Roberta Redaelli, nel suo saggio Italy & Moda, raccoglie le voci del tessile. E invita il consumatore a fare scelte che lo spingano alla sostenibilità.
Rinascita, rispetto, ricchezza. Le 3 R degli stilisti della moda etica
Attrito. Contraddizione. Sfasamento. Moda etica a questo fa pensare, a un insanabile contrasto. Come la moda è frivolezza, eccesso e vanità, così l’etica è gravità, misura, responsabilità. Quali due termini sembrano più in antitesi? La sintesi invece la sta cercando Ethical Code di Stefania Depeppe, progetto tutto ispirato al motto #ingoodwetrust che promuove la riconciliazione tra
Attrito. Contraddizione. Sfasamento. Moda etica a questo fa pensare, a un insanabile contrasto. Come la moda è frivolezza, eccesso e vanità, così l’etica è gravità, misura, responsabilità. Quali due termini sembrano più in antitesi? La sintesi invece la sta cercando Ethical Code di Stefania Depeppe, progetto tutto ispirato al motto #ingoodwetrust che promuove la riconciliazione tra il bello e il buono attraverso l’uso di materiali vegan, cruelty-free e sostenibili.
In questo splendido percorso ha invitato a Milano durante la settimana della moda tre giovani emergenti stilisti per un fashion show nell’intrigante e inconsueto nuovo bistrot della Gelateria della Musica di via Lomazzo.
Tre diverse interpretazioni di donna – contemporanea secondo Ugo Masini, doratamente romantica per Tiziano Guardini, fiabesca quella di Francesco Romualdo Mr. Ciaccia – con un’unica visione: vestire in modo consapevole. Senza alcuna rinuncia, anzi, con sorprendente ricchezza di forme, materiali, ispirazioni, colori.
Naturalmente, tutti ecologici e cruelty-free anche gli accessori, le bellissime scarpe vegan Opificio V, Zette, le borse Origine e i cosmetici Liquidflora indossati dalle modelle, nonché il rinfresco nutraceutico Nutracentis bio e senza glutine cucinato dalla chef Lisa Bozzato, e i vini Monzio Compagnoni.
Ugo Masini
Capi da tessuti ritrovati, forme gonfie, stampe in bianco e nero, ispirazioni geometriche. Gli stili si mescolano come i tagli e le stampe, si spazia dal vintage fino agli anni ’80, così da rimettere tutto in discussione, oltreché in circolo. Ugo Masini ha vinto per due anni consecutive il M’Arte Live – nel 2010 e 2011 – e ha esposto nella eco boutique di Livia Firth a Londra. La forte attenzione al tema del riutilizzo, la rivalutazione dei saperi artigianali e dell’arte del costume che per secoli ha caratterizzato le opere teatrali contraddistinguono la prima capsule che ha sfilato in passerella. “Le Goût Intèrieur” è il nome scelto per una collezione di abiti basati sul riutilizzo e sulla rivisitazione di capi usati. Per l’autunno-inverno 2016-2017 interamente animal-free lo stilista punta su silhouette pulite, lineari, dai volumi ampi, costruite con tessuti con stampe grafiche su base in bianco e nero estremamente contemporanee e di tendenza. Una collezione dalle proporzioni over senza decorazioni ma con effetti tappezzeria, forti riferimenti allo sportwear in contrapposizione a gonne iperfemminili. Uno stile decisamente street, adatto a una donna dalla forte personalità, moderna ma sensibile, che ama osare nelle proporzioni e nei volumi.
Tre sono le parole chiave ispirate dalla collezione: la prima è bianco e nero.
Sì, che vuol dire volume, geometrie, ricerca, concetto, tutte parole che riprendono la linea della mia capsule ’16-’17. Comunque nasce tutto prima da un discorso geometrico. Le due figure scelte da me sono il cerchio e il triangolo. Il triangolo identifica la donna, il cerchio l’uomo. Però entrambe possono essere intercambiabili tra loro. È da questo che nasce il discorso dell’oversize: il volume riportato nelle figure geometriche, attraverso un’attenta ricerca del tessuto utilizzato. Sono tutti pezzi unici: i tagli ricoprono i volumi che identificano il mio mood. Per esempio, vediamo la maglia nera abbinata sul pantalone nipponico con i fiori spalmati verdi.
