A febbraio, in Irlanda, è stato introdotto un sistema di riciclo della plastica che ha permesso di raccogliere 630 milioni contenitori.
Inapro è la serra del futuro. Non consuma acqua e non usa fertilizzanti
Produrre maggiori quantità di cibo, impiegando minori risorse. È questo l’obiettivo che si pone l‘acquaponica, un sistema di produzione innovativo, capace di fornire i nutrienti e l’acqua necessaria in un ciclo praticamente infinito e autosufficiente. È ciò che si propone Inapro, progetto europeo che coniuga l’acquacoltura con l’idroponica, in un sistema dove i rifiuti prodotti
Produrre maggiori quantità di cibo, impiegando minori risorse. È questo l’obiettivo che si pone l‘acquaponica, un sistema di produzione innovativo, capace di fornire i nutrienti e l’acqua necessaria in un ciclo praticamente infinito e autosufficiente. È ciò che si propone Inapro, progetto europeo che coniuga l’acquacoltura con l’idroponica, in un sistema dove i rifiuti prodotti dai pesci d’allevamento o da altre creature acquatiche forniscono le sostanze nutritive per le piante coltivate con l’idroponica, in grado a loro volta di purificare l’acqua.
“Inapro è un progetto finanziato dalla Commissione europea a cui partecipano 17 partner, tra università e centri di ricerca, ed è mirato realizzare una struttura di acquaponica ottimale e in grado di essere commercializzata su scala industriale”, spiega Luisa Bonassi, del settore Ricerca e Sviluppo di Inapro, durante Seeds&Chips – The Global Food Innovation Summit, il summit internazionale sulla food innovation che si è tenuto a Milano dall’8 all’11 maggio e che ha visto come protagonista l’ex Presidente degli Stati Uniti, Obama. “Vogliamo inoltre realizzare una sorta di manuale che spieghi il sistema adatto per avere una rendita economica e quindi una produzione migliore”. All’interno della serra vengono così allevate le tilapie, specie commerciale d’acqua dolce diffusissima nel mondo (la sesta per produzione) e coltivati pomodori, altra specie che necessita di numerosi nutrienti per crescere.
Con Inapro si produce di più consumando meno
La serra è a ciclo chiuso o, meglio, si tratta di un sistema a doppio ricircolo, dove pesci e piante vivono quasi in simbiosi. “Prima viene depurata l’acqua all’interno del sistema di acquacoltura, per poi passare sul sistema ad idroponica”, continua la dottoressa Bonassi. “Impieghiamo dei filtri e dei bioreattori per la riduzione dell’azoto contenuto nelle acque dove vengono allevati i pesci, così ci sia il giusto apporto di sostanze nutritive ai vegetali. Questo sistema non è una nostra invenzione, ma il nostro progetto lo ha reso industrializzabile, produttivo e scalabile”. Secondo il professor Werner Kloas, del Leibniz Institute of Freshwater Ecology and Inland Fisheries e coordinatore del progetto, “abbiamo dimostrato che questo sistema può funzionare per le famiglie, con unità che costano meno di 1000 euro, fino ad unità molto più grandi. Si potrebbe partire da siti di 5mila metri quadrati per collegare numerosi sistemi in un’unica grande serra”.
Consumi di acqua vicini allo zero
La serra ricava l’energia necessaria da un impianto fotovoltaico installato sul tetto della serra, rendendola energeticamente autosufficiente. Ma ciò che più è importante è la drastica riduzione dell’impiego di acqua. “In un sistema normale di solito di deve reimmettere circa il 17 per cento dell’acqua impiegata. Noi siamo scesi ad un 3 per cento”. Infatti Inapro è in grado di recuperare anche l’acqua di evaporazione, e reimmetterla nel ciclo.
Sicurezza alimentare per i Paesi più poveri
Il sistema è in questo momento testato in vari Paesi, con condizioni climatiche e di disponibilità di risorse diverse, così da avere una maggiore spettro di impiego. “Siamo presenti in Spagna, Belgio, Germania e Cina”, conferma Bonassi. “Vogliamo rendere possibile utilizzare questo sistema anche in Paesi poveri e dove c’è una scarsa disponibilità dell’acqua”. La volontà è quella di realizzare un sistema scalabile, che possa funzionare sia per le famiglie che per piccole comunità. Ogni unità è in grado di produrre dai 50 ai 200 kg di pesce, senza contare la produzione vegetale, che può evidentemente essere variegata. In un mondo dove la crescita della popolazione e la conseguente riduzione delle risorse naturali, sistemi come questo non possono che essere i benvenuti per raggiungere la sicurezza alimentare.
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