Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
La casa degli eco-chef
In un’epoca in cui mode, tormentoni mediatici, feticismi e idiosincrasie alimentari di ogni genere rendono più che mai vivace e strategico il settore della cucina e del cibo, accade spesso che i professionisti del ramo, ovvero gli chef, assurgano ormai al rango di vere e proprie star. Al netto di ogni deriva divistica, gli chef
In un’epoca in cui mode, tormentoni mediatici, feticismi e idiosincrasie alimentari di ogni genere rendono più che mai vivace e strategico il settore della cucina e del cibo, accade spesso che i professionisti del ramo, ovvero gli chef, assurgano ormai al rango di vere e proprie star.
Al netto di ogni deriva divistica, gli chef si presentano tuttavia come una categoria assai eterogenea e, all’interno di essa, ha cominciato da tempo a delinearsi sempre più nitidamente la corrente degli eco-chef, che si contraddistinguono per l’uso esclusivo di materie prime biologiche, la predilezione per i prodotti di stagione e a chilometro zero, oltre ovviamente all’obiettivo di minimizzare inquinamento, sprechi e danni all’ambiente.
Insomma, indipendentemente dal suo specifico orientamento alimentare, che può contemplare, a seconda dei casi, non solo pietanze vegetariane o vegane ma anche pesce o carne di provenienza accuratamente selezionata, l’eco-chef si prefigge tutta una serie di accortezze e standard qualitativi sostenibili che inevitabilmente si riflettono anche sul suo peculiare approccio ai temi dell’abitare, dell’arredamento e dell’energia.
Qui diventa più che mai evidente la sua deformazione professionale, ossia la tendenza a soffermarsi sui dettagli tecnici e a propendere per le soluzioni più innovative e sperimentali.
Dall’ingegnere ambientale alle certificazioni degli impianti
Non sorprendono dunque il rigore svizzero e le competenze puntuali dello chef Pietro Leemann, originario di Locarno e pioniere di un’alta cucina naturale che abbina gli spunti ayurvedici e le suggestioni orientali ad elementi di ispirazione antroposofica derivanti dal pensiero di Rudolph Steiner, il filosofo austriaco che, oltre all’agricoltura biodinamica e a tanti altri ambiti specifici, si dedicò, non a caso, anche all’architettura.
“In Svizzera è correntemente diffusa una figura professionale apposita –spiega Leemann– ossia una particolare tipologia di ingegnere ambientale al quale solitamente ci si rivolge per individuare insieme la soluzione più idonea ed ecocompatibile per il riscaldamento della propria casa.
Inoltre è abituale richiedere la certificazione Minergie, che attesta il livello di sostenibilità degli edifici sia nuovi sia riqualificati, analizzando meticolosamente tutti i dettagli relativi ad aerazione, temperatura ed energia ma anche confortevolezza dell’abitazione.
Io ho optato per una scelta già di per sé ecologica, cioè vivere in una casa preesistente, che risale a fine Ottocento, molto ben coibentata e con riscaldamento a pellet, biocombustibile ad impatto ridotto assai apprezzato dagli svizzeri”.
Natura dentro e fuori
E se Leemann ha voluto dotarsi di un jardin d’hiver, utilizzare pietre della valle assemblate dagli artigiani del posto per limitare i trasporti, e privilegiare su esterni ed interni le sfumature neutre della terra, analoghe propensioni estetiche sono manifestate anche dallo chef Simone Salvini, fiorentino d’origine ormai trapiantato a Milano, esperto di alta cucina vegetale, biologica ed ayurvedica, nonché fondatore di una vera e propria accademia di formazione professionale orientata alla gastronomia sostenibile, ovvero la Ghita Academy.
“Per le pareti ho scelto pitture naturali, senza solventi né acrilici, nelle nuances del giallo e del verde, e mobili di legno”, racconta Salvini. “Poiché dedico due o tre ore giornaliere alla lettura e allo studio, ho voluto tante librerie ed un bel terrazzo sul quale rifugiarmi a leggere. Il contatto con la natura rappresenta infatti il requisito essenziale del mio concetto di casa. La mia dimora ideale dovrebbe essere esposta al sole, circondata da terra, alberi, un corso d’acqua e casette per rondini e uccellini”.