Seconda parola chiave: etica.
Etica come riciclo. Ricerca del tessuto. Il mio riciclo nasce dalla ricerca di tessuti dimenticati che, ritrovati al momento giusto e utilizzati in un mood interpretativo che può essere artistico, scenografico, fashion, si ripropongono e rinascono come cose vissute che erano state accantonate. Ed ecco qui il mio ruolo, cercare di tirar fuori e vedere ‘altro’ in quel che ognuno dimentica.
Terza: rassicurante. Il contrario di provocante. Ha voluto provocare coi tessuti, le forme e la modalità creativa, ma non negli spacchi, né sulle scollature.
È corretto, non ho esasperato scolli arditi per non dire volgari, inutili, futili. Privilegio la ricerca dei tessuti e dei materiali animal-free, ma non ho voluto amplificare né esagerare nei volumi, perché già la print stessa era “esagerata” pur rientrando nel mood.
Tiziano Guardini
Legame con la Terra che ci ospita e celebrazione della vita in essa racchiusa. A questa emozione, Tiziano Guardini è assolutamente sensibile. La sua capsule, “Three days to butterfly” ha, come tutti i lavori dell’ecodesigner, la volontà di rispondere concretamente alla necessità di chi vuol vivere in armonia con la natura, ponendo attenzione alla preziosità della vita. Evoca il colore dei primi raggi del sole e il vento caldo sulle ali appena dischiuse delle farfalle che escono dai loro bozzoli per iniziare la loro nuova avventura nel ciclo della vita. Il materiale base è la seta ahimsa, la seta non violenta, un filato che nasce dalla raccolta di bozzoli ormai abbandonati e ritessuti come fossero una fibra corta. Alcuni dei dodici outfit, dalle forme che scivolano leggere sul corpo senza costrizioni, sono stati progettati dei ricami con un “effetto pelliccia”, a voler dare un’alternativa concreta ed ecologica. Con uno straordinario risultato: il designer è riuscito a mantenere lo stesso effetto di isolante termico, ricamando i fili di seta in due diversi tipi di lavorazioni. Abiti, gonne, pantaloni, giacche, cappotti alternano manifatture diverse, mantenendo il desiderio di vestire una donna in armonia con la madre Terra. Una donna saggia e naturale, che si proietta nel contesto urbano conservando quello sguardo genuino e disincantato; tutto ciò è oggi necessario, la sopravvivenza dell’uomo è legato al recupero del rapporto con la natura. Occorre uno sguardo diverso e in questo Tiziano Guardini è antesignano e contemporaneo.
Tre parole chiave ispirate dalla collezione: la prima è armonia.
Ciò che faccio è una moda che sia etica ed ecosostenibile. Etica e rispettosa verso la vita in generale, a partire dalle persone che lavorano con me fino alla scelta dei materiali e di tutte le lavorazioni che avvengono. Quel che mi impegno a fare è rispondere alla domanda di persone che vogliono vivere in armonia con la Terra, in cerca di un contatto quasi viscerale con la natura. Non è facile, soprattutto all’inizio, impegnarsi a seguire lungo tutta la filiera questo principio, questo sentimento, questa emozione, a partire da chi ci lavora fino alla clientela, considerando che mi rivolgo a quella che può affrontare costi medio-alti.
La seconda è lusso. O meglio, quasi sfarzo: gli abiti hanno un’apparenza sontuosa.
Assolutamente. Mi ci ritrovo. C’è una grande attenzione per il dettaglio, per ogni cucitura, e c’è una voglia di non fare ciò che è già stato fatto. Se si pensa a un capo d’abbigliamento etico ed ecosostenibile si pensa a una maglietta. Di cotone. Biologico. Invece quello che voglio fare è moda, e in più, anche etica. Esprimendo, perché no, un po’ di opulenza. Senza freni!
Ho poi lasciato il colore originario, l’ecrù. È proprio come se fosse la pelle stessa. Per una donna in armonia col tutto, e si veste di questa armonia. Qualcosa che non la costringe, che la impreziosisce, che è naturale indossare, come la propria pelle.
La terza è rinascita. Come la nuova vita delle farfalle lasciate libere di volare via dai loro bozzoli, prima di farne seta – la seta ahimsa non violenta usata.
