Per la presidente di Federbio Mammuccini, alcuni disagi degli agricoltori sono oggettivi e comprensibili, ma le proteste contro il Green deal sono inammissibili.
Un mondo 100% biologico è possibile, lo dimostra lo stato indiano del Sikkim
Lo stato indiano del Sikkim è il primo certificato 100% biologico ed ora è pronto a esportare il suo modello in tutto il mondo. La sua delegazione ci ha spiegato come.
Un viaggio che inizia in un piccolo stato dell’Himalaya, il Sikkim, e che si conclude a Roma presso la Fao, passando per il Parlamento italiano. Un viaggio che promette di proseguire e durare ancora a lungo perché il messaggio è di quelli forti e capace di contraddire il mantra della grande industria agroalimentare, che negli anni si è arricchita a scapito dell’ambiente, delle piccole e medie produzioni locali e della salute dei cittadini: convertire la produzione convenzionale al biologico non solo è possibile, ma è necessario ed è persino più redditizio per le economie locali.
Non più teorie e proclami, dunque, ma un’esperienza concreta e certificata che la delegazione del Sikkim, guidata dal primo ministro Pawan Kumar Chamling, intende esportare in tutto il mondo. Come ci spiegano i membri della delegazione governativa, in gioco non ci sono solo le fortune di uno stato indiano ma le sorti dell’intero Pianeta. Il messaggio del Sikkim è chiaro: l’alternativa è possibile, ma ciò che serve è la reale volontà politica di mettere da parte i grandi interessi per tornare a occuparsi di quelli dei cittadini, degli agricoltori e del nostro Pianeta.
Dall’Himalaya all’Europa, il modello biologico del Sikkim
Il viaggio della delegazione del Sikkim verso l’Europa inizia a Dehradun, località dello stato himalayano dell’Uttarakhand, conosciuta nel mondo per ospitare la fattoria biologica e l’Università della Terra di Navdanya, l’organizzazione fondata da Vandana Shiva che ha contribuito attivamente alla transizione biologica del Sikkim.
L’International Biodiversity Congress rappresenta allora una tappa importante in cui il primo ministro annuncia, proprio insieme a Vandana Shiva, il progetto di un Himalaya al 100 per cento biologico e biodiverso e l’intenzione di esportare in tutto il mondo quello che ormai può essere definito come il modello del Sikkim. “Non c’è tempo da perdere – spiega il primo ministro – tutti i governi devono assumersi le proprie responsabilità e prefissarsi l’obiettivo di un mondo completamente biologico entro il 2050”. Un traguardo ambizioso ma realistico come dimostra l’esperienza del Sikkim che esattamente venticinque anni fa iniziava il suo percorso politico verso un modello privo di veleni e rispettoso della biodiversità.
From #Sikkim 100% organic state to #OrganicHimalaya & 2050 Global #FoodSystem Transformation – #PoisonFree #organic #biodiverse Food & Agriculture https://t.co/q28YB92nNt @drvandanashiva @pawanchamling5 @NavdanyaBija @SwarajAnna pic.twitter.com/s45IeEwTr5
— Seed Freedom (@occupytheseed) 4 October 2018
Un percorso lungo 25 anni
Ma chi sono gli artefici del modello del Sikkim e qual è stato il percorso per raggiungere il risultato del 100 per cento biologico? Lo abbiamo chiesto a Prem Das Rai membro del Parlamento del Sikkim e scienziato indiano: “Per capire il successo del modello del Sikkim dobbiamo partire dalla constatazione che il nostro partito, il Sikkim democratic front (Sdf), è alla guida del paese da quasi venticinque anni. Questo è un dato importante perché la conversione al biologico non è una politica implementabile nel breve periodo ma richiede molto tempo. Il nostro progetto politico è iniziato nel 1994 e abbiamo visto i primi risultati concreti solo nel 2003 quando il primo ministro ha fatto approvare la risoluzione per fare del Sikkim uno Stato al 100 per cento biologico. A quel punto siamo passati a uno stadio successivo quello della certificazione, un processo che ha preso ulteriori dieci anni. Il Sikkim presenta oggi i migliori indici di sviluppo umano in India e questo dato è quello in particolare che dimostra il successo di questo percorso”.
Il segreto del successo: la conversione al biologico inizia a scuola
Un percorso che sembra riportare dati positivi su tutti i versanti. Anche sul versante economico considerando che le aziende agricole che praticano un’agricoltura biologica e biodiversa risultano il 20 per cento più produttive rispetto alle aziende basate sulle monocolture che utilizzano prodotti chimici. A spiegarci la formula di questo successo è Khorlo Buthia, segretario del dipartimento dell’agricoltura del Sikkim: “Ormai non è più un segreto che i prodotti chimici nel nostro cibo fanno male alla nostra salute, quindi è normale che la richiesta dei consumatori si indirizzi sempre più verso il biologico permettendo ai contadini di beneficiare dalla conversione”. Le persone devono essere però informate per poter compiere le loro scelte. Un’informazione che, nello stato del Sikkim, dove il sistema scolastico è gratuito dalle materne fino all’università, diviene educazione. “Già nelle elementari – continua Buthia – al quarto e quinto anno, abbiamo introdotto dei moduli sull’agricoltura biologica, per spiegare la sua funzione, il processo di certificazione nel più grande quadro dello sviluppo umano”.
Il modello del Sikkim alla Fao e al Parlamento italiano
Ricerca, teoria, pianificazione, risultati. Il tutto sorretto da una ferrea volontà politica. Una ricetta semplice che ha portato il Sikkim sul gradino più alto del Future policy award, il premio dedicato alle migliori politiche globali per l’agroecologia organizzato dalla Fao insieme al World future council e a Ifoam organics international. Un’esperienza che ormai si è fatta modello e che attira le attenzioni di tutto il mondo, comprese quelle dell’Italia dove la delegazione del Sikkim ha incontrato la stampa e i parlamentari.
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Il mondo guarda al Sikkim con interesse, ma il suo modello può essere effettivamente esportato? “Il Sikkim – ci risponde il ministro dell’agricoltura dello stato himalayano, Poudyal Somnath – dimostra che è possibile migliorare la salute del suolo, delle persone, rendere l’agricoltura fonte di sostegno per i contadini e che i pesticidi e i fertilizzanti chimici non sono necessari. Il nostro modello è assolutamente replicabile e perciò lancio un appello alla comunità internazionale per impegnarsi nella transizione al biologico”.
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