Nasce a Milano l’Osservatorio Prada per la fotografia

Parquet a spina di pesce, travi a vista, enormi vetrate con incomparabile colpo d’occhio sui ghirigori di vetro e ferro disegnati dalle cupole della Galleria Vittorio Emanuele II, e ovviamente un vortice di scatti fotografici di vario formato e provenienza. Non poteva che esordire così, all’insegna della raffinatezza architettonica e del minimalismo contemporaneo, la nuova

Parquet a spina di pesce, travi a vista, enormi vetrate con incomparabile colpo d’occhio sui ghirigori di vetro e ferro disegnati dalle cupole della Galleria Vittorio Emanuele II, e ovviamente un vortice di scatti fotografici di vario formato e provenienza.

Non poteva che esordire così, all’insegna della raffinatezza architettonica e del minimalismo contemporaneo, la nuova propaggine milanese della Fondazione Prada che, dopo la sede principale di Largo Isarco e quella fuori porta di Palazzo Corner della Regina a Venezia, ha scelto di dotarsi di un nuovo centralissimo spazio espositivo a due passi dal Duomo, appositamente dedicato a uno dei linguaggi espressivi più cruciali dell’arte e della comunicazione dei nostri tempi, ovvero la fotografia.

Un medium quanto mai versatile e polivalente, che l’Osservatorio si propone di indagare non solo con riferimento alle creazioni autoriali ma anche come fenomeno sociologico di massa, connesso alle sempre più numerose forme di interazione digitale.

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Il panorama delle cupole vitreo-metalliche della Galleria Vittorio Emanuele (foto Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti, Courtesy Fondazione Prada)

L’Osservatorio Prada nell’epicentro della vita meneghina

Il cosiddetto Osservatorio sorge, non a caso, in una posizione panoramica, cioè al quinto e sesto piano di uno degli immobili del cosiddetto Ottagono, punto di intersezione tra i vari bracci dell’elegante Galleria milanese, edificata tra il 1865 e il 1867 da Giuseppe Mengoni e divenuta in breve tempo il simbolo e l’epicentro pulsante della vita cittadina, tra rinomate boutique monomarca, ristoranti e caffè di antica tradizione.

Com’è stato puntualmente sottolineato da più parti, l’Osservatorio Prada si è insediato, dopo un accuratissimo restauro, nello spazio precedentemente occupato da uno dei punti vendita di McDonald’s, ai piani superiori di uno stabile già popolato da altri “inquilini di famiglia”, quali la Pasticceria Marchesi e le collezioni maschili della maison omonima.

Rilassati e molto milanesi gli orari di accesso: dalle 14 alle 20 dal lunedì al venerdì e dalle 10 alle 20 il sabato e la domenica, con biglietto d’ingresso a 10 euro (l’intero) o 8 euro (il ridotto).

La mostra inaugurale Give me yesterday

Il primo progetto espositivo del neonato Osservatorio, elaborato dal curatore Francesco Zanot, pone al centro dell’attenzione l’opera di 14 artisti italiani ed internazionali, artefici di una produzione fotografica che analizza il rapporto tra immagine e diario, ovvero tra scatto e rappresentazione o costruzione della propria identità.

Tra i soggetti privilegiati di questo ciclo intitolato Give me yesterday, visitabile fino al 12 marzo, figurano ovviamente gli ambienti domestici, le relazioni familiari, i vissuti casalinghi o, più precisamente, la diffusa attitudine ad una sorta di “messa in scena” della quotidianità.

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Uno scorcio della prima mostra, Give me yesterday, recentemente inaugurata (foto Delfino Sisto Legnani e Marco Cappelletti,
Courtesy Fondazione Prada)

Le immagini in mostra sono disposte lungo un unico lato, entro una sorta di ininterrotto murale, allo scopo di evocare il linguaggio associativo o randomico del web, dei blog o dei social network, suscitando però in tal modo un interrogativo tanto implicito quanto intrigante ed essenziale nell’era di Instagram: dove finiscono i selfie e dove comincia l’arte?

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