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Raffaello in mostra a Bergamo, l’eco del mito che ha influenzato cinque secoli d’arte
Dal 27 gennaio al 6 maggio la Gamec di Bergamo espone oltre 60 capolavori che testimoniano la centralità assoluta del genio urbinate Raffaello in quasi cinque secoli di storia dell’arte.
Rinnovare lo sguardo e la sensibilità con cui ci si accosta ai capolavori arcinoti di un vero e proprio nume tutelare della pittura planetaria quale Raffaello Sanzio (1483-1520), espone puntualmente alla sfida, tanto ardua quanto esaltante, di elaborare percorsi espositivi stimolanti e non scontati.
Nel caso della prossima attesissima mostra Raffaello e l’eco del mito che avrà luogo nelle sale della Galleria d’arte moderna e contemporanea (Gamec) di Bergamo dal 27 gennaio al 6 maggio, l’impulso iniziale è stato offerto da un significativo dipinto giovanile custodito dall’Accademia Carrara, promotrice dell’evento, ovvero il “San Sebastiano”, datato intorno al 1501-1502.
La tela (esposta quattro anni fa alla Pinacoteca di Brera, appena dopo il restauro) rappresenta una precoce ma già eloquente testimonianza di quei tratti tipici da cui germoglierà l’inossidabile mito artistico di Raffaello, ovvero la sintesi inconfondibile di compostezza e vitalità, equilibrio e naturalezza, classicismo antico e modernità rinascimentale, rigorosa architettura dell’insieme e minuziosa cura dei dettagli.
Riservando un congruo spazio sia ai modelli artistici coevi sia soprattutto al dialogo con la posterità, che non smetterà di confrontarsi con la tradizione raffaellita, la mostra prevede un programma concomitante di conferenze ad hoc e iniziative didattiche, oltre alla creazione di un sito apposito denominato Raffaellesco.
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L’Urbinate alla vigilia del quinto centenario
Fin dall’epoca del San Sebastiano emerge nella pittura del maestro urbinate quella molteplicità di riferimenti destinati a fare di lui l’ideale punto di incontro fra tradizione e innovazione, che nel caso specifico del dipinto suddetto coincidono rispettivamente con la lezione del maestro Pietro Perugino e con le suggestioni del contemporaneo Leonardo da Vinci.
Giovanissimo erede della bottega paterna, insignito del titolo di “magister” sin dalla precoce età di 17 anni, Raffaello muove i primi passi della sua vertiginosa ascesa professionale in uno dei più fervidi epicentri dell’arte italiana dell’epoca, ovvero in quella stessa Urbino rinascimentale che annovera tra i suoi protagonisti stelle di prima grandezza come Piero della Francesca o quell’Andrea Mantegna al quale il nostro rivolgerà particolare attenzione e ammirazione.
Con la sua selezione di oltre 60 opere, articolate in sezioni che esplorano sia il percorso formativo dell’artista sia la sua fortuna ottocentesca e contemporanea, la mostra di Bergamo intende anticipare l’imminente anniversario previsto per il 2020, ovvero i cinquecento anni dalla nascita di quel “Raphael Urbinas” che, insieme a Leonardo da Vinci e all’eterno rivale Michelangelo Buonarroti, incarnerà uno dei vertici assoluti dell’arte rinascimentale.
Un’inestinguibile fonte di ispirazione
Incidere una traccia indelebile nella storia dell’arte universale è del resto inevitabile per un pittore e architetto come Raffaello che, pur in soli 37 folgoranti anni di vita, riuscì a codificare e imporre un canone così riconoscibile e inequivocabile da perdurare attraverso i secoli come punto di riferimento imprescindibile per la posterità, non solo nella citazione encomiastica insita perfino nell’uso corrente dell’aggettivo “raffaellita”, ma anche e soprattutto nel distacco polemico o ironico delle posizioni avanguardiste.
Pertanto alla Gamec di Bergamo sarà possibile ammirare, accanto alle citazioni di Jean-Auguste-Dominique Ingres, testimone eccellente di quell’entusiasmo raffaellita che permeò buona parte della pittura francese ottocentesca e non solo, anche le rivisitazioni di Giorgio De Chirico e Pablo Picasso o lo spiritoso divertissement del nostro contemporaneo Francesco Vezzoli, che sovrappone il proprio volto a quello del più celebre autoritratto dell’artista urbinate.
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