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Salvatore Pepe. La bellezza della digital street art salverà le periferie
Come dare nuova vita alle periferie? Come riqualificarle davvero? Salvatore Pepe, fondatore di Mosaico Digitale, non ha dubbi: serve la digital street art.
L’antica arte del mosaico incontra la tecnologia per riqualificare le periferie con servizi di IoT, “l’internet delle cose”. È l’idea rivoluzionaria di Salvatore Pepe, amministratore delegato e fondatore di Mosaico Digitale, piccola start-up che attraverso la digital street art e il progetto Graffiti 4 smart city ha l’obiettivo di trasformare le periferie delle nostre città da non-luoghi isolati, pericolosi e ghettizzati a punti di aggregazione in cui le persone possano sentirsi davvero una comunità. Lo abbiamo incontrato a Rimini, a Ecomondo, e ci siamo fatti raccontare nel dettaglio la sua idea di smart city.
Da dove nasce l’idea Graffiti 4 smart city?
L’idea nasce da una semplice considerazione: la street art ha riqualificato le periferie. Pensiamo ai murales di Keith Haring negli Stati Uniti. Pensiamo al Miami design district, che era in origine un quartiere abbandonato da tutti: quando gli street artist si sono appropriati dei muri, hanno fatto sì che le persone vivessero quegli spazi in modo diverso. Ora è uno dei quartieri migliori della città. La stessa cosa è accaduta a Brooklyn. A Parigi si sta investendo sulla street art, perché è la forma attraverso la quale si riesce, con la bellezza, a cambiare le abitudini e i comportamenti delle persone. Abbiamo pensato che nel XXI secolo, la digital street art potesse rappresentare l’evoluzione della street art, dando ai cittadini dei servizi in più e velocizzando la riqualificazione dello spazio urbano.
Come avete cominciato?
Abbiamo fatto delle prove in giro per il mondo. Il primo “test” si è svolto a Milano, per dimostrare che il nostro approccio con la street art era in grado di determinare davvero dei comportamenti da parte dei cittadini. Durante il Salone del mobile 2018, abbiamo provato a riqualificare un non-luogo in Porta Genova. Lo abbiamo fatto interpretare dal punto di vista estetico da Karim Rashid, un artista internazionale che utilizza la tecnica del mosaico digitale.
In cosa consiste il mosaico digitale?
Il mosaico digitale è una piastrella che ha solo due mm di spessore e pesa 1,2 kg al metro quadrato. Possiamo considerarla come una “decorazione evoluta”. L’artista ci invia un file digitale ad altissima risoluzione, in cui non solo può interpretare il colore, ma anche la scomposizione dell’immagine, e noi lo realizziamo. Il taglio della tessera non è più manuale, ma avviene attraverso la tavolozza grafica e quindi attraverso dei file vettoriali. L’arte digitale diventa così un prodotto fisico.
Quale risultato avete ottenuto a Milano?
Grazie all’opera d’arte che abbiamo realizzato, questo non luogo è diventato un luogo di aggregazione. Non solo perché si trattava di uno spazio “più bello”, ma anche perché lo abbiamo dotato di servizi di IoT: connessione wifi e applicazioni digitali che fornivano informazioni sul Salone del Mobile in corso e convenzioni con alcuni espositori. Abbiamo raggiunto l’obiettivo: dimostrare che attraverso la digital street art si potevano modificare i comportamenti dei cittadini.
Avete portato la digital street art anche a Matera, Capitale della cultura 2019. In cosa consiste il progetto?
È a tutti gli effetti una mostra itinerante per la città. Siamo stati incaricati di riqualificare 11 spazi abbandonati della città di Matera che saranno interpretati da artisti internazionali, come Oliviero Toscani. Attraverso questo progetto stiamo già “contaminando” altre città. Contemporaneamente a Matera stanno partendo Foggia, Bari, Napoli, Palermo, Milano, Toronto. Abbiamo 27 comuni, nazionali ed esteri, che si stanno interessando al nostro approccio. Il nostro obiettivo è quello di contaminare positivamente tutte le città del mondo: una smart city è tale solo se crea comunità e se è capace di colmare il gap culturale che esiste tra cittadino e tecnologia. Il nostro progetto permette di creare alfabetizzazione digitale tra le persone.
Perché coinvolgere grandi nomi dell’arte internazionale?
L’idea è quella di spingere artisti internazionali a interpretare fotografia e pittura, ma anche a creare forme d’arte originali, utilizzando il mosaico digitale, ma anche la realtà aumentata, la realtà virtuale, la tecnologia 5G. Il muro diventa una finestra che connette le persone non solo in prossimità, ma col resto del mondo. Il muro parla e amplifica il nostro parlare, rendendo le periferie luoghi connessi, sempre più centrali.
Come vengono cambiate le periferie e in generale le città da tutto questo?
Oggi va di moda parlare di periferie smart. Si parla invece solo di nuovi protocolli e di domotica nella città. Non si parla di comunità, che poi è il vero senso della smart city. Senza comunità, senza attenzione ai cittadini, non esiste smart city. Le periferie, oggi, sono aggregazioni di edifici. Le persone, dietro le loro grate, sono come murate, imprigionate, hanno paura, non conoscono i propri vicini. Il nostro obiettivo è trasformare questi non-luoghi, renderli abitati, frequentati, posti dove le persone non solo ricevono servizi digitali, ma iniziano a parlare tra loro, si conoscono, creano comunità.
Avete vinto anche un premio, per il vostro approccio…
Sì, si tratta del Best Iot Application nel settore del 5G che abbiamo vinto a Dubai. Noi, piccola start-up, abbiamo vinto contro competitor molto più importanti, le multinazionali della telefonia. Si è trattato del più grande complimento che potessimo ricevere, anche come riconoscimento dell’abilità italiana di unire campi diversi, come appunto la tecnologia e l’arte, che insieme possono sicuramente aggregare e stimolare comportamenti più sani. Come si dice, la bellezza (digitale) salverà il mondo. Noi ci crediamo.
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