Una sostanza contenuta nell’olio extra vergine d’oliva, e presente in quanità anche negli scarti di lavorazione, ha funzioni protettive e antiossidanti sulle cellule del cervello, specialmente negli anziani.
Olio da olive dell’Unione europea, ci si può fidare?
L’olio extravergine 100% italiano è sempre la scelta migliore rispetto a quello da olive prodotte in altri Paesi? Dipende dall’annata, dal raccolto e dalla validità della filiera attivata dal produttore. Abbiamo chiesto a Zefferino Monini di raccontarci come si costruisce una filiera di valore.
Quello della provenienza delle olive è un tema particolarmente caro agli italiani: siamo convinti che il miglior extravergine d’oliva al mondo sia quello fatto con le nostre olive, perché ne abbiamo tante varietà, più degli altri Paesi, e siamo bravi a estrarne olio di pregio. Tutto vero. Capita però che in alcune annate il clima non premi particolarmente la produzione olearia del Belpaese, sottoponendolo a lunghi periodi di siccità o ad altri stress ambientali che compromettono la quantità e la qualità del raccolto.
In quelle stesse annate, non tutti i Paesi del Mediterraneo sono sottoposti alle stesse condizioni climatiche, per cui si avranno territori con campagne olearie premiate dalla natura e con una produzione d’olio migliore rispetto alla nostra. C’è da dire che ultimamente la crescita tecnologica in campo consente di irrigare, soprattutto in estate, e quindi di compensare l’assenza di piogge. Ma questa è una pratica non ancora ben distribuita nelle regioni italiane. Quindi cosa accade nelle annate di siccità? Si avranno oli buoni e oli cattivi, è così che succede in tutte le aree in cui si pratica l’olivicoltura.
“L’area di grande produzione dell’olio extravergine d’oliva (e dell’olio d’oliva) è il bacino del Mediterraneo, che fornisce più del 95 per cento del totale prodotto nel mondo”, spiega Zefferino Monini dell’omonima azienda olearia. “Il restante 5 per cento comprende quei Paesi dell’emisfero sud come l’Australia e il Sud America in cui si è impostata un’olivicoltura moderna che utilizza tutte le tecnologie più innovative per ottenere il miglior risultato. Grazie a questo, anche quei Paesi oggi possono dire di fare oli extravergini di alta qualità. Sono appassionato dei miei territori e del mio Paese, perché conosco i valori che può esprimere nell’olio extravergine a livello regionale, però so per competenza e per curiosità che ci sono Paesi che pur non avendo una grande tradizione olearia, in anni particolari producono oli molto buoni raggiungendo standard elevatissimi”, precisa Monini.
L’olio è buono se è fatto bene
Quando si parla di olio non esiste una regione di provenienza migliore dell’altra. Esistono tecniche virtuose di gestione dell’oliveto, della raccolta, della trasformazione e della conservazione che permettono di ottenere un prodotto di qualità. Gli oli buoni, insomma, sono quelli fatti bene. E possono essere italiani ovviamente, ma anche di altre parti del mondo.
“In Italia abbiamo degli ottimi oli e una grande scelta di varietà di olive, una biodiversità che ci permette di avere dei gusti più particolari. Ma nei premi internazionali ormai anche gli oli spagnoli vincono spessissimo. E poi ci sono extravergini superlativi dell’Argentina e del Cile, ma anche della Grecia, della Tunisia e del Marocco. In Italia sappiamo fare dei buoni oli, abbiamo un buon nome ma è importante che non ci adagiamo su questa certezza e continuiamo ad aggiornarci per ottenere il meglio”, spiega Michele Labarile, direzione controllo qualità materie prime di Monini.
Come si costruisce una filiera di valore
La filiera è determinante se un produttore vuole fare qualità e vuole farla costante nel tempo. Negli ultimi anni l’Italia è stata soggetta a campagne insufficienti dal punto di vista della quantità di olio disponibile: ne ha prodotto circa un decimo del fabbisogno a livello mondiale e circa un quinto del consumo totale italiano. Anche quando un’annata è buona la disponibilità di olio italiano non supera il 45 per cento del fabbisogno totale (compreso l’export). Le grandi aziende olearie sono praticamente obbligate ad andare a cercare l’olio all’estero e per trovare l’eccellenza devono costruirsi una filiera di valore.
