Mancano 3.700 GW per centrare l’obiettivo di triplicare le rinnovabili, secondo Ember. Ma ora c’è chi teme un rallentamento della crescita solare dopo anni.
Centrali nucleari e terrorismo. Il rapporto “non pubblicabile” di Greenpeace
Un rapporto di Greenpeace sulla sicurezza nelle centrali nucleari francesi è stato giudicato così preoccupante da essere pubblicato solo in versione “light”.
Le conclusioni di un rapporto commissionato da Greenpeace Francia ad un gruppo di esperti di sicurezza nucleare e terrorismo sono talmente inquietanti da aver convinto l’associazione ambientalista a non pubblicarle per intero. A riferirlo è il quotidiano Le Parisien, che spiega come il direttore generale dell’organizzazione non governativa, Jean-François Julliard, abbia infatti consegnato solamente sette copie integrali del documento ad altrettanti dirigenti di alcune istituzioni transalpine direttamente coinvolte nella supervisione del parco atomico francese: l’Autorità per la sicurezza nucleare (Asn), l’Istituto di radioprotezione e sicurezza nucleare (Irsn) e il Comando speciale militare per la sicurezza nucleare (Cossen).
“Meglio non fornire idee a potenziali malintenzionati”
Il documento è stato redatto da sette esperti (tre francesi, una tedesca, due britannici e un americano) e punta – sottolinea Greenpeace – “ad identificare le falle nelle procedure e nei sistemi, lanciando un allarme ai poteri pubblici e a Edf”. Quest’ultima è l’azienda pubblica che gestisce le 19 centrali nucleari presenti in Francia. Secondo quanto riportato da Le Parisien, “si è deciso di eliminare dal testo reso pubblico le informazioni più sensibili”. Secondo quanto riferito dall’Huffington Post, il responsabile della campagna nucleare dell’associazione, Yannick Rousselet, ha motivato la scelta sottolineando che “il nostro obiettivo è lanciare un grido d’allarme, non fornire idee a potenziali malintenzionati”.
Je viens de remettre officiellement aux autorités compétentes notre rapport sur les failles dans la sécurité de nos centrales nucléaires pic.twitter.com/jKtVdOSJr3
— J-F Julliard (@jfjulliard) 10 ottobre 2017
Dopo gli attentati del 2015 a Charlie Hebdo e al Bataclan, a Parigi, nonché gli altri che hanno colpito alcune città (ad esempio Nizza e, di recente, Marsiglia), in Francia la questione della sicurezza degli impianti nucleari è stata evocata, ma non particolarmente dibattuta. È evidente a tutti, però, che un ipotetico attacco ad una centrale potrebbe comportare conseguenze devastanti non soltanto per la nazione europea ma per tutto il Vecchio Continente.
Per rendere sicure le centrali nucleari in Francia ci vorrebbero tra 140 e 222 miliardi di euro
Ebbene, secondo gli esperti autori dello studio, esiste “un deficit storico in materia di protezione delle infrastrutture”, dal momento che i sistemi “sono stati concepiti in un’epoca in cui i rischi erano sensibilmente diversi rispetto ad oggi”. A preoccupare, in particolare, sono le piscine di raffreddamento. Se infatti gli edifici che contengono i reattori sono protetti da barriere rinforzate, le riserve di combustibile usato sono facilmente accessibili. “Eppure – spiega Greenpeace – si tratta di strutture che contengono la maggior parte degli elementi radioattivi di ciascuna centrale”.
“Les installations nucléaires ont été conçues à une époque où les menaces étaient très différentes d’ajd.” — @YvesMarignac #RisqueNucleaire
— Greenpeace France (@greenpeacefr) 10 ottobre 2017
Occorrerebbe dunque procedere ad una messa in sicurezza di tali piscine. Già, ma a quale prezzo? Secondo l’organizzazione ambientalista, per scongiurare possibili attacchi terroristici alle 62 riserve, assieme alle altre strutture che necessitano rafforzamenti attorno ai 58 reattori attivi in Francia, servirebbero “tra 140 e 222 miliardi di euro”. Una cifra gigantesca. “Occorre rompere l’omertà che circonda i rischi legati alle centrali nucleari – ha aggiunto Rousselet -. Edf, che gestisce i siti, non può ignorare la situazione”.
Nella foto di apertura, una protesta di Greenpeace presso la centrale nucleare francese di Fessenheim ©Ruben Neugebauer/Greenpeace
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