Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
Quanti sono i vegetariani e vegani in Italia: i dati Eurispes ed Eurisko 2017
Attualmente in Italia, secondo i dati contenuti nel rapporto Eurispes 2002, circa due milioni e novecentomila persone praticano una dieta senza carne o senza prodotti animali.
Secondo i dati Eurispes dell’ultimo Rapporto Italia 2017, il 7,6% degli italiani segue una dieta vegetariana o vegana. In particolare, poi, il 4,6% si dichiara vegetariano (in flessione del 2,5% rispetto al 2016) mentre i vegani raggiungono ormai il 3% – contro l’1% della precedente rilevazione.
In Italia triplicato il numero dei vegani: ecco i dati Eurispes 2017
L’italia è sempre più vegana: questo il dato che emerge dalla consueta analisi annuale di Eurispes, che ha presentato questa mattina a Roma il Rapporto Italia 2017. I dati relativi a chi ha dichiarato di seguire un’alimentazione a base vegetale che esclude qualsiasi prodotto di origine animale, si attesta al 3% della popolazione con un incremento del 2% rispetto ai dati dello scorso anno. Scendono invece del 2,5 % le persone che si dichiarano vegetariane e che rappresenterebbero in Italia il 4,6%.
Quindi, nel complesso sarebbe il 7,6% degli Italiani ad aver scelto un’alimentazione senza carne. Il Rapporto Italia rivela anche una sempre maggiore attenzione ai consumi, all’origine dei prodotti e alla loro filiera produttiva: la lettura delle etichette è prioritaria per il 75,4% degli Italiani.
È dal 2000 che l’Eurispes conteggia il numero delle persone che scelgono di alimentarsi seguendo una dieta vegetariana. Ogni tre anni, durante le prime rilevazioni, la cifra pressoché raddoppiava, soprattutto fra i giovani. Nel 2002, 2 milioni e 900mila persone si dichiaravano già vegetariane, in particolare nelle grandi regioni del Nord e del Centro.
Oggi, in Italia essere vegetariani è facilissimo, essere vegani è facile, ma anche “felice”, come dice l’ultima campagna pubblicitaria realizzata col campione di rugby Mirco Bergamasco come testimonial. Lo dicono le cifre, 4.600.000 persone in tutto che in Italia non mangiano più né carne né pesce (il 6 per cento) o rifiutano tutti i prodotti animali (3 per cento). Ma lo dimostrano anche i prodotti, e la tendenza di un costume alimentare che ora non assomiglia più a una religione, ma a un semplice stile. Anzi, a uno “stile liquido”, come ritiene la Coop, che nel suo ultimo rapporto sui consumi del maggio 2015 ha definito così le nuove abitudini degli italiani.
Le ragioni che stanno dietro alla scelta vegetariana e vegan sono in parte etiche e in parte salutistiche. Chissà se l’aumento dei vegani continuerà all’infinito, o magari molte persone cambieranno idea. Ma altre tendenze, come la rinuncia alla carne pensata anche in favore di una vita più lunga, sono molto forti e potrebbero durare a lungo. Nei focus organizzati dalla Coop, gruppi di consumatori invitati a dire la loro sul tema, la frase più frequente è “non voglio mangiare nulla che sia stato vivo”. E l’ultima indagine Eurisko racconta anche chi sono i vegani: vivono soprattutto a Nord-Ovest (36%), abita in grandi città (13%), occupa posizioni dirigenziali (25%) ed è una donna (58%) tra i 45 e i 54 anni (28%), spesso in possesso di una laurea (17%).
Per i giovani, scegliere la strada vegetariana o vegana è anche un modo di affermare la propria autonomia. Una forma di consapevolezza che è prima di tutto culturale. Le campagne di sensibilizzazione sono diventate meno indottrinanti e più accoglienti. È sempre più facile trovare prodotti vegani in ogni supermercato, escono continuamente nuove riviste e le ricette sono ormai migliaia e alla portata di tutti.
Anche i ristoranti si sono ormai impadroniti della tendenza, che all’inizio spopolava soprattutto tra gli etnici orientali, abituati a contrassegnate i piatti vegetariani o vegani già dal menù, proprio come si usa per quelli piccanti.