“Le aziende più grandi necessitano di una quantità di olio sufficiente a far fronte alla richiesta dei mercati su cui operano. Nel tempo si sono attrezzate visitando i Paesi produttori per capire cosa ogni anno si produce in quei territori. Monini ha creato la propria filiera facendo uno screening iniziale di questo emisfero in autunno, ovvero nei mesi di ottobre, novembre, dicembre, periodo in cui l’azienda assaggia tutto ciò che si produce. Ci rivolgiamo alla parte Nord del bacino del Mediterraneo privilegiando, subito dopo l’Italia ovviamente, la Grecia che è molto vicina a noi come caratteristiche organolettiche, anche perché è dalla Grecia che arrivano gli olivi italiani, dopo essere partiti anticamente dalla Mesopotamia. Anche la Spagna è un Paese che oggi non si può non prendere in considerazione, perché copre il 60 per cento della produzione totale mondiale. All’interno di una produzione così importante, la Spagna offre una buona percentuale di olio di standard medio alto così come una grande percentuale di standard medio basso. La produzione spagnola comincia quando l’oliva è verde e finisce quando è nera, pertanto offre oli fragranti e ricchi di antiossidanti ma anche oli molti maturi, molto piatti, più acidi e più poveri di antiossidanti. Solo una filiera attenta e meticolosa permette di scegliere l’olio migliore”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
La qualità di un olio extravergine di oliva nasce dall’oliveto dove la distanza tra le piante, l’età, la potatura, l’irrigazione, la scelta delle varietà di olivo e in generale le pratiche agronomiche devono mirare a ottenere la migliore qualità delle olive. Per proseguire poi con la raccolta delle olive nel momento giusto di maturazione, che
Nel cuore del Gargano, in Puglia, abbiamo conosciuto Giovanni Trombetta, l’olivicoltore che produce Bios, l’olio extravergine di oliva 100% biologico di Monini. Ci ha raccontato tutto sulla raccolta delle olive: come e quando avviene, le sfide e le conquiste giornaliere.
È presente in tutte le cucine l’ingrediente numero uno della bellezza naturale: l’olio d’oliva. Grazie alla sua particolare composizione, nutre la pelle, la ripara, la mantiene giovane donando elasticità e compattezza. Scopriamo come utilizzarlo al meglio.
Crudo o cotto, l’olio extravergine d’oliva può esaltare o penalizzare il gusto del piatto in cui è stato inserito. L’abbinamento olio e cibo è un‘arte che segue regole precise e che si può imparare. Ecco gli accostamenti azzeccati in cucina e quelli da evitare.
Come si riconosce un buon extravergine e come si definiscono i sapori avvertiti al palato assaggiandolo? Scopriamo con l’aiuto degli esperti quali sono le tecniche di assaggio dell’olio e qual è il vocabolario sensoriale da utilizzare per descriverne pregi e difetti.
Le cultivar italiane sono oltre 500, tra cui Leccino, Frantoio, Moraiolo, Biancolilla, Coratina, Ogliarola, Moresca, Casaliva, Nocellara e molte altre. Ne abbiamo scelte sette e ve le raccontiamo.
Una grande azienda olearia può lavorare con la stessa cura del piccolo artigiano? E a che tipo di controlli sottopone il proprio olio per garantire un extravergine di qualità? Lo abbiamo chiesto a Zefferino Monini, presidente e amministratore delegato dell’omonima azienda di famiglia fondata a Spoleto nel 1920.
L’olio che pizzica è più acido? Qual è il colore dell’olio buono? Davvero l’extravergine è più pesante degli altri condimenti da digerire? I miti che aleggiano intorno all’olio sono tanti, vi sfatiamo i tre più comuni.