Il tema della Giornata mondiale dell’alimentazione 2023 è l’acqua e la necessità di preservarla. L’aridocoltura insegna a farlo partendo dalla cura del suolo.
Il modello della rivoluzione verde è esaurito, è ora dell’agroecologia secondo la Fao
Secondo l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, il modello di produzione alimentare nato nel secondo dopoguerra non è più sostenibile perché non risolve il dramma della fame nel mondo e perché danneggia l’ambiente. L’agro-ecologia invece offre un approccio nuovo, dai molteplici benefici.
È arrivato il momento di sviluppare sistemi alimentari più sani e sostenibili. E per farlo l’agroecologia può essere uno strumento utile. Questo, in estrema sintesi, l’appello lanciato dal direttore generale della Fao, José Graziano da Silva, durante l’intervento di apertura del 2° simposio internazionale di agroecologia che si è svolto gli scorsi 3, 4 e 5 aprile a Roma e che ha riunito 700 delegati in rappresentanza di 72 governi, di circa 350 organizzazioni non governative e di sei agenzie Onu.
Rivoluzione verde, un modello al capolinea
Secondo la Fao, la cosiddetta Rivoluzione verde avviata nel secondo dopoguerra, quella che ha promosso l’aumento della produzione ad ogni costo, con la somministrazione di pesticidi e altre sostanze chimiche di sintesi sui campi, non è stata e non è più sufficiente a sradicare la fame nel mondo (l’anno scorso erano ancora 815 milioni le persone a rischiare la morte per mancanza di cibo), mentre, paradossalmente, dall’altra parte, si assiste a un’epidemia globale di obesità. La produzione alimentare odierna, inoltre, non è più sostenibile poiché si basa su sistemi agricoli che sfruttano in maniera intensiva le risorse con eccessivo consumo e inquinamento di suolo e acqua e con conseguenze negative anche per la qualità dell’aria e per la biodiversità. Per tutti questi motivi è giunto dunque il tempo di promuovere un cambiamento nel modo in cui produciamo e consumiamo cibo.
L’approccio ecologico e sociale dell’agroecologia
L’agroecologia offre un’alternativa in questo senso. Mettendo insieme conoscenze tradizionali e scientifiche, questo modello applica approcci ecologici e sociali ai sistemi agricoli, concentrandosi sulle interazioni esistenti tra piante, animali, esseri umani e ambiente. Ma cos’è in pratica l’agroecologia? Spieghiamola con un esempio citato dalla Fao: in Cina gli agricoltori hanno ideato un ecosistema in cui le foglie di gelso alimentano i bachi da seta i cui rifiuti organici vengono usati come cibo per i pesci. Il materiale organico presente negli stagni è poi utilizzato come fertilizzante per i gelsi, completando così un circolo virtuoso di produzione. “L’agroecologia offre benefici multipli”, ha detto da Silva, “per la sicurezza alimentare e la resilienza, per rafforzare i mezzi di sussistenza e le economie locali, per diversificare la produzione alimentare e le diete, per migliorare la fertilità e la salute dei suoli, per aiutare ad adattarsi ai cambiamenti climatici e a mitigarne gli effetti, oltre a contribuire a preservare le culture locali e i sistemi di conoscenze tradizionali”.
Ognuno può fare la sua parte
Da qui è emerso di conseguenza il richiamo a stoppare gli incentivi “perversi” all’agricoltura non sostenibile e all’agrochimica e di favorire al contrario i piccoli coltivatori garantendo loro diritti e l’accesso a terra, acqua e sementi. Una dichiarazione finale del summit, che segna così una svolta nell’agenda delle Nazioni Unite, ha raccolto un insieme di buone pratiche per la partenza di una rivoluzione doppiamente verde: se da una parte i governi sono esortati a incentivare l’agroecologia e i sistemi alimentari sostenibili, dall’altra il richiamo è per i consumatori che, come nel caso del biologico in continua crescita, possono essere i veri agenti del cambiamento, una volta acquisita la consapevolezza che i prezzi bassi dei cibi vanno a discapito della salute dell’ambiente e delle persone.
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