Roberta Redaelli, nel suo saggio Italy & Moda, raccoglie le voci del tessile. E invita il consumatore a fare scelte che lo spingano alla sostenibilità.
Perché serve una nuova moda circolare
Ormai è un dato di fatto che il futuro della moda sarà circolare e che il consumo collaborativo vivrà un boom nei prossimi anni: è in corso una rivoluzione che sta trasformando il vestire contemporaneo.
La nostra economia industriale si basa su un modello lineare di consumo delle risorse: tale modello porta ad elevate quantità di rifiuti, ad ingenti danni agli ecosistemi e ad una maggiore esposizione ai rischi per le aziende. Questi effetti negativi sono enfatizzati dalle tendenze demografiche prospettate a livello mondiale: un rapporto del McKinsey global institute stima che entro il 2030 ci saranno 3 miliardi in più di consumatori di classe media nell’economia globale. Purtroppo la produzione di abbigliamento sta aumentando mentre l’utilizzo da parte dei consumatori si sta riducendo. Questo trend deve cambiare con urgenza, prima che sia troppo tardi.
Gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite per l’economia circolare
Gli Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable development goals) come elemento sostanziale dell’Agenda 2030 sono 17 obiettivi globali definiti dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite nel 2015, che fissano i risultati da raggiungere entro il 2030. Ogni obiettivo è definito ad ampio raggio ed è interdipendente; a ciascuno di essi è legata una lista di risultati tangibili, misurabili con indicatori. L’economia circolare è particolarmente promettente per realizzarne molteplici, in particolare il numero 6 relativo all’acqua, il 7 relativo all’energia; 12 per il consumo e la produzione sostenibili, 13 per i cambiamenti climatici; 14 per gli oceani e 15 per la vita terrestre.
Cosa significa moda circolare
Un sistema economico può essere definito “circolare” quando prodotti e servizi vengono scambiati in un ciclo chiuso, creando un circolo virtuoso in grado di prosperare e rigenerarsi. La Ellen MacArthur foundation, principale riferimento in tema di economia circolare nella moda, parla di un’economia che mira a ridefinire la crescita, concentrandosi sui vantaggi per l’intera società: il principale strumento per raggiungere questo importante obiettivo è il graduale allontanamento dal consumo di risorse scarse. La circolarità nella moda si può esplicitare in tanti modi, ad esempio il riciclo delle fibre o dei tessuti rimasti invenduti, oppure il consumo collaborativo. Sono tanti gli esempi di aziende che hanno già intrapreso questo percorso.
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Il riciclo delle fibre o dei tessuti
Patagonia è l’azienda moda con un approccio alla sostenibilità a 360 gradi. Tra le varie attività, nel 1993 l’azienda statunitense è stata la prima nel segmento dell’abbigliamento outdoor ad adottare il fleece realizzato con bottiglie di plastica riciclate. L’azienda ricicla bottiglie di soda usate, tessuti di seconda scelta inutilizzabili e capi dismessi (tra cui quelli Patagonia) per trasformarli in fibre di poliestere per produrre altri capi.
Uno dei vantaggi dell’utilizzo di poliestere riciclato è la riduzione della dipendenza dal petrolio come fonte di materie prime, evitando gli sprechi e quindi l’utilizzo delle discariche, riducendo le emissioni tossiche degli inceneritori e aiutando a promuovere un nuovo sistema di riciclaggio per i capi in poliestere non più utilizzabili.
Ecoalf è un altro esempio di azienda moda circolare. Il marchio spagnolo lavora con 3,000 pescatori in giro per il mondo raccogliendo più di 400 tonnellate di rifiuti dagli oceani riciclando più di 120 milioni di bottiglie di plastica, 100 tonnellate di reti da pesca sviluppando più di 300 tessuti riciclati da diversi tipi di rifiuti.
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Progetto Quid è invece un’impresa sociale che offre un’opportunità di lavoro sicuro a persone vulnerabili — soprattutto donne — che hanno combattuto e superato situazioni difficili a livello personale o sociale come le vittime di violenza o di tratta, persone con disabilità oppure che hanno lottato con l’alcolismo o stupefacenti, ex detenuti e migranti che cercano asilo o nuove opportunità in Italia.
Le creazioni di Quid sono realizzate a partire da tessuti rimasti inutilizzati nello stock dei magazzini. Nel 2018 il brand è stato in grado di prolungare il ciclo di vita e mantenere il valore di oltre 300mila metri di tessuto grazie a una rete di 20 produttori e marchi tessili che hanno supportato il brand in questo processo di riciclo.
Il consumo collaborativo nella moda
Come già raccontato in un altro editoriale, molte aziende hanno applicato la logica dell’economia collaborativa alla moda, avviando il fenomeno definito Collaborative fashion consumption (Cfc). Il Cfc promuove un modello di fruizione della moda in cui i consumatori, invece di acquistare capi di abbigliamento, hanno accesso a capi già esistenti mediante donazioni, scambi, acquisto di capi di seconda mano o attraverso condivisione, prestito, affitto o noleggio. L’aumento di aziende e start-up dedicate all’offerta di affitto e vendita di capi usati e vintage ci induce a leggere un percorso chiaro: la moda sta andando dal prodotto al servizio.
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Eileen Fisher è un’azienda statunitense che, grazie al programma Renew di take-back, prevede la vendita di capi usati ancora in perfette condizioni, oppure la trasformazione di capi danneggiati in cuscini o arazzi.
Mud jeans è un altro esempio di moda circolare che sta sostenendo il consumo collaborativo. Dal 2013 i clienti possono noleggiare i jeans per il tempo desiderato – con servizio di riparazione gratuito incluso – oppure possono scambiarli con un nuovo paio dopo un periodo di noleggio della durata di un anno.
Il supporto delle tecnologie 4.0
Circolarità e consumo collaborativo, insieme a tracciabilità e trasparenza, stanno trasformando radicalmente i modelli di business del settore moda. Alcune imprese, quelle nate con la sostenibilità nel loro dna, sono già delle buone pratiche; altre aziende, quelle che non sono nate con la sostenibilità nella loro mission, si stanno gradualmente interessando a questi nuovi modelli di business, supportando direttamente le start-up circolari o facendole crescere attraverso partnership con programmi di incubazione o accelerazione.
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Certamente la strada da percorrere è ancora lunga ma in questi anni, guardando verso il 2030, il settore moda sta vivendo una fase di forte cambiamento, anche grazie al supporto tecnologico alla circolarità. Le cosiddette “tecnologie 4.0”, in primis blockchain, intelligenza artificiale e Iot (Internet of things), saranno i veri catalizzatori di questa rivoluzione che sta trasformando il vestire contemporaneo.
Immagine di copertina: illustrazione di Francesca Mariani
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