Dopo l’era del carbone e l’era del petrolio, ora ci stiamo muovendo a velocità sostenuta verso l’era dell’elettricità. Grazie all’energia rinnovabile.
Fuel cell, cosa sono e come funzionano le celle a combustibile
Le fuel cell consentono di produrre energia elettrica. Funzionamento e i campi d’utilizzo: ecco motivata la scelta dell’idrogeno come combustibile.
Una fuel cell è un dispositivo che converte l’energia chimica di un combustibile in energia elettrica e calore senza utilizzare cicli termici.
Le celle a combustibile alimentate a idrogeno (H2) consentono di produrre energia elettrica e acqua calda a partire da idrogeno e ossigeno.
Il processo che avviene al loro interno è esattamente contrario all’elettrolisi: quando si scinde l’acqua (H2O) in H2 ed O2 è necessario fornire corrente, invertendo il processo si produce corrente e acqua.
Principio di funzionamento della fuel cell
L’idrogeno è un gas in grado di essere ionizzato facilmente, perché la sua molecola è costituita da due atomi legati da un legame relativamente debole. ll comburente più usato è l’ossigeno, abbondante, disponibile gratuitamente in atmosfera e in grado di reagire con l’idrogeno dando un prodotto innocuo come l’acqua.
Sull’elettrodo positivo (anodo) della cella, saturo dell’ossigeno presente nell’aria, avviene la riduzione dell’ossigeno stesso mentre sul catodo avviene l’ossidazione dell’idrogeno. Come risultato della reazione, oltre all’energia elettrica e a una certa quantità di calore generati, si ha la produzione di acqua; i due elettrodi sono immersi nell’elettrolita, una soluzione concentrata di idrossido di potassio (KOH), e rivestiti da catalizzatori per aumentare la velocità delle reazioni elettrodiche.
Diverse tipologie di celle a combustibile
Attualmente esistono sei tipologie di celle a combustibile impiegate nella produzione di energia elettrica centralizzata o distribuita, generazione di calore o per il trasporto.
- Celle Alcaline (AFC, Alkaline Fuel Cell), usano un elettrolita costituito da idrossido di potassio e lavorano a temperature tra 60 e 120 °C. Oggi hanno raggiunto un buon livello di maturità tecnologica soprattutto per usi speciali (applicazioni militari e spaziali). Richiedono gas di alimentazione estremamente puri e per questo è stata limitata fortemente la loro diffusione, tanto che oggi non vi sono programmi di sviluppo in corso.
- Celle ad elettroliti polimerico (PEFC, Polymer Electrolyte Fuel Cell), usano come elettrolita una membrana polimerica a elevata conducibilità protonica e funzionano a temperature comprese tra 70 e 100 °C. Sono impiegate soprattutto per la trazione e la generazione/cogenerazione di piccola taglia (1‐ 250 kW).
- Celle ad acido fosforico (PAFC, Phosphoric Acid Fuel Cell), operano a temperature attorno ai 200 °C con un elettrolita costituito da una soluzione concentrata di acido fosforico. Vengono utilizzate per gli usi stazionari, con commercializzazione già avviata per le applicazioni di cogenerazione nei settori residenziale e terziario (100‐200 kW).
- Celle a carbonati fusi (MCFC, Molten Carbonate Fuel Cell), usano come elettrolita una soluzione di carbonati alcalini fusa alla temperatura di funzionamento della cella (650 °C) e contenuta in una matrice ceramica porosa. Sono adatte soprattutto per la generazione di energia elettrica e la cogenerazione da qualche centinaio di kW ad alcune decine di MW.
- Celle a ossia solidi (SOFC, Solid Oxide Fuel Cell), funzionano a temperatura elevata (circa 900‐1000 °C) per assicurare una conducibilità sufficiente all’elettrolita, costituito da materiale ceramico (ossido di zirconio drogato con ossido di ittrio). Il loro impiego è idoneo per la generazione di energia elettrica e la cogenerazione da qualche kW ad alcune decine di MW.
- Celle a metanolo diretto (DMFC, Direct Methanol Fuel Cell), operano a temperature tra 80 e 100 °C e utilizzano come elettrolita una membrana polimerica. Si stanno sviluppando per applicazioni portatili.
I vantaggi delle fuel cell
Le celle a combustibile, grazie alle loro caratteristiche, presentano molteplici vantaggi sia dal punto di vista energetico sia da quello ambientale. Possiedono infatti:
- rendimento elettrico elevato, con valori che vanno dal 40 al 60 per cento in funzione delle temperature utilizzate
- possibilità di utilizzo di un’ampia gamma di combustibili, come metano, metanolo, gas naturale, gas di sintesi
- modularità che permette di aumentare la potenza installata via via che cresce la domanda di energia elettrica, con notevoli risparmi economici. Le celle possono essere disposte in serie a formare il cosidetto “stack”, a loro volta assemblati in moduli per ottenere generatori della potenza richiesta.
- efficienza indipendente dal carico e dalle dimensioni dell’impianto
- ridotto impatto ambientale
- possibilità di cogenerazione
- L’impiego dell’idrogeno per ridurre le emissioni di CO2 può avvenire solo sfruttando le fonti rinnovabili per la sua produzione. Ecco che la fuel cell diviene il mezzo per aumentare l’efficienza energetica delle fonti rinnovabili non programmabili.
Il problema del trasporto e distribuzione dell’idrogeno
Il problema di utilizzare direttamente l’idrogeno nelle fuel cell impiegate per i sistemi di trazione risiede sia nello stivaggio a bordo del veicolo sia nella possibilità di creare delle idonee strutture di distribuzione. Infatti l’idrogeno è altamente infiammabile e va conservato a temperature molto basse. Per la soluzione del problema dello stivaggio a bordo, sono allo studio particolari serbatoi che potrebbero rispondere a tutti i requisiti di sicurezza; realizzati in forma cilindrica i serbatoi presentano un’intercapedine dove viene creato il vuoto pneumatico, consentendo così la conservazione dell’idrogeno liquido a temperature prossime ai -250 °C.
Oggi, una soluzione intermedia è rappresentata dall’applicazione di un reformer per ottenere l’idrogeno da un combustile più stabile e più sicuro quali sono i gas naturali e i prodotti petroliferi. Particolare attenzione è rivolta alla possibilità di utilizzare il metanolo (CH3OH) che il reformer, attraverso la sezione a bruciatore, vaporizza insieme all’acqua e, con una successiva sezione, ossida l’ossido di carbonio (CO) convertendolo in CO2.
La reazione è così sintetizzabile:
CH3OH+H2O -> 3H2+CO
L’acqua necessaria al funzionamento del reformer può essere ricavata direttamente come prodotto della reazione nella pila rendendo continuo e autosufficiente il ciclo di conversione. La catena energetica dei veicoli a cella a combustibile necessita, come per i normali veicoli a batteria, della conversione dell’energia attraverso dispositivi elettronici di potenza e comunque di un certo numero di batterie per costituire un valido volano energetico per rispondere adeguatamente ai picchi di assorbimento di corrente.
La necessità dell’uso del reformer non eliminerebbe completamente la dipendenza dai derivati petrolio, ma consentirebbe comunque di ottenere rendimenti energetici del carburante prossimi al 70% e di abbattere drasticamente le immissioni nell’atmosfera.
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