Politiche frammentarie, discontinue e incerte. Così sull’elettrico l’Italia fa peggio persino della Grecia. Ne approfitta la Cina, che allarga l’offerta; ultimo caso la BYD Sealion 7.
L’automobile del boom economico non è più sinonimo di libertà di movimento
Da simbolo di libertà, l’auto è ormai diventata sinonimo di costo ambientale ed economico. Il futuro della mobilità è l’elettrico pubblico e condiviso. L’editoriale del presidente di Legambiente.
Seppur lentamente, le nostre città stanno diventando il luogo dello mobilità multimodale, quella scelta da un crescente numero di persone che, per spostarsi, ricorre all’uso di diversi mezzi di trasporto. In media gli italiani ne utilizzano tre, ma c’è chi quest’anno ha optato sempre più spesso per la sharing mobility, ossia la condivisione dei viaggi o dei mezzi, servendosi di fino a sette mezzi diversi in una sola settimana.
Il quadro lo ha tracciato a Milano il gruppo di esperti che ha animato il forum QualeMobilità di Legambiente e Lorien consulting. Si è parlato di mobilità sostenibile, di innovazione e politiche urbane in grado di ridisegnare lo spazio pubblico riducendo quello destinato alle auto private.
Più di 600 auto ogni mille italiani
Perché se è vero che cresce l’’attenzione per un uso più sostenibile delle città, è vero anche che siamo ancora un Paese fondato sull’automobile, con un tasso medio di motorizzazione di 624 veicoli ogni mille abitanti. Un record assoluto in Europa, dove a Madrid sono 411, a Berlino 392, a Londra 331 e a Parigi soltanto 166.
Dallo studio emerge un Paese spaccato in due per quanto riguarda le abitudini di mobilità. Se da un lato c’è chi si muove molto e con molti mezzi, dall’altro c’è chi è “condannato” all’auto o rimane segregato in casa. Una divisione molto netta anche dal punto di vista sociale: ci sono i multi-mobili (che si spostano molto e con molti mezzi) che appartengono alle fasce alte, più ricche e istruite della popolazione e sono numericamente in crescita; e ci sono, in calo, gli stanziali e i mono-mobili, rispettivamente persone ai margini, pensionati e disoccupati o a basso reddito e persone che fanno parte del ceto medio attivo dei piccoli centri che utilizzano solo l’auto privata.
La libertà di movimento
In altre parole, c’è una parte d’Italia costretta a muoversi solo con la propria auto, opzione sempre più costosa, e un 20 per cento della popolazione che non esce più di casa. Una realtà che ci consente di dire che oggi la proprietà dell’auto non è più sinonimo di libertà di movimento.
Un focus del sondaggio è stato dedicato a Milano, città laboratorio della “nuova mobilità”, che negli ultimi vent’anni ha perso 100mila automobili e guadagnato 100mila nuovi abitanti. Per chi ci vive e lavora, un sistema di mobilità efficiente e moderno e la gestione sostenibile delle risorse ambientali, anche grazie all’uso delle tecnologie, è la precondizione per definirsi una smart city. Inoltre, i servizi di mobility as a service (disponibili quando servono), integrati con il trasporto pubblico, sono molto utili e richiesti soprattutto dai city users.
Leggi anche: La mobilità condivisa conquista il mercato italiano
Il concetto di mobilità sostenibile
La mobilità sostenibile è già una realtà in molte città italiane e non si riassume banalmente nel numero di auto elettriche in circolazione, che peraltro resta esiguo così come quello delle colonnine per la ricarica. È la mobilità elettrica pubblica delle metropolitane, dei treni urbani, dei tram, degli autobus e dei filobus. Così come quella delle scale mobili, dei tapis roulant, delle funivie e delle cremagliere. Basti pensare che il 73 per cento degli spostamenti con il trasporto pubblico a Milano oggi è già elettrico.
L’elettrico cresce molto rapidamente nella sharing mobility: le auto elettriche in condivisione sono già il 49 per cento a Firenze e il 26 per cento a Roma. Sempre a Firenze, i taxi elettrici in circolazione sono una settantina. Lo scorso anno sono state immatricolate solo 1.879 auto elettriche (lo 0,1 per cento del totale), a fine agosto di quest’anno si è invece raggiunta quota 3.098. Senza contare che nel 2017 sono state vendute ben 148mila e-bike e 1.374 tra moto e scooter elettrici.
Una mobilità condivisa
La direzione, insomma, è tracciata. Adesso è necessario mettere a sistema i veicoli elettrici e la loro rete di approvigionamento, con altre forme di mobilità sostenibile “connessa”, ossia individuabile con lo smartphone, e condivisa. Solo così i viaggi plurimodali diventeranno più comodi e diffusi. Non sarà più appannaggio di pochi pionieri la scelta di spostarsi usando il binomio bici più treno, oppure metropolitana più monopattino, aereo e auto a noleggio o in sharing, auto più treno e così via.
Queste nuove opportunità, già pienamente sfruttate dai giovani digitali, offrono occasioni uniche alle città, che si stanno ridisegnando oggi con i Piani urbani per la mobilità sostenibile (Pums) in corso di elaborazione in ben 97 realtà. A Milano, per esempio, possono rappresentare l’occasione per pianificare l’uscita dalla mobilità a trazione fossile. La città nel 2025 sarà “gasolio free”, grazie alla realizzazione della nuova AreaB, e nel 2030 tutti i mezzi pubblici saranno elettrici.
In generale, vanno ridisegnati la mobilità e lo spazio pubblico, togliendo metri quadrati alle auto in sosta o alla carreggiata stradale come si sta facendo a Parigi. Contemporaneamente, i Piani di risanamento della qualità dell’aria devono puntare a limitare progressivamente i veicoli a combustione, facendo delle città europee la frontiera più avanzata di cambiamento della mobilità.
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