iniziative rispettino gli standard delle Nazioni Unite e dell’Ocse, semplicemente non dovrebbe finanziarle”.
Conservazionisti per natura
In attesa che la situazione venga chiarita l’auspicio è che ritorni l’equilibrio nelle lussureggianti foreste pluviali dell’Africa, nelle quali la vita dei nativi e degli animali si intreccia da generazioni, ricordando che i popoli indigeni, che di quegli ecosistemi fanno effettivamente parte e da cui dipendono per la loro sopravvivenza, rappresentano senza alcun dubbio i migliori custodi della biodiversità.
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