Roberta Redaelli, nel suo saggio Italy & Moda, raccoglie le voci del tessile. E invita il consumatore a fare scelte che lo spingano alla sostenibilità.
Il mondo della moda sottoscrive il Fashion pact per la salvaguardia del Pianeta
Si è da poco concluso il G7 che, tra i vari accordi internazionali, ha visto nascere anche il Fashion pact. Così le 32 aziende di moda sottoscriventi si impegneranno a ridurre l’impatto del loro comparto.
Non solo difesa dell’Amazzonia, dove innumerevoli incendi stanno suscitando non poche preoccupazioni. Durante lo scorso G7 conclusosi il 26 agosto, il settore tessile e dell’abbigliamento ha svolto un ruolo altrettanto fondamentale all’interno dei dibattiti sul clima affrontati dai rappresentanti politici di Francia, Germania, Italia, Regno Unito, Giappone, Canada e Stati Uniti d’America.
Grazie all’intesa tra alcune aziende di moda dalla fama internazionale, è stato presentato in occasione della conferenza l’accordo Fashion pact che vedrà riuniti 32 marchi con l’obiettivo di rivedere i processi produttivi e diminuire l’impatto di una delle industrie più inquinanti al mondo.
In cosa consiste il Fashion pact
Il Fashion pact è stato elaborato ai fini di guidare le aziende nella definizione di un piano per la mitigazione dei cambiamenti climatici prendendo spunto dalla Science based target, un’iniziativa promossa da Carbon disclosure project (Cdp), Global compact delle Nazioni Unite, World resources institute (Wri) e Wwf.
I tre obiettivi che caratterizzano l’accordo riguardano il clima, la biodiversità e gli oceani. Nella fattispecie, i marchi che hanno sottoscritto il patto si impegneranno per:
- contrastare il riscaldamento globale attraverso un piano per azzerare le emissioni di gas serra entro il 2050;
- ripristinare la biodiversità attraverso le linee guida definite dalla Science based target per la ricostituzione degli ecosistemi naturali e la protezione delle specie animali;
- difendere gli oceani mediante iniziative concrete come la riduzione graduale della plastica monouso.
All’interno di questi punti rientrano manovre quali l’approvvigionamento di materie prime sostenibili; l’adozione di energie rinnovabili nei vari processi produttivi e lungo tutta la filiera; l’introduzione di materiali innovativi la cui produzione non comprometta le specie vegetali e animali; la promozione di un modello di consumo più sostenibile e molto altro ancora.
Leggi anche:
- Moda sostenibile, cos’è e perché è importante
- Greenpeace, il riciclo non basta per chiudere il cerchio della moda
- I brand hanno bisogno di una certificazione credibile per consumatori consapevoli
Chi sono i protagonisti del Fashion pact
Questo accordo è stato fortemente voluto dal presidente francese Emmanuel Macron che, già ad aprile, aveva affidato al presidente ed amministratore delegato del gruppo Kering, François-Henri Pinault, il compito di riunire i big del tessile e della moda.
Dopo un dialogo che ha portato alla definizione di un piano d’azione per la riduzione dell’impronta del comparto moda, i nomi che hanno accettato di sottoscrivere l’intesa sono stati Adidas, Bestseller, Burberry, Capri holdings, Carrefour, Chanel, Ermenegildo Zegna, Everybody&Everyone, Fashion3, Fung group, Galeries Lafayette, Gap, Giorgio Armani, H&M, Hermes, Inditex, Karl Lagerfeld, Kering, La Redoute, Matchesfashion.com, Moncler, Nike, Nordstrom, Prada, Puma, Pvh, Ralph Lauren, Ruyi, Salvatore Ferragamo, Selfridges, Stella McCartney e Tapestry.
L’unione è possibile, se per una giusta causa
Il Fashion pact equivale ad una grande impresa per un settore caratterizzato da rivalità e desiderio di far emergere ognuno la propria creatività. Ma ci hanno pensato l’emergenza climatica e le condizioni in cui versa il Pianeta a unire i diversi attori della moda per il conseguimento di un obiettivo comune.
Questa collaborazione rappresenta certamente un primo passo avanti che ci auguriamo possa fungere da esempio per tutti coloro che dimostrano di essere ancora fortemente legati ai metodi di lavorazione tradizionali ad alto impatto ambientale.
Foto di copertina: scatto tratto dalla sfilata Prada resort collection 2018 © Pietro D’Aprano/Stringer
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Nel mezzo di una grave crisi, il distretto tessile e dell’abbigliamento lancia l’allarme sui diritti dei lavoratori nella filiera della moda italiana.
La nostra selezione periodica di marchi responsabili nei confronti dell’ambiente e dei lavoratori.
Il magazine Öko-test ha condotto ricerche su capi di abbigliamento e accessori Shein trovando residui di sostanze pericolose. La nostra intervista ai ricercatori.
L’industria tessile si sta attrezzando per innovare se stessa e trovare soluzioni meno impattanti: la fermentazione rappresenta l’ultima frontiera moda.
Casi di appropriazione creativa e di rapporti sbilanciati nella fornitura di materie prime rendono sempre più urgente parlare di “sostenibilità culturale”.
Il Parlamento europeo ha aggiornato il report sull’impatto della produzione tessile mentre cresce l’attesa nei confronti delle prossime scelte politiche.
Sono tante e afferenti a diversi aspetti della produzione tessile: perché conoscere le certificazioni è il primo passo per fare una scelta responsabile
Nonostante i recenti scandali, che la moda made in Italy sia etica di per sé è una credenza diffusa. Una piccola filiera virtuosa sta cambiando le regole.