Mentre in Francia entra in vigore la legge che regola l’uso dei dispositivi tecnologici e degli smartphone a scuola, in Italia, dove vige già il divieto, il dibattito resta aperto.
Il dibattito sull’opportunità di consentire – e in che termini – l’utilizzo di tablet, pc e smartphone a scuola prosegue sia nel nostro Paese che all’estero e trova ora nuovi punti di confronto. È notizia recente, infatti, che in Francia sia entrata in vigore all’inizio di settembre la legge che regolamenta l’uso di device tecnologici a scuola. Precisamente il divieto riguarda gli studenti dai 6 ai 15 anni, ovvero dell’ école primaire e del collège (corrispondenti alla nostra scuola primaria e secondaria di primo grado, che in Francia dura quattro anni).
Bisogna però precisare che la metà delle scuole francesi vietava già l’uso del cellulare attraverso i propri regolamenti interni e che anche il codice dell’Educazione aveva introdotto il divieto di telefonare durante le lezioni dal 2010. La nuova norma verrebbe dunque a regolare la situazione negli istituti ancora privi di regole interne.
Cosa dice la legge francese
Questa legge fa seguito a una promessa elettorale del presidente Emmanuel Macron e ha ricevuto in Francia un forte sostegno da parte dei genitori e di molti insegnanti, intenzionati ad agevolare in questo modo l’attenzione de ragazzi e l’interazione tra compagni. Ma è importante sottolineare come essa vieti l’uso degli smarthpone per telefonate, messaggi e altri usi, lasciando però un’apertura agli usi educativi e pedagogici dei device, eventualmente stabiliti dagli insegnanti. La legge fa riferimento, infatti, a una guida per l’educazione digitale che contiene i dettagli utili sui progetti educativi, basati sulla sperimentazione Avec: Apportez Votre Equipement personnel de Communication, ovvero “porta il tuo strumento di comunicazione personale con te”. Lo stesso concetto espresso dal programma Byod (Bring Your Own Device), proposto anche qui in Italia a inizio 2018 dalle linee guida elaborate dall’ex ministro Valeria Fedeli, ma non ancora operative.
Smartphone a scuola: la situazione in Italia
Tornando all’Italia, dove secondo una recente ricerca di Save the Children, il 97% dei ragazzi tra gli 11 e i 17 anni possiede un dispositivo connesso a internet, resta per ora in vigore quanto stabilito da una circolare del 2007 dell’allora Ministro Giuseppe Fioroni, che di fatto vieta l’uso in classe dei telefoni cellulari sia agli studenti che agli insegnanti. All’inizio del 2018 sono state però diffuse delle linee guida sull’argomento, realizzate dalla commissione nominata dall’ ex ministro dell’istruzione Valeria Fedeli, che sdoganano l’uso dei dispositivi digitali in classe. Il programma (il Byod di cui si accenava sopra) è stato riassunto in dieci punti, che chiariscono subito il punto di vista usato e l’approccio: “Bisogna insegnare a usare bene e integrare nella didattica quotidiana i dispositivi, anche attraverso una loro regolamentazione. Proibire l’uso dei dispositivi a scuola non è la soluzione. A questo proposito ogni scuola adotta una Politica di Uso Accettabile (PUA) delle tecnologie digitali”. Quindi (e ovviamente) non un invito a chattare e utilizzare liberamente i telefoni durante le lezioni, ma a integrare i device in modo costruttivo e sotto la guida degli insegnanti.
Lo stesso concetto espresso dalla sperimentazione Avec, prevista dalla legge francese e in sintonia con l’impulso dato anche dall’Unione Europea alle competenze digitali a scuola.
Cosa succede all’estero
La normativa francese ha riacceso dunque i riflettori su un tema caldo a livello globale, ma dove ogni governo sta mettendo in atto approcci diversi. Restando in Europa, per esempio, sappiamo che in Gran Bretagna ogni scuola stabilisce le sue regole, mentre la Danimarca sta esaminando un approccio simile a quello della Franica, senza però avere l’intenzione di trasformarlo in legge. Spostandoci negli Stati Uniti, e precisamente a New York City, aveva fatto notizia (tre anni fa) la decisione del sindaco Bill de Blasio di revocare un divieto dell’uso dei cellulari a scuola messo in atto dal suo predecessore, Michael Bloomberg. In quel caso, la decisione era stata fortemente influenzata dalla cronaca e dal fatto che, durante i tragici episodi delle sparatorie a scuola, gli studenti avevano spesso usato i loro telefoni per chiamare il 911 e fare segnalazioni in tempo reale.
Educare ad un uso corretto di smartphone e social network
Il tema interessante dunque non è tanto quello del divieto dei device a scuola, quanto quello di regolamentare e fornire ai giovani gli strumenti giusti per usarli consapevolmente, evitando i rischi connessi. Un nodo cruciale in un Paese come la Francia, dove circa il 93% dei bambini di età compresa tra 12 e 17 anni possiede un telefonocellulare (secondo i dati del governo francese e degli istituti di ricerca del 2016 e del 2017), e dove quasi due terzi degli studenti delle scuole secondarie frequenta già i social network. Il tentativo di arginarne e la fruizione, soprattutto in contesti scolastici, si lega dunque anche a problematiche derivanti dall’uso smodato e irresponsabile di degli stessi, come il cyberbullismo e forme di dipendenza vera e propria.
Come spiegato da Jean-Philippe Lachaux, neuroscienziato dell’Istituto nazionale per la salute e la ricerca medica, l’uso degli smartphone, infatti, farebbe aumentare la produzione di dopamina: “Lo stesso sistema che è implicato nelle dipendenze e nella droga. Il problema con il telefono è che riduce tutte le sensazioni a ciò che vedi e il corpo scompare. Il mondo è molto ridotto.”
A Piacenza la prima scuola italiana senza cellulare
Nel frattempo ha fatto notizia la decisione di una scuola paritaria di Piacenza, il liceo scientifico-sportivo San Benedetto, di adottare, a partire dallo scorso settembre, un sistema in grado di impedire in toto agli studenti l’uso del cellulare durante le lezioni, inclusa la ricreazione. Si chiama Yondr, arriva dall’America, e altro non è che una piccola sacca che può essere ermeticamente sigillata dall’insegnante all’inizio delle lezioni e sbloccata alla fine (con meccanismo tipo anti-taccheggio). “Siamo la prima scuola phone free d’Italia”, ha sottolineato il preside Fabrizio Bertamoni, “Le ricerche hanno dimostrato che la semplice presenza di cellulari nelle aule può avere un’influenza negativa sulla performance degli studenti. Il nostro obiettivo è incoraggiarli a relazionarsi tra loro: anche a scuola il rischio è che si isolino dietro ai loro telefonini”.
Ora resta da vedere quale sarà la posizione del nuovo governo e del neo ministro dell’istruzione Marco Bussetti sull’argomento e se proseguirà o meno nella direzione presa con le linee guida del precedente ministro o intraprenderà piuttosto una strada simile a quella presa dalla scuola piacentina.
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