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Rinnovabili, efficienza energetica e mobilità elettrica stanno decretando l’inesorabile declino dell’industria fossile, un’analisi di Bloomberg New Energy Finance.
Negli ultimi otto anni il mondo dell’energia pulita ha cambiato passo, inferendo un duro colpo ai combustibili fossili. Le rinnovabili, in primis eolico e solare, sono cresciute grazie soprattutto alla diminuzione dei costi delle tecnologie impiegate. Le auto elettriche e i sistemi di stoccaggio stanno piano a piano prendendo più spazio nei mercati. Eppure, ancora troppo spesso prevalgono i pregiudizi sull’incapacità delle rinnovabili a sostenere la crescita delle economie mondiali o sulla loro scarsa competitività economica e la loro difficoltà a stare nel mercato senza incentivi. Allo stesso modo la consapevolezza delle opportunità economiche e lavorative che le rinnovabili portano con sé è poco diffusa, ma i numeri parlano chiaro e li dettaglia Bloomberg new energy finance in un articolo apparso su Bloomberg.
In tutto il mondo eolico e solare si misurano con carbone e gas naturale stabilendo risultati sempre più spesso a loro favore. Nel 2016, le centrali eoliche del Regno Unito hanno generato più elettricità delle centrali a carbone, un fatto mai successo prima nella storia elettrica britannica. Sempre in Gran Bretagna, tra aprile e settembre del 2016, nonostante il clima piovoso, la produzione elettrica da solare ha superato quella da carbone. In Danimarca, lo scorso 22 febbraio, il paese ha funzionato solo con energia eolica. Uno studio dell’Agenzia internazionale per l’energia (Aie) sugli scenari energetici globali ha calcolato che, entro il 2040, le rinnovabili e il gas sono destinate a sostituire il carbone. Segnali inequivocabili di come le fonti rinnovabili stiano pian piano guadagnando terreno rispetto ai combustibili fossili.
Il cambiamento più importante che stiamo vivendo riguarda lo spazio che le rinnovabili si stanno guadagnando nel mix energetico mondiale. Inizialmente sostenute da politiche pubbliche che permettessero il loro ingresso nel mercato, ora fonti come eolico e solare sono diventate competitive grazie alle economie di scala che riescono a produrre. Anche negli Stati Uniti gli investimenti nelle rinnovabili crescono a ritmi maggiori delle risorse economiche destinate alle fonti fossili.
Negli ultimi anni, l’industria americana del carbone ha realizzato una buona produttività a scapito dell’occupazione. Le tecnologie utilizzate nel settore minerario hanno ridotto la fatica dei minatori e si sono sostituite a loro nelle mansioni più pericolose che, nei decenni scorsi, sono costate la vita a molti. L’utilizzo di macchinari ha permesso alle imprese di realizzare una maggiore produttività tagliando posti di lavoro. Un fenomeno destinato a continuare, aggravato anche dal fatto che un numero sempre più elevato di miniere di carbone sta chiudendo.
Dove invece i posti di lavoro stanno crescendo è nelle rinnovabili. Oggi, in California, il settore dell’energia solare impiega più persone rispetto a quanto riesca a fare l’intera industria americana del carbone. Nel mondo, nel 2015, le rinnovabili hanno dato lavoro, direttamente o indirettamente, a 8,1 milioni di persone, il 5 per cento in più rispetto all’anno prima. Il settore che ha creato più posti di lavoro è stato il fotovoltaico, con 2,8 milioni di occupati.
L’avanzata delle rinnovabili metterà sempre più in crisi il settore dei combustibili fossili. Il fenomeno è già evidente nell’economia americana. Nell’ultimo decennio, parallelamente alla capacità dell’energia pulita di acquisire posizioni nel mix energetico statunitense, gli impianti alimentati con fonti tradizionali hanno visto diminuire il loro utilizzo. Quando il vento soffia e il sole splende, il costo marginale dell’elettricità è essenzialmente zero, cosa che spinge a utilizzarla al posto di qualsiasi altra. È in questo modo che le centrali tradizionali perdono quote di mercato e vedono i loro profitti scendere. A questo si aggiunge anche la variabile efficienza. Sempre più spesso vengono introdotte misure per ridurre lo spreco di energia sostituendo vecchie lampadine, elettrodomestici o macchinari con altri di nuova generazione che consentono un buon risparmio energetico sia in ambiente domestico sia in ambiente industriale do dei servizi. Il mercato sta spingendo verso la ristrutturazione dei vecchi edifici o la costruzione di nuovi con tecnologie e sistemi che limitano la dispersione e lo spreco di energia. In un’ottica di questo genere, il combustibile che perde è quello più costoso: ancora una volta, a perdere è il carbone.
Proprio i progressi in termini di efficienza hanno provocato un disallineamento tra crescita e consumo di energia. Storicamente, la crescita economica è sempre andata di pari passo all’aumento del consumo di energia e molti analisti, fino a qualche tempo fa, non credevano alla possibilità di mantenere o creare nuovo sviluppo percorrendo strade diverse. Oggi, dati alla mano, è evidente che per produrre ricchezza non è più necessaria tanta energia. In America, ad esempio, dal 1990, la produttività del settore energetico ha registrato una crescita costante che non accenna ad arrestarsi: mentre il prodotto interno lordo cresce, il consumo di energia rimane stabile.
Ma la domanda di combustibili fossili sta diminuendo anche in un altro settore, quello automobilistico. Non solo le auto diventano sempre più efficienti, riducendo i consumi, ma la diffusione dell’auto elettrica contribuirà ulteriormente ad appiattire la domanda di carburante. In occasione di una conferenza di Bloomberg New Energy Finance (Bnef), Joel Couse di Total ha detto che, entro il 2030, i veicoli elettrici saranno il 15-30 per cento dei nuovi veicoli. Una previsione calcolata da una grande compagnia petrolifera che supera le stime più prudenti della stessa Bnef.
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