Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
Come può il consumatore aiutare a preservare le risorse ittiche
Abbiamo chiesto ad Alessandro Giannì, responsabile della Campagna Mare di Greenpeace Italia, di darci qualche suggerimento su cosa possono fare i consumatori italiani per mangiare bene e preservare le risorse ittiche. “Sulla pesca al tonno del Mediterraneo, bisogna chiarire che essa e’ in grandissima parte orientata verso il mercato giapponese. Quei pochi prodotti con tonno
Abbiamo chiesto ad Alessandro Giannì,
responsabile della Campagna Mare di Greenpeace Italia, di
darci qualche suggerimento su cosa possono fare i consumatori
italiani per mangiare bene e preservare le risorse ittiche.
“Sulla pesca al tonno del Mediterraneo, bisogna chiarire che
essa e’ in grandissima parte orientata verso il mercato giapponese.
Quei pochi prodotti con tonno mediterraneo che si trovano sul
mercato italiano sono in gran parte prodotti di alta fascia
(prodotto conservato) o per un mercato locale ristretto (fresco) e
spesso derivano da produzione locale, come la pesca con tonnare
fisse (attrezzo molto selettivo). La denuncia di Greenpeace
riguarda proprio questa sottrazione di preziose risorse ai popoli
del Mediterraneo: i nostri sistemi di pesca “artigianali” e di
qualità stanno soccombendo (le tonnare fisse sopravvivono,
se sopravvivono, grazie alle sovvenzioni pubbliche) rispetto ai
sistemi di pesca “industrializzata” (palamiti e tonnare volanti) e
all’ingrasso dei tonni (pescati con le tonnare volanti e quindi
trasferiti in grosse reti vicino la costa per l’ingrasso). Il fatto
che i pescherecci siano di varia nazionalità (inclusa
italiana) non cambia la destinazione del prodotto: Giappone.
La pesca al tonno e’ solo la cima dell’iceberg dello stato della
pesca nel Mediterraneo (Italia inclusa) dove si fa fatica ad
attuare, nonostante impegni e promesse, modelli di pesca
sostenibile. Che quest’ultima corsa all’oro, la pesca la tonno, sia
stata finanziata dall’Ue e dai Paesi Membri (che si affannano a
ripetere concetti e promesse di pesca sostenibile) aggiunge
sconforto e lascia poche speranze a meno di una decisa presa di
posizione anche dei consumatori, riguardo alla qualità del
prodotto ittico che non si può più limitare alla
qualità sanitaria, ma anche alla sostenibilità dei
sistemi di produzione della pesca.
I consumatori sono il terminale (inconsapevole) di un sistema
che sta distruggendo risorse preziose e avvia all’estinzione (oltre
ai pesci e gli ecosistemi) anche larghi tratti dell’economia della
Pesca. E’ noto che i consumatori sono molto importanti
nell’orientare i meccanismi del mercato. Purtroppo, la pesca
selvaggia e l’erosione delle risorse hanno ridotto il pesce a bene
“di lusso” anche perché i consumatori spesso poco conoscono
del prodotto e si orientano su poche specie “note”. Il risultato e’
che la pesca a queste poche specie aumenta, che altre specie
catturate in questi tipi di pesca, ancorché commestibili,
non sono immesse sul mercato ma rigettate morte in mare (o
utilizzate per produrre farina di pesce). Un altro problema e’ che
alcune specie possono essere allevate ma non sempre gli allevamenti
sono gestiti con standard soddisfacenti.
Se potessi dare qualche suggerimento, direi che i
consumatori italiani potrebbero:
- consumare tonno e pesce spada solo se si ha la certezza che si
tratti di esemplari catturati con sistemi tradizionali. La maggior
parte del tonno (che sia amico del delfino o meno…) che si trova
sul mercato italiano (spesso tonno “pinne gialle”, di origine
tropicale) e’ catturato con sistemi non selettivi, mentre il pesce
spada può essere catturato (in Italia e nel Mediterraneo)
con le spadare (illegali, ma ancora usate) che sono vietate
dall’ONU e dell’Ue - astenersi dal consumare esemplari troppo piccoli (esistono
tabelle di legge, ma e’ questione di buon senso) e specie come il
dattero di mare la cui raccolta produce danni notevoli: vietato
pure quello, ma si trova dappertutto - evitare prodotti di acquacoltura (spigole o branzini, e orate)
che non provengano da allevamenti con una qualche forma di
certificazione (soprattutto da paesi esteri). In generale, un
produttore che “marchia” il prodotto di acquacultura punta sulla
qualita’, anche ambientale - evitare assolutamente i gamberoni “tropicali” (freschi o
congelati) il cui allevamento produce danni particolarmente
gravi - diversificare il consumo a favore di specie meno note di
origine locale ed in particolare sostenere le attività della
piccola pesca locale e le iniziative di produzione che puntano
sulla qualità
E’ un percorso appena iniziato, ma i consumatori possono
aiutarlo a crescere”.
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