La vulnerabilità delle foreste in Italia è in aumento, cosa fare per monitorare il fenomeno e intervenire per migliorare la resistenza e la resilienza.
Le foreste non devono fare da sfondo alle città, ma entrarci. L’appello al World forum on urban forests 2019
Le metropoli saranno sempre più affollate. Per continuare ad essere vivibili dovranno, prima di tutto… piantare alberi. È di questo che si è discusso al secondo World forum on urban forests di Milano.
L’odore pungente degli aghi di pino. Il profumo della resina, che sfiorando le ruvide cortecce resta sulle dita. Lo scintillio delle felci, la morbidezza del muschio, l’umidità della rugiada che sfiora la pelle. Tutt’intorno, un ovattato silenzio che brulica di vita. Il battito cardiaco rallenta, la mente si libera.
È dimostrato che camminare nei boschi fa bene. Inibisce la formazione di pensieri negativi, prevenendo patologie gravi come la depressione. Allora perché tra una decina d’anni due terzi della popolazione globale vivranno in città, apparentemente lontani dall’unica possibilità di salvezza in un mondo in cui – per usare la metafora dell’illustratore londinese Steve Cutts – viviamo come topi schiacciati da lavori alienanti, dipendenze e desideri insoddisfatti? Per via dell’industrializzazione, certo, e dei migliori servizi che innegabilmente le città offrono rispetto alle aree rurali. Ecco perché “la strategia urbana che perseguiremo sarà determinante del nostro futuro”.
Quale sarà la prima Capitale verde d’Italia? L’intervento di Giuseppe Conte al World forum on urban forests 2019
È il chiaro messaggio che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha voluto lasciare alla platea riunitasi alla Triennale di Milano il 21 novembre per partecipare al secondo World forum on urban forests (Wfuf). Un evento della durata di tre giorni per discutere di come conciliare la doppia esigenza dell’uomo, quella di vivere in città senza rinunciare al contatto con la natura. La chiave? Una sola. Ovvero, la forestazione urbana. “Le città devono abbracciare progetti di questo tipo”, ha continuato Conte. “Si tratta di un’opportunità economica, ma soprattutto di un imperativo etico. È per questo che abbiamo istituito il premio Capitale verde d’Italia, che ogni anno verrà conferito al Comune che avrà presentato i progetti di riconversione green più innovativi ed efficaci”.
I vantaggi della forestazione urbana
I benefici che le piante regalano, anche nei contesti urbani, sono evidenti. Non solo rappresentano “l’unico modo che abbiamo per assorbire CO2” – come ha fatto notare Stefano Boeri, presidente della Triennale e architetto che ha progettato il Bosco Verticale, un complesso residenziale composto da due torri che ospitano in totale novecento alberi e duemila piante. Ma consentono anche di regolare la temperatura, mitigando i venti freddi nel corso dell’inverno e donando frescura in estate; al contempo “aumentano il valore estetico dei centri abitati, quindi dei loro immobili”, secondo Ermete Realacci, presidente di Symbola. Gli alberi garantiscono, inoltre, l’incremento della biodiversità, offrendo rifugio a molte specie di uccelli e assicurando il benessere di organismi essenziali per la nostra sopravvivenza come le api.
Attraverso la costruzione di infrastrutture verdi quali “muri” di alberi, giardini pluviali e “argini” di mangrovie, infine, si possono contrastare fenomeni come le inondazioni che, per colpa dei cambiamenti climatici, stanno diventando sempre più frequenti e aggressivi. La piantumazione, quindi, è una strategia tanto semplice quanto fondamentale nella lotta contro il riscaldamento globale, capace al tempo stesso d’infondere speranza. “Io credo che trasmettere l’idea di piantare un albero come un’azione efficace per rallentare i cambiamenti climatici, slegata però dal senso d’incertezza e d’inquietudine, sia molto importante”, ha ribadito Boeri.
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Lo stato di salute delle foreste italiane
Si tratta del primo, grande passo. Dopo di che “bisogna parallelamente varare una serie di misure a lungo termine che guardino al territorio, alla collettività, al risparmio delle risorse, al riciclo, alla riduzione delle emissioni”, ha evidenziato Alessandra Stefani, responsabile della Direzione generale delle foreste del ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali. Misure che si spingano al di fuori delle città e tutelino tutte le foreste d’Italia, che attualmente ricoprono quasi dodici milioni di ettari – il 39 per cento del territorio nazionale – e sono in costante espansione. Fortunatamente stanno bene, quindi, ma “dobbiamo contrastare l’abbandono gestionale che le rende più vulnerabili ad incendi e cambiamenti climatici”, raccomanda Marco Marchetti, presidente della Società italiana di selvicoltura ed ecologia forestale (Sisef). Per valutare l’efficacia delle politiche ambientali, non dobbiamo avere timore di dare “un valore economico ai benefici offerti dai boschi”, conclude Stefani.
#Forests and #trees can make our #cities cleaner, greener and healthier places to live. https://t.co/tYpJ57DcvR pic.twitter.com/pdzEHenRea
— FAO Forestry (@FAOForestry) November 16, 2019
Se la notte porta consiglio, la Forest open night anche
La giornata del 22 novembre si è conclusa con la Forest open night, un evento aperto al pubblico con introduzione a cura di Simone Molteni, direttore scientifico di LifeGate. Dopo il suo intervento si è tenuto quello di Anuela Ristani, vicesindaca di Tirana, in Albania, che ha portato l’esempio virtuoso della sua città. Solo il 20 per cento degli abitanti possiede un’automobile. Il centro cittadino è stato trasformato in un’area pedonale, sono state costruite delle “oasi” per favorire le interazioni sociali, dei parchi gioco alberati per i bambini, quaranta chilometri di piste ciclabili. E Tirana non è l’unica località che sta seguendo questa direzione. L’esempio forse più lampante arriva da Oslo, una città “senz’auto” che sta lavorando per avere nei prossimi anni mezzi pubblici totalmente elettrici (traghetti compresi), ma nemmeno in Italia mancano casi come questo con Parma, Bologna e Milano in prima fila.
Guarda la videointervista con Giorgio Vacchiano, ricercatore in Pianificazione forestale
Per quanto riguarda l’aumento della temperatura, “almeno due gradi in più ce li becchiamo, anche se agiamo subito. Se non facciamo niente, invece, ne prendiamo cinque. Adesso siamo nel momento più caldo della storia della civiltà”. Concludiamo con la constatazione pessimistica del climatologo Luca Mercalli perché vogliamo ribaltarla in chiave ottimistica. Siamo in un momento caldo anche a livello metaforico, infatti. Le persone finalmente si sono svegliate, la sostenibilità non è più argomento di nicchia, ma qualcosa di cui si sente parlare ogni giorno; i giovani chiedono a gran voce cambiamenti e per ottenerli sfruttano le più consolidate forme di protesta, dagli scioperi alla disobbedienza civile. A dimostrazione che ci troviamo in un inedito momento storico: quello della lotta in difesa del Pianeta.
Foto in anteprima © Fabrizio Villa/Getty Images
Slideshow © Alba Russo/Superbello
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