Gli italiani che consumano alimenti a base di soia sono il 40 per cento: si inizia con la panna vegetale (15%), si prosegue con le bevande sostituive del latte (conosciute da tutto il campione dell’Eurisko, e scelte regolarmente dal 14%), per poi passare ai piatti pronti (12%). Ma il 54 per cento dei consumatori di soia ha iniziato solo nell’ultimo anno, aggiungendosi ai compratori storici, che hanno aumentato gli acquisti. E le scelte alimentari non progrediscono più un gradino dopo l’altro, con gli onnivori che diventano prima vegetariani e poi vegani. Si passa direttamente dalla bistecca al seitan, un cibo che, per altro, i vegani di vecchia data considerano ormai adatto solo a chi sente il bisogno di vedere nel piatto una semplice bistecca. Tra le ricette più gettonate sul sito di Mara Di Noia, alias Vegachef, 120.000 fan su Facebook, ci sono le orechiette alle cime di rapa e la ribollita, perché, qui in Italia, il veganesimo può (anche) essere tradizionale. Olio extravergine, sale integrale e frutta secca dovrebbero rendere sicura la dieta di chi non vuole mangiare animali, uniti a ortaggi, cereali, legumi e frutta fresca.
Aumentano anche i flexitariani e i reducetariani
Aumenta anche il numero di chi, ad una rigida alimentazione vegetariana, preferisce uno stile misto che non esclude, a volte, un piatto di carne. Sempre però guardando al benessere delle persone. E alla salute del Pianeta
Si chiama flexitarianesimo ed è il nuovo stile di vita per un italiano su tre. Di cosa si tratta? Un regime alimentare “misto” che permette di abbinare alle proteine vegetali anche le proteine animali. Una vera e propria rivoluzione rispetto alle molte rigidità sul tema: c’è infatti la possibilità di variare la propria alimentazione con gusti diversi ma salvaguardando il benessere. Tra i precursori Paul McCartney che, da anni, porta avanti il progetto “Meat fre Monday” che propone un’alimentazione sostenibile tra chi fatica a rinunciare alla carne. Madrina del movimento Flexitarian è poi l’attrice Gwyneth Paltrow.
È possibile essere flexitariani a diversi livelli: si parte dal livello principiante, che vede la rinuncia alla carne per 1-2 giorni alla settimana, passando per il livello intermedio, che prevede la rinuncia per 2-3 giorni alla settimana fino ad arrivare al livello esperto che vede 5 o più giorni di rinuncia. In Italia, secondo una ricerca del Garden Gourmet Flexitarian Hub, l’osservatorio sul mondo dei flexitariani, (condotta su circa 2500 italiani tra uomini e donne con metodologia WOA – Web Opinion Analysis) il 41% punta a variare la propria alimentazione con gusti diversi, il 24% vorrebbe preservare l’ambiente, il 37% non vuole trascurare la salute. E sono in molti, tra i nutrizionisti, ad appoggiare la corrente. “L’alimentazione flexitariana è la vera dieta, quella che l’ecosistema ricerca. Possiamo dire che è la dieta della sostenibilità biologica – spiega Lucia Bacciottini, biologa nutrizionista, specialista in Scienze dell’alimentazione ed autrice del libro Flexitarian Diet – è una dieta vegetariana flessibile perché prevede la possibilità di inserire delle proteine animali alcune volte alla settimana. La base di questa alimentazione sono i vegetali, suddivisi in: ortaggi, cereali, legumi e semi. I legumi sono i protagonisti dell’apporto proteico, passando dai piselli alle fave, fino ai fagioli, ai ceci e alle lenticchie”.
Ad adeguarsi al flexitarianesimo, oggi, sono il 56% delle donne. Ma anche il 41% degli uomini lo guarda con simpatia. Il 29% dei praticanti ha tra i 40 e i 50 anni, mentre un buon 14% è composto da giovani tra i 20 e i 30 anni. Che tipo di piatti scelgono esattamente? Generalmente si tratta dei piatti tipici della cucina vegetariana, con l’aggiunta di qualche pasto di carne. Le ricette sono trovate online (28%), in libri specializzati (22%) o su delle app (16%) come Ivegetariano, It is vegan e I’m hungry.
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