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Web tax, come funziona la tassa sulle transazioni digitali in vigore dal 2019
Diventa realtà la web tax: a partire dal 2019, l’Italia tasserà i ricavi prodotti da colossi del web come Google, Facebook e Amazon.
La mattina del 26 novembre la commissione bilancio del Senato ha approvato l’emendamento alla Manovra 2018, depositato da Massimo Mucchetti del Pd, sulla tassazione delle società di Internet. Diventa ufficiale così la web tax, che tanto ha fatto discutere negli scorsi mesi. Contrariamente alle aspettative, però, non sarà operativa dal 1 luglio 2018 ma solo a partire dal 2019.
I dati sono il petrolio del Terzo millennio ma le varie Google, a differenza dei petrolieri non li pagano. #webtaxhttps://t.co/5gs8gjHd5r
— Vado al Massimo (@vado_al_massimo) 27 novembre 2017
Cos’è la web tax e a cosa serve
La web tax nasce con l’intento di garantire l’equità, tanto nel trattamento fiscale quanto nella concorrenza, cercando di far pagare indirettamente le imposte anche ai colossi del web come Google, Facebook e Amazon, spesso criticati per le loro politiche fiscali che si giostrano tra diversi paesi. E vuole arrivare a questo obiettivo tramite una tassa, con aliquota fissa del 6 per cento, da applicare alle prestazioni di servizi condotte con mezzi elettronici.
Dove trovare fondi per attuare programma progressista? Dalla lotta all’#evasione e all’elusione fiscale fino alla #webtax. Se i giganti della rete pagassero le #tasse potremmo ogni anno disporre di 5-6 miliardi in più (s)
— laura boldrini (@lauraboldrini) 12 novembre 2017
Ma come funziona, nel concreto? Prima di tutto, il compito di stanare i big della Rete spetta allo spesometro. Ciò significa che l’Agenzia delle Entrate si attiva se un soggetto non residente in Italia registra, per ogni semestre, più di 1.500 prestazioni di servizi resi con strumenti digitali, oppure se il controvalore di queste prestazioni supera gli 1,5 milioni di euro. Le imprese italiane o con sede in Italia, clienti di questi servizi web, trattengono il 6 per cento dalla fattura e lo versano allo Stato; così facendo hanno diritto a un credito d’imposta della stessa entità, che utilizzeranno per diminuire l’Ires, l’Irap, i contributi previdenziali o Inail. Una possibilità, quella del credito d’imposta, che per ovvi motivi è esclusa per le imprese che non hanno sede in Italia.
La #webtax Mucchetti è tassa 4.0: prima Stato incentiva imprese a digitalizzarsi con #Industria40, poi se acquistano servizi digitali si riprende parte dei soldi indietro. Italia sia protagonista per soluzione europea non di dubbie scorciatoie #epicfail — Sergio Boccadutri (@boccadutri) 25 novembre 2017
Cosa manca ancora per il via alla web tax
Mucchietti aveva già presentato un disegno di legge simile lo scorso anno, che ora ricompare sotto forma di emendamento alla manovra, con un’aliquota più bassa. Servirà ancora tempo per definire tutti i dettagli ed è per questo che l’avvio ufficiale è stato rimandato di qualche mese, al 1 gennaio 2019, dopo le elezioni politiche. Servono ancora alcuni provvedimenti attuativi che stabiliranno il perimetro della base imponibile; l’Agenzia delle Entrate, da parte sua, definirà l’iter per adempiere alla norma. Quel che è certo è che non si dovranno preoccupare della web tax le imprese agricole e le piccole imprese che hanno aderito ai regimi agevolati (minimi e forfetari). Insomma, la misura punta chiaramente i riflettori sulle grandi imprese e sui giganti del web, evitando il più possibile di gravare sulle micro realtà.
Buona parte dell’export online italiano viene venduto con Amazon, promosso con Facebook, trovato con Google. Prima di segare il ramo sul quale ecc. con la #webtax ci penserei un attimino.
— Gianluca Diegoli (@gluca) 26 novembre 2017
Quanto ricaverà lo stato dalla web tax
Per ora, visto che mancano ancora questi decreti attuativi, non è possibile fare una stima esatta di quanto andrà a incidere la web tax sui fatturati dei colossi di Internet. La Ragioneria dello Stato ha fatto alcune analisi, basandosi sui ricavi della pubblicità online nel 2016, che sono stati pari a 1,9 miliardi di euro. Visto che si tratta solo di una parte del mercato digitale italiano, si può raddoppiare questa cifra arrivando a 3,8 miliardi, per poi calcolare da qui l’aliquota del 6%. Sulla base di questa stima, la web tax arriva a garantire allo stato un gettito di 228 milioni di euro, che però andrebbe all’incirca dimezzato per via del credito d’imposta.
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