
La mancanza di dati ufficiali è un problema per il controllo del mercato legale di animali, soprattutto per le catture di quelli selvatici.
La storia di come un appassionato naturalista dilettante ha scoperto una nuova specie di papavero, salvandola dall’estinzione.
La vita prende, talvolta, strade imperscrutabili. L’evoluzione non segue un percorso lineare, necessariamente logico, ma prosegue a tentoni, un passo alla volta, e il caso gioca un ruolo importante. È un caso, ad esempio, che una pianta, mai vista prima, cresciuta sul bordo di una ferrovia, tra le traverse e le sterpaglie, sia stata notata da un uomo che l’ha probabilmente salvata dall’estinzione, regalando all’Italia un altro prezioso tassello della sua già incredibile biodiversità. Questa è la storia del papavero nero, è la storia di Evelina.
Siamo a Senigallia, nelle Marche, è una calda mattinata di aprile della fine degli anni Ottanta quando lo sguardo di Giorgio Sagrati, naturalista e ibridatore dilettante, si posa su un bizzarro fiore nero. “Non era la prima volta che lo vedevo – ha raccontato il naturalista – quel giorno, però, ero ben deciso a non farmi scappare l’occasione”. L’uomo capisce subito che si tratta di qualcosa di anomalo, il fiore sembra infatti un papavero, tuttavia non è rosso, come siamo abituati a vederne, ma nero.
La pianta, chiamata ufficialmente papavero “Evelina” nel 1997, appartiene al genere Papaver ed è frutto dell’ibridazione spontanea tra due specie di papaveri che vivono nella zona del ritrovamento, P. rhoeas e P. dubium. Lo ha stabilito una ricerca genetica condotta dalla facoltà di Agraria dell’università Politecnica delle Marche, che non ha tuttavia escluso la possibilità di un importante contributo di mutazioni geniche spontanee.
Dopo aver individuato un’altra piantina e iniziato a documentarne nel dettaglio caratteristiche e comportamento, Sagrati ha iniziato a raccoglierne i semi per tentare di avviare un processo di riproduzione. Oggi, dopo anni di crescita lenta, la popolazione di papaveri neri è “esplosa” e non è più necessario procedere alla semina. Questa pianta vive attualmente solo nel giardino di Giorgio Sagrati, un meraviglioso ed eterogeneo laboratorio verde a due passi dal mare. “Il lavoro di questi anni non aveva solo inciso sulla fertilità del papavero nero – ha spiegato Sagrati – ma risultavano fortemente migliorate tutte le caratteristiche della pianta: più sviluppata e con fioritura molto più lunga, i fiori erano più grandi e appariscenti, il colore nero sempre più netto e brillante”.
Recentemente il papavero nero, che ormai si comporta come una nuova specie vera e propria, riproducendosi autonomamente e mantenendo inalterati i propri caratteri, ha ottenuto un importante riconoscimento, è stato infatti inserito nella seconda edizione dell’enciclopedia Flora d’Italia di Sandro Pignatti. L’opera, pubblicata dopo 35 anni dalla prima, è il più importante testo sulla flora nazionale ed è corredata da oltre 90mila immagini a colori. Nell’enciclopedia il papavero viene descritto come variante “con fiore a petali quasi completamente neri, osservata a Senigallia nel 1988 e mantenuta in coltura per decenni”. L’inclusione della “sua creatura” in un testo scientifico tanto importante certifica lo straordinario lavoro svolto da Giorgio Sagrati, senza il quale oggi, molto probabilmente, questa specie non esisterebbe. Nell’ambiente in cui è nato, il papavero Evelina avrebbe infatti avuto poche possibilità di svilupparsi spontaneamente, accerchiato dalla crescente urbanizzazione e minacciato dal massiccio uso di diserbanti e dissecanti.
Dal papavero Evelina Giorgio Sagrati ha ricavato nuovi ibridi, con l’obiettivo di creare varietà dal maggior valore ornamentale. “Ho provato a trasferirne le originali caratteristiche ad altri papaveri, affini geneticamente ma più interessanti dal punto di vista della floricoltura ornamentale – ha spiegato il naturalista. – La tecnica usata è stata quella classica della ibridazione mediante impollinazione e relativa selezione delle cultivar più promettenti”. Tra gli ibridi ottenuti partendo dal papavero nero spicca una varietà caratterizzata dai petali color nero, ma con fiori molto più grandi di Evelina e più longevi. Sagrati ha ufficialmente chiamato questa varietà papavero Senigallia (Papaver rhoaes Senigallia), rendendo un imperituro omaggio, anche se forse non adeguatamente apprezzato, alla propria città.
C’è qualcosa di romantico e affascinante nel fatto che una specie selvatica viva in un areale così ristretto, un giardino privato nella fattispecie. Sarebbe però bello che Evelina si diffondesse, affinché tutti possano godere della sua bellezza. “Quello che manca a questa pianta è ora un habitat naturale in cui la specie possa sopravvivere e riprodursi autonomamente”, ha affermato Sagrati. In un mondo che non sembra avere più posto neppure per le specie più antiche non sappiamo quale sarà il futuro di questa specie così giovane, scoperta quasi per caso. La storia di Evelina però ci ricorda, una volta di più, l’imprevedibilità della natura e la caparbietà della vita, e che non dobbiamo mai smettere di guardare al mondo naturale con meraviglia, perché anche il luogo più familiare può celare incontri sorprendenti.
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