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Socially made in Italy, quando l’alta moda italiana è fatta a mano dalle detenute
Socially made in Italy è una comunità che tra etica, moda e diritti umani vede protagonisti i marchi dell’alta moda e le cooperative sociali che si occupano d’inserimento lavorativo con l’obiettivo di valorizzare il lavoro artigianale delle detenute all’interno di undici carceri femminili italiane. Cos’è Socially made in Italy Progetto della cooperativa sociale Alice che si occupa di formazione
Socially made in Italy è una comunità che tra etica, moda e diritti umani vede protagonisti i marchi dell’alta moda e le