L’anno che sta per concludersi fa ben sperare per il futuro dell’energia solare. I dati globali sul fotovoltaico crescono, gli esempi positivi si moltiplicano. Sebbene resti molto lavoro da fare, seguire il sole ci manterrà sulla strada giusta.
Il Canada si piega all’industria del petrolio e nazionalizza l’oleodotto Trans Mountain
Il Canada sembrava essere il Paese destinato a guidare la transizione energetica verso le rinnovabili e invece, a sorpresa, il governo di Trudeau acquista il Trans Mountain spendendo 2,9 miliardi di euro.
Una mossa a sorpresa, ma non una bella sorpresa quella del Canada. Il governo canadese ha acquistato dalla società americana Kinder Morgan l’oleodotto Trans Mountain e il relativo progetto per la sua espansione per circa 2,9 miliardi di euro. Obiettivo dell’operazione è quello di garantire che l’infrastruttura venga di fatto realizzata. Un Paese che fino a oggi era apparso in prima linea nel voler abbandonare i combustibili fossili e sembrava aver abbracciato una serie di riforme e interventi a favore della transizione energetica, in questi giorni stupisce con una mossa singolare a favore dell’industria del petrolio che ha destato molto sconcerto.
Fossil fuels are subsidized 38x more than renewables globally. Now the Canadian government wants to spend billions more of taxpayer dollars to increase its country’s contribution to the climate crisis. This is not in the public interest. We must keep fighting to #StopKM.
— Al Gore (@algore) 29 maggio 2018
Un progetto da 890mila barili di petrolio al giorno
Il Trans Mountain è un oleodotto fortemente contestato da ambientalisti e comunità locali che scorre tra l’Alberta a Vancouver, fondamentale per immettere nei mercati internazionali il petrolio da sabbie bituminose della provincia dell’Alberta. La sua capacità è di circa 300 mila barili di petrolio al giorno, ma con il piano di espansione che prevede 980 nuovi chilometri, il cui costo è stimato in circa 7,4 miliardi di dollari, potrebbe arrivare a 890 mila barili al giorno. La condotta collega il terminal di Edmonton, nell’Alberta, allo scalo marittimo di Vancouver, nella Columbia Britannica.
Il progetto è visto molto favorevolmente dall’industria petrolifera che lo ritiene una infrastruttura di collegamento cruciale per i mercati asiatici, consentendo ai produttori di diversificare i mercati e togliersi dall’eccessiva dipendenza dal mercato statunitense che, in questo momento, è il destinatario principale delle esportazioni petrolifere canadesi.
Today, we’ve taken action to create & protect jobs in Alberta and BC, and restart construction on the TMX pipeline expansion, a vital project in the national interest. Watch Ministers @Bill_Morneau and @jimcarr_wpg: https://t.co/cgAn3lH8jq
— Justin Trudeau (@JustinTrudeau) 29 maggio 2018
Investire su infrastrutture legate al petrolio: un errore storico del Canada secondo molti
Il progetto che il Canada ha deciso di acquistare, di fatto nazionalizzando le infrastrutture, è al centro di molte polemiche. Adam Scott, senior advisor di Oil Change International, ha detto che “Il primo ministro Justin Trudeau sta commettendo un errore storico”, aggiungendo che il governo “sta effettivamente facendo ‘tutto ciò che serve’ per minare la nostra transizione verso un futuro sicuro, pulito, con le energie rinnovabili”. Ma il ministro delle Finanze canadesi, Bill Morneau e il ministro delle Risorse naturali, Jim Carr non hanno dubbi: l’oleodotto “deve essere costruito e sarà costruito” ha detto lo stesso Morneau. Con l’accordo appena definito, i lavori prima sospesi potranno essere ripresi già durante l’estate. Ed è su questo che ha insistito lo stesso governo, motivando l’operazione anche a protezione delle migliaia di posti di lavoro in Alberta e in Colombia-Britannica. L’operazione sarà un test chiave per il governo di Trudeau che dovrà trovare il modo per bilanciare ambiente ed economia “alla vecchia maniera”.
Un piano per vendere al più presto l’oleodotto appena acquistato
L’attuazione del piano del governo prevede diverse fasi. Durante l’estate i lavori riprenderanno grazie a un prestito federale ma, entro il 22 luglio, il governo e Kinder Morgan si impegneranno a cercare un acquirente o investitori privati a cui vendere il progetto. Il tutto, sperano nel governo, dovrebbe risolversi prima che il Canada completi l’accordo di acquisto di questi giorni e quindi entro agosto. Se tutto fila liscio come programmato, il governo procederebbe a indennizzare il nuovo proprietario contro eventuali costi non previsti o ulteriori ritardi. Lo stesso Morneau, in una nota, ha sottolineato che non è nelle intenzioni del governo canadese rimanere troppo a lungo con “questo cerino in mano”.
Chi ha fatto l’affare?
Secondo il governo, l’acquisto dell’oleodotto non andrà a pesare sulle tasche dei contribuenti anche se non sono trapelati i costi reali legati all’espansione dell’oleodotto. Non sembrano esserci nemmeno dubbi circa la praticabilità di trovare velocemente un nuovo acquirente: “Molti investitori hanno già espresso interesse per il progetto, compresi gruppi indigeni, fondi pensione canadesi e altri” ha cercato di tranquillizzare il ministro canadese delle Finanze. Intanto, il governo di Alberta creerà un fondo di emergenza di 2 miliardi di dollari da destinare a sopperire ad eventuali “circostanze impreviste” che dovessero emergere nel corso del progetto. In cambio, l’Alberta riceverà un valore commisurato al suo contributo, attraverso la partecipazione al capitale o agli utili. Si tratta di una vittoria per i canadesi? “Questa è una grande domanda” ha detto Paul Bloom, presidente di Bloom Investment Counsel Inc. che ha sede a Toronto e possiede circa 300mila azioni di Kinder Morgan Canada. Di sicuro, ha aggiunto, è stata “una buona giornata per gli azionisti di Kinder Morgan che ha ottenuto un ottimo prezzo per i propri beni. Il governo era oggetto di una tremenda pressione politica affinché siglasse l’accordo. Hanno pagato più del dovuto? Può essere”.
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