A febbraio, in Irlanda, è stato introdotto un sistema di riciclo della plastica che ha permesso di raccogliere 630 milioni contenitori.
Arborvitae, il cimitero del futuro è un bosco urbano
Una nuova idea di paesaggio dove l’architettura funeraria viene sostituita dagli alberi dando vita ad un vero e proprio bosco urbano.
Cosa succederebbe se un posto silenzioso, quieto e triste come il cimitero tradizionale si trasformasse paradossalmente in un luogo verde di aggregazione e di cultura? A rispondere a questa domanda ci ha pensato Arborvitae, uno studio di architettura del paesaggio volto alla divulgazione delle biodiversità e della sostenibilità ambientale.
Il lavoro del team di A3paesaggio costituito dalle paesaggiste Consuelo Fabriani, Cloe Berni, Livia Ducoli e la botanica Maria Cristina Leonardi, è volto a creare una sorta di cimitero del futuro, un cimitero-paesaggio in cui l’architettura funeraria cede il posto agli alberi dando vita ad un parco urbano, un luogo di memoria capace di annullare la distanza tra il mondo dei morti e quello dei vivi; un parco per commemorare i defunti ma che sia vivibile anche per coloro che restano, un parco sacro e ricco con una struttura adatta ai vivi.
Il passaggio da architettura funeraria ad architettura del paesaggio
Come realizzarlo? Attraverso forme alternative di sepoltura, con l’uso di urne biodegradabili da interrare. L’urna, composta di cartone riciclato, è formata da due contenitori, di cui l’inferiore è adibito alla raccolta delle ceneri, il superiore invece contiene terra e seme: su un disco d’acciaio infine verrà indicata la specie arborea prescelta e il nome della persona. Unico presupposto per l’urna biodegradabile è la pratica della cremazione, che nel resto del mondo ormai sta rimpiazzando quasi totalmente la sepoltura: in Giappone, le persone che scelgono di farsi cremare superano addirittura il 95 per cento.
L’idea nasce un paio di anni fa quando il team scopre l’esistenza di un vaso cinerario particolare: “Ci ha incuriosito molto l’idea di un’urna biodegradabile – racconta Cloe Berni – nella quale mettere le ceneri del defunto, della terra e un seme. Così abbiamo pensato di trasformare un oggetto ad uso privato in un progetto concepito su larga scala e inserirlo nel paesaggio, cercando di trasformare l’architettura funeraria in architettura del paesaggio, un progetto cioè molto innovativo per i cimiteri del futuro”.
Ogni parco avrà dei percorsi ben studiati per coloro che passeggiano in questo posto ricco di suggestioni. Ci saranno delle aree dove sostare, dei laghetti e molto altro; ogni parco avrà al suo interno una vegetazione autoctona e si svilupperà in base a tecniche d’ingegneria naturalistica per il drenaggio e il filtraggio delle acque piovane per essere sufficientemente autonomo e a basso consumo, con pannelli solari per l’illuminazione notturna.
La diminuzione del patrimonio arboreo nelle città italiane
Nonostante gli alberi rappresentino una soluzione non invasiva e a basso costo, riducano l’inquinamento, abbelliscano la città, attutiscano i rumori e incrementino la qualità della vita, purtroppo le grandi città si stanno sempre più spogliando del patrimonio arboreo. Gli abbattimenti, dovuti a malattia e incuria superano di gran lunga le piantumazioni. Si calcola che procedendo di questo passo Roma fra 150 anni sarà completamente priva di alberi. Lo stesso vale per Palermo, Bologna e Milano. Edifici, strade, parcheggi mangiano il suolo ad una velocità di 8 mq al secondo: negli ultimi tre anni sono stati persi 420 chilometri quadrati di terreno, fra Milano, Firenze, Bologna, Napoli e Palermo.
L’espansione dei sistemi urbani del Ventesimo secolo è divenuta uno ‘straripamento’ di insediamenti. Ma la vegetazione è una risorsa fondamentale per la sostenibilità dei sistemi urbani e per il mantenimento della biodiversità degli ambienti antropizzati. Il Protocollo di Kyoto ha considerato la diffusione del verde come un elemento fondamentale ai fini del miglioramento della qualità della vita nelle città, esortando i governi all’adozione di obiettivi concreti legati alla conservazione delle risorse naturali e alla pianificazione urbana sostenibile.
Una grande occasione per l’Italia
Il bosco sacro contemporaneo sta ottenendo ampi consensi e l’interesse è crescente. A Roma, a Milano, ma anche in Cile e negli Stati Uniti. “Tuttavia la difficoltà a livello normativo non è banale – spiega Cloe Berni –. Oggi non esiste un parco-cimitero, o è l’uno o è l’altro, e un cambio di destinazione d’uso del terreno in questo senso non è semplice.
Inoltre all’interno del mondo cimiteriale ci sono tantissimi interessi e contratti privati, anche se vorremmo far capire che il nostro progetto non toglierebbe certo il lavoro ad altre aziende. Stiamo quindi guardando anche fuori dall’Italia, ma sarebbe un vero peccato perdere l’occasione di realizzare nel nostro paese il primo cimitero green del futuro”.
Nel frattempo a Milano è stata avviata una collaborazione con la fondazione Memories, che sta realizzando nel quartiere milanese Bovisa Il giardino del ricordo, un progetto che coniuga verde urbano, arte e architettura funeraria. Il giardino del ricordo permetterà la conservazione delle ceneri: potrà ospitare circa centomila cellette in grado di contenere a loro volta fino a dieci urne cinerarie l’una. Chi lo desidera, potrà raccogliere tutti i ricordi del defunto (documenti, immagini, filmati, testi e altro) e conservarli in forma digitale nel giardino del ricordo, a disposizione degli eredi o di chi voglia conoscere la vita e le realizzazioni della persona le cui ceneri sono lì conservate.
Il progetto ha in sé caratteristiche che abbracciano diversi aspetti ambientali: migliora la qualità dell’aria e favorisce la gestione delle acque meteoriche; combatte il consumo del suolo e si propone di abbattere le differenze di etnia e di culto. Infine, rappresenta un grande valore etico, primo perché si propone di educare al rispetto della natura come bene comune, secondo perché Arborvitae potrebbe rappresentare una trasformazione radicale dell’esperienza che tutti noi abbiamo al cimitero.
Fabriani, una delle paesaggiste ideatrici del progetto, ne sintetizza bene la filosofia: “Vogliamo realizzare un luogo bello, rassicurante, un luogo vivibile per i vivi che crei continuità tra la vita e la morte”. Un cambiamento della nostra concezione di vivere e accettare la morte.
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