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La caccia è finita, quante vittime ha fatto la stagione venatoria
La lista dei morti, dei feriti, delle specie protette e degli animali domestici ammazzati è, come ogni anno, vasta e inaccettabile.
Anche per quest’anno la caccia è finita. Gli animali selvatici scampati a questi cinque mesi di piombo possono tirare un sospiro di sollievo, ma non solo loro. Anche noi possiamo tornare a passeggiare per boschi e colline senza correre il rischio di essere uccisi o feriti dai cacciatori. Come sempre, la stagione venatoria appena conclusa lascia dietro di sé una lunga scia di sangue e ci spinge una volta ancora a chiederci come sia possibile che le istituzioni consentano a una percentuale irrisoria della popolazione, che comprende persone in grado di scambiare un uomo a cavallo per un cinghiale e sparargli, di fare il bello e il cattivo tempo e di tenere in scacco quasi il 99 per cento degli italiani.
Le vittime della caccia
L’associazione Vittime della caccia (Avc), come ogni anno, ha pubblicato il suo dossier sui morti e feriti per armi da caccia. Nel corso della stagione venatoria 2019/20 sono state uccise 27 persone e 67 sono state ferite, per un totale di 94 vittime. Rispetto lo scorso anno, in cui si erano registrati 21 morti e 51 feriti, si è dunque verificato un incremento delle vittime.
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La caccia uccide
I cacciatori, numericamente, sono le vittime principali della caccia, con 20 morti e 51 feriti. Ma se i cacciatori mettono in conto e accettano un margine di rischio necessariamente legato a un’attività che prevede l’uso di armi da fuoco, non si può dire lo stesso delle vittime civili, colpevoli solo di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ben sette persone sono state uccise e quindici ferite mentre passeggiavano, andavano in bici, raccoglievano funghi o osservavano la fauna.
Sempre più anziani armati
Dal dossier di Avc è emerso che la maggior parte degli incidenti e delle violazioni, sia in ambito venatorio che extravenatorio, è stata causata da cacciatori di età compresa tra i 50 e i 70 anni, il numero di ultraottantenni ancora in attività e in possesso di armi è inoltre in crescita. Nel corso della stagione di caccia si sono tuttavia registrati numerosi incidenti che hanno visto coinvolti giovani cacciatori, tra i 18 e i 30 anni. “Questo è il frutto dell’incremento che le associazioni venatorie e partiti politici filovenatori stanno operando per coinvolgere i giovanissimi nell’attività venatoria”, si legge sul sito di Avc.
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Le regioni più pericolose
La regione in cui la caccia ha provocato il maggior numero di vittime è stata la Sardegna, con tre morti e nove feriti. Seguono Toscana, con due morti e otto feriti, Calabria, con quattro morti e cinque feriti, Umbria, con quattro morti e quattro feriti, Campania, con due morti e sei feriti e Lazio, con due morti e cinque feriti. L’unica regione che non ha visto nessun incidente legato alle armi da caccia è la Val d’Aosta.
Neanche la fauna protetta è al sicuro
Il dossier di Avc non menziona le specie protette uccise o ferite durante la stagione venatoria. Anche quest’anno però il numero di animali vittime di bracconaggio è spaventosamente alto. Tra questi ricordiamo un gheppio, ucciso da una fucilata proprio il giorno di apertura della stagione venatoria, un falco pellegrino e due rare aquile di Bonelli. “Il bracconaggio rischia di vanificare gli sforzi che si stanno mettendo in atto per conservare le popolazioni italiane di questi rapaci”, ha commentato il Wwf.
Si spara anche a gatti e… telescopi
La caccia non risparmia neanche gli animali domestici, troppo spesso vittime di incidenti più o meno volontari. Anche in questo caso è estremamente difficile avere una panoramica esaustiva, dato che molti incidenti non vengono denunciati. “Si tratta della punta dell’iceberg che però vi vogliamo mostrare – si legge sul dossier di Avc – pur riconoscendo che così il risultato è una evidente sottostima, pur sapendo che il sommerso di questo fenomeno drammatico è certamente molto ma molto più consistente”.
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Tra le vittime dei cacciatori nella scorsa stagione venatoria ci sono stati cani, gatti, polli, cavalli, un asino e in cinghiale addomesticato. In provincia di Modena una gatta, che si chiamava Zampina, è stata uccisa da una scarica di pallini da caccia mentre si trovava nel giardino di casa. Stesso destino subito da Lilla, cane pastore di un anno e mezzo, uccisa da una fucilata mentre si trovava in una proprietà privata. A Imperia una cagnolina di tre anni è stata invece uccisa da un cane da caccia, introdottosi in una proprietà privata. I cacciatori, intenti a sparare ad un fagiano, sono persino riusciti ad impallinare il prezioso radiotelescopio dell’osservatorio astronomico Vanni Bazzan di Sant’Apollinare, a Rovigo, provocando danni per decine di migliaia di euro.
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Crediamo sia necessario arginare e regolamentare con maggiore fermezza questa pratica violenta e fuori dal tempo, che per oltre cinque mesi l’anno mette a repentaglio la sicurezza di persone e animali.
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