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Le fattorie del futuro saranno quelle in grado di chiudere il cerchio ed impiegare i rifiuti dell’attività agricola e dell’allevamento per la produzione di una fonte energetica rinnovabile, il biogas. Oggi l’Italia sta facendo scuola nel mondo, sia per le tecniche impiegate che per numero di impianti installati. Ma c’è una novità, che arriva da
Le fattorie del futuro saranno quelle in grado di chiudere il cerchio ed impiegare i rifiuti dell’attività agricola e dell’allevamento per la produzione di una fonte energetica rinnovabile, il biogas. Oggi l’Italia sta facendo scuola nel mondo, sia per le tecniche impiegate che per numero di impianti installati. Ma c’è una novità, che arriva da polo scientifico di Trieste, l’Area Science Park: un nuovo mini impianto, ideale per le aziende agricole di piccole dimensioni.
Jolly Cow, così il nome del micro impianto, è stato realizzato e testato da Nre Research S.r.l. e Poopy3Energy S.r.l., due start up insediate rispettivamente in Area Science Park e nel Bic Fgv di Trieste. In pratica l’impianto – secondo quanto riferisce l’incubatore triestino – utilizza un processo biologico simile a quello dell’apparato digerente di un bovino per la produzione di biogas a partire da reflui zootecnici. Attraverso l’ossidazione del substrato, viene reso disponibile il carbonio presente nei reflui.
Il mini impianto funziona esclusivamente a reflui zootecnici, permetterebbe di avere tempi di digestione estremamente veloci rispetto ai normali digestori, con una resa doppia. Essendo di dimensioni più piccole, i costi di messa in opera, manutenzione ed alimentazione sarebbero quindi minori. “Il micro impianto produce 20 kW elettrici e 35 kW termici, utilizzando per il suo funzionamento il 5 per cento dell’energia prodotta”, scrive Area Science Park in una nota. “Il completo assorbimento del materiale organico produce una biomassa completamente digestata e igienizzata, grazie a un processo efficiente e stabile”.
Dal digestore esce esclusivamente biogas e digestato, un compost sterile che per l’allevatore rappresenta da una pare una minor quantità di residui da smaltire, dall’altra un sistema di concimazione con percentuali di azoto nei limiti previsti dalla direttiva Ue sui nitrati. Un ulteriore innovazione che potrebbe incentiva la crescita della filiera del biogas. Secondo il presidente del Cib (Consorzio italiano biogas), infatti, “il contributo che la filiera del biogas e del biometano potrebbe dare alla copertura del fabbisogno energetico nazionale è molto elevato. Da qui al 2030, il biometano potrebbe coprire il 15 per cento del fabbisogno nazionale annuo di gas naturale, ovvero circa 8 miliardi di metri cubi”.
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