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Ferruccio Resta. Coltiveremo l’alga spirulina in casa grazie al Politecnico di Milano
Oggi abbiamo tutti un ficus a casa. Domani avremo tutti un’alga spirulina? Risponde Ferruccio Resta, il rettore del Politecnico di Milano che ha ideato il primo bioreattore domestico per la coltivazione di microalghe.
L’alga spirulina è adatta a tutti: ha un alto contenuto di proteine – il 40 per cento in più rispetto alla carne di manzo – è ricca di ferro e di vitamine. A breve e (sembrerebbe) a costi accessibili sarà possibile coltivarla a casa propria. Struna, dall’unione di struttura e natura, è infatti il primo bioreattore domestico per la coltivazione di microalghe presentato dal Politecnico di Milano, precisamente dal laboratorio SAPERLab nell’ambito della mostra 999 una collezione di domande sull’abitare contemporaneo alla Triennale di Milano.
Alla base del progetto, che ha saputo unire studenti, ricercatori e imprese, c’è l’idea che la coesistenza in un unico habitat dell’uomo e di altri esseri viventi sia positiva: riduce l’ansia e lo stress e facilita il sonno. Coltivare microalghe in casa aiuta a migliorare la qualità dell’aria, aumentando i livelli di ossigeno e riducendo quelli di anidride carbonica. Oltre alla spirulina il bioreattore ospita altre varietà di alghe, ricche di grassi insaturi e di antiossidanti naturali. L’obiettivo è quello di aiutare la natura a svilupparsi in modo spontaneo, per fornire agli esseri umani proteine vegetali consumando quantità d’acqua di gran lunga inferiori rispetto a quelle necessarie per la produzione di proteine animali.
La struttura, costituita da moduli triangolari, può essere assemblata in autonomia, si adatta anche a piccoli spazi ed è utile a dare forma allo spazio domestico. “Parlando di innovazione ci viene in mente il digitale, ma esistono altre espressioni a cui la città di Milano è riuscita a dare voce: pensiamo al cibo o alla moda”, spiega Ferruccio Resta, rettore del Politecnico di Milano. Si può fare innovazione anche tramite l’architettura, e Milano può candidarsi a portarla al centro del proprio dibattito: parliamo di un’architettura senza confini”.
Questo progetto è la conferma del ruolo di traino che il Politecnico di Milano intende avere nella ricerca e nell’innovazione in ambito sostenibile?
Il Politecnico di Milano vuole avere un ruolo nell’innovazione. L’ha sempre avuto, sin da quando è stato fondato. Ora, però, questo ruolo non è più solo tecnologico. La tecnologia deve guardare al futuro: naturalmente si è partiti con l’efficienza energetica, ma sostenibilità non vuol dire soltanto efficienza energetica, vuol dire rispetto dell’ambiente. Il progetto del bioreattore declina tutti questi aspetti: l’energia, la CO2, il consumo d’acqua e – altro tema su cui stiamo lavorando moltissimo – l’integrazione di tutto questo in una funzione unica. Quindi mi sembra che questo progetto declini bene le varie anime del Politecnico. È un oggetto di design, di architettura e di ingegneria, il tutto per una sostenibilità verso l’ambiente e verso l’uomo.
La sostenibilità si è evoluta sotto molteplici forme. È nata come sostenibilità ambientale, per poi diventare sociale e, successivamente, economica. Possiamo dire che oggi anche il concetto di innovazione vada di pari passo con quello di sostenibilità? Un prodotto, un progetto per essere sostenibili devono anche essere innovativi?
Anche il mercato se n’è accorto, non abbiamo bisogno di dirlo. Non esiste più alcun tipo di innovazione che abbia la possibilità di svilupparsi a livello di mercato se non è attenta alla sostenibilità. E si parla di sostenibilità verso l’ambiente, ma anche verso l’individuo, e di rispetto dell’essere umano.
Oggi molte persone coltivano piccoli orti sul balcone di casa. Un domani coltiveranno l’alga spirulina?
Senza dubbio ci sarà più attenzione da parte di tutti noi per rendere una parte della nostra esistenza più sostenibile, che si tratti del mezzo di trasporto, del lavoro o della casa; sicuramente ognuno ha voglia di fare il proprio contributo. Devo dire che Milano è molto vitale, nel senso che è una città che coniuga una grande voglia di innovazione tecnologica – perché è una città tecnologica – nel rispetto dell’impegno sociale. Su questo credo che potremmo essere veramente competitivi.
Sembra che le formule abitative si stiano evolvendo per declinare al meglio concetti come la transitorietà e la sostenibilità. È d’accordo?
Sicuramente pensiamo che il modo di abitare e il modo di lavorare cambieranno moltissimo. C’è anche una volontà di sharing di alcune funzioni, e quindi l’architettura dev’essere in grado di interpretare questa flessibilità degli spazi e questa capacità degli spazi di riconvertirsi. Il tutto nel rispetto di quello che è, di nuovo, l’ambiente, gli spazi e gli spazi degli individui. Per cui questo tipo di struttura e questo tipo di progetto aiutano a essere flessibili ma nello stesso tempo a interpretare il cambiamento e la sostenibilità.
Sapeva che l’alga spirulina è consigliata agli studenti sotto esame?
No, non lo sapevo, ma ogni volta imparo qualcosa di nuovo (ride).
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