Pezzi unici che conservano la patina del tempo e la memoria della loro storia con legni e metalli di recupero: è il progetto di design sostenibile di Algranti Lab.
Design sostenibile. Oggetti e comportamenti per rivoluzionare il prodotto
Il tema è da qualche anno al centro del dibattito internazionale tra i teorici del mondo del progetto e dentro le università, nelle facoltà di Disegno industriale. Le risposte sono complesse, ma alcuni principi generali sono stati acquisiti e sono oggi alla base della progettazione e produzione dei prodotti d’uso di qualità: l’impiego di materiali
Il tema è da qualche anno al centro del dibattito internazionale tra i teorici del mondo del progetto e dentro le università, nelle facoltà di Disegno industriale. Le risposte sono complesse, ma alcuni principi generali sono stati acquisiti e sono oggi alla base della progettazione e produzione dei prodotti d’uso di qualità: l’impiego di materiali riutilizzabili, biodegradabili, riciclabili, non tossici, progettati pensando alla lunga vita del prodotto, rendendolo smontabile, riparabile, durevole.
Il design sostenibile al di là del prodotto
Per parlare di design sostenibile non basta però guardare il prodotto, va considerato tutto ciò che c’è al di là di esso e intorno ad esso: il processo produttivo, l’impatto della produzione sull’ambiente, la credibilità e affidabilità dell’azienda. “Il design sostenibile – scrivono Paolo Tamborrini, professore di architettura e design al Politecnico di Torino, e il giornalista Giorgio Tartaro – basa la progettazione di nuovi prodotti, frutto del miglior compromesso fra parametri ambientali e tecnico-economici, sulla valutazione degli impatti ambientali e sulla scelta dei materiali, delle forme e delle strutture”.
Riduzione, riuso e riciclo, montaggio-smontaggio-autocostruzione, uso di energie pulite e rinnovabili, riduzione delle emissioni nocive, scelta dei materiali, analisi, certificazione e dematerializzazione del prodotto-servizio. Sono queste alcune delle parole chiave del design perché possa essere definito sostenibile. Accertare il rispetto di tutti i criteri della sostenibilità richiede valutazioni complesse, difficili da rendere normative, ma che a lungo termine dovrebbero portare, come auspica l’Associazione per il disegno industriale (ADI), a una sorta di certificato di qualità, un “bollino di garanzia” che garantisce il rispetto dei parametri della sostenibilità a tutela delle scelte del consumatore.
Lunga vita di prodotti e materiali, dalla culla alla culla
Perché non sfidare la nozione che l’industria umana deve inevitabilmente danneggiare il mondo naturale? Perché non prendere la natura stessa come modello? Un albero produce migliaia di fiori, al fine di creare un altro albero, però noi non consideriamo la sua abbondanza uno spreco, ma qualcosa di solido, bello, e molto efficace. I prodotti possono essere progettati in modo che, dopo la loro vita utile, forniscano il nutrimento per qualcosa di nuovo, sia come “nutrienti biologici” da re-immettere in modo sicuro nell’ambiente o come “nutrienti tecnici” che circolano all’interno di cicli industriali ad anello chiuso, senza essere riciclati in impieghi di basso grado come lo sono ora la maggior parte dei materiali riciclabili.
Waste equals food (rifiuti pari a nutrimento) è il primo principio lanciato nel 2002 dal libro-manifesto Cradle to Cradle: Remaking the way we make things, letteralmente, Dalla culla alla culla: rivedere il modo con cui produciamo le cose, di Michael Braungart, chimico tedesco, e William McDonough, architetto americano. La visione è quella di un ciclo continuo di utilizzo e riutilizzo di materiali senza produzione di rifiuti.
Gli autori sostengono, infatti, che il motto degli ambientalisti “ridurre, riutilizzare, riciclare”, in altre parole, fare di più con meno per ridurre al minimo i danni, è un approccio che perpetua in senso unico il modello di produzione “dalla culla alla tomba” che risale alla rivoluzione industriale. Cioè un modello di produzione in cui più del 90 per cento dei materiali che l’industria utilizza diventano poi rifiuti, in gran parte tossici.
Dunque progettare secondo i principi Cradle to Cradle significa invece introdurre cicli di vita di prodotti tendenzialmente senza rifiuti perché ispirati ai sistemi naturali, prodotti che possano essere riciclati all’infinito o che possano tornare in natura perché biodegradabili al cento per cento. Un principio affascinante che i designer contemporanei più innovativi hanno fatto proprio e che guida la loro filosofia di progetto dei prodotti d’uso.
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