La stanza meno frequentata della casa
E tuttavia, contrariamente a quanto saremmo propensi ad immaginare, non sempre gli eco-chef pongono al centro del proprio ménage domestico la stanza nella quale potrebbero svolgere l’attività in cui eccellono, ovvero cucinare.
“Non utilizzo quasi mai la cucina di casa mia: è medio-piccola e molto meno attrezzata di quella del luogo in cui già trascorro per lavoro la maggior parte del mio tempo”, confessa sorridendo Fabrizio Ferrari, chef di Lecco le cui specialità a base di pesce e crostacei garantite da pesca sostenibile hanno valso al suo “Porticciolo 84” la patente di primo ristorante italiano certificato secondo lo standard MSC (Marine Stewardship Council), ente internazionale no profit che tutela la pesca sostenibile.
“Il mio locale è stato ricavato da una cantina del ‘700 e fino a qualche tempo fa io e mia moglie abitavamo nella mansarda sovrastante. Ci siamo poi trasferiti in un’abitazione più ampia in cui sto meditando di rifare il tetto installando le tegole con le cellule fotovoltaiche incorporate.
In generale noi chef, con tutti gli aggeggi elettronici che maneggiamo mentre cuciniamo, potremmo certamente trarre vantaggio da una miglior efficienza energetica”.
Avanguardia alimentare ed energetica
Non è dunque un caso che tanti eco-chef, esattamente come Fabrizio Ferrari, abbiano adottato per le loro cucine professionali le ormai notissime piastre a induzione che, tramite un sistema paragonabile ad una sorta di micro-onde all’inverso, consentono di ottenere cotture più precise e controllate.
Più in generale lo sforzo di preservare la genuinità dei prodotti e l’esigenza di manipolare con precisione e creatività le materie prime, rendono questi professionisti particolarmente propensi a ricercare soluzioni innovative e d’avanguardia, anche nel contesto dell’arredamento e dell’energia domestica.
E forse chissà, la loro spiccata attenzione all’ambiente e al mondo circostante potrebbe quasi quasi indurci a scorgere nell’eco-chef una sorta di metamorfosi dell’assai più diffusa (e mediaticamente stereotipata) tipologia dell’ “ego-chef”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
Gli eventi da non perdere del Fuorisalone 2019, una selezione delle migliori feste gratuite (o quasi) per godere pienamente della Design Week di Milano dall’8 al 14 aprile.
Il design sostenibile è uno dei temi centrali dei progetti, delle esposizioni e degli eventi da non perdere durante il Fuorisalone 2019, che si tiene Dall’8 al 14 aprile. Ecco i migliori, divisi per zone.
Paola Antonelli, curatrice della XXII Triennale di Milano, sul rendere il design accessibile a tutti
Paola Antonelli del Moma di New York è una delle persone più influenti nel campo del design. Ci racconta come la mostra Broken nature alla Triennale di Milano, di cui è curatrice, è un’evoluzione naturale del suo percorso.
L’Italian design day è giunto quest’anno alla sua terza edizione e viene celebrato ufficialmente oggi 20 marzo in tutto il mondo secondo la formula consolidata di 100 ambasciatori del design – architetti, designer, giornalisti, registi che si faranno porta bandiera internazionali del nostro paese e del nostro “sistema design” in 100 città. Nelle sedi di consolati, ambasciate, istituti italiani di
Considerato l’ultimo maestro di una generazione insuperata della produzione creativa italiana, Alessandro Mendini, nato nel 1931, ha esercitato un’enorme influenza sulle tendenze estetiche del design anche a livello internazionale con le sue opere che spaziano dall’architettura al disegno industriale, dai pezzi unici all’arte, dalle performance agli scritti teorici. Ha diretto le riviste Modo, Casabella, Domus e Ollo, e creato gruppi
Broken nature è la grande mostra che segna la 22esima Triennale di Milano, sui legami compromessi che uniscono le persone alla natura, e sulle soluzioni per ricostituirli.
L’archivio di Renzo Piano a Genova, raccontato anche in un documentario, custodisce i progetti del grande architetto. Per avvicinare i giovani all’opera al lavoro creativo che è come “guardare nel buio senza paura”.
I colori dell’anno 2019 presentati dalle aziende Sikkens e Pantone, rispettivamente Spiced honey e Living coral, sono accomunati da una vena di ottimismo e faranno da guida al mondo del design e della moda.