Libertà e rispetto. Tante volte diamo definizioni, giudichiamo. La vita di queste farfalle, di questi esserini, dura solo tre giorni. Ma perché privarli di questi tre giorni? Perché dobbiamo porre una sentenza, solo perché vivono tre giorni allora possono essere ammazzati? No, affermo la preziosità del singolo istante, sono tre giorni e sono loro, quella è la loro vita e va amata e rispettata.
Francesco Romualdo Mr. Ciaccia
Abiti di alta moda “universale” nel percorso di una personale estetica sull’idea di tradizione, rinnovo del vecchio, riutilizzo dei materiali. Nella sua opera di ricerca e sperimentazione di stile, Francesco Romualdo non si fa ancora chiamare “stilista”. Laureato in storia e critica del cinema, è più a suo agio nel definirsi “apprendista stregone” della haute couture. Comincia a lavorare dodici anni fa come costumista nel teatro d’avanguardia della capitale, dov’è giocoforza costretto a usare per i costumi di scena carta, plastica, tessuti di riciclo. Trasferitosi a Milano deciso a diventare, da apprendista, stregone dei tessuti, fa nascere il progetto “no logo”, the Splendid Clothes of Mr.Ciaccia, che già nel nome fa risplendere le urla di richiamo dei capocompagnia dei teatrini di strada, dei vaudeville, dei circhi delle pulci. Con “HersElf Wanderlust – The First Chapter” continua, quindi, la sua ricerca spinta dall’idea del riciclo e del non spreco di scampoli, tagli, materiali diversi che sempre lavora con le sue mani e all’interno di un piccolo atelier tra libri, film e musica.
Tre parole chiave ispirate dalla collezione: fiabesca.
Splendido. Ma direi epico, più che fiabesco. Il fiabesco appartiene al mondo dell’infanzia, l’epico prevede lo scontro con la realtà e il cambiamento di questa realtà. Il rischio, il mettersi in gioco. Tecnicamente non mi definiscono uno stilista, ma trovo tessuti, taglio, monto, smonto, rimonto, cucio, quindi epico è un aggettivo che mi piace molto, per legarmici.
Etica.
È chiaro. Anche se il termine etico adesso ha molti più significati di una volta, per me è il riconoscimento di quel che si è sempre sognato. A partire da quando si è ragazzini e si pensa “Cambierò il mondo, il mondo cambierà”, fino a quando ci si dice “E se parte da me, se divento io il cambiamento, se divento io a chilometro zero?”.
Umile. Non povero, ma umile: il materiale di partenza.
Mi fa sorridere per un fatto, perché io vengo dal teatro, ho lavorato come costumista teatrale, àmbito in cui la situazione è quella che ci sentiamo raccontare da sempre, non ci sono finanziamenti, non ci sono fondi. Per cui mi sono trovato a dover pensare, per esempio, a come fare venti costumi con un budget minimo messo dalle mie tasche. Dall’inizio della mia gavetta, mi sono imposto di evitare di sprecare, sia soldi, sia materiali. Sorrido pensando a una canzone dei Bran Van 3000, che io adoro, “Problems”, che cita la “poetry of poverty”… sembra strano, ma c’è una forma di poesia nella povertà. Ti ringrazio dell’aggettivo che hai scelto, è come se avessi letto ciò che ho sempre pensato. Che poi la scelta di materiale “umile” influisce anche per esempio sull’arcobaleno dei colori: quale colore puoi definire brutto? Anche un marrone può essere bello. I primi cinque abiti sono monocromatici, gli altri un trionfo di fiori, righe, quadretti. Ho voluto presentare abiti in cinque toni del rosso, dall’arancio al violaceo, al mattone finale. Quei primi cinque abiti volevano essere… immagina un’orchestra: ecco, gli archi che si accordano, all’inizio.
Giusto ricordare che la serata di Ethical Code ha ospitato anche il progetto Saman, e-shop a favore delle donne vittime di violenza nel mondo.
Insieme, etica ed estetica rinascono a nuova vita, esattamente come le farfalle lasciate libere di volare via dai bozzoli della seta ahimsa. Così, la moda etica ha dato spettacolo, sì. Lo spettacolo della vita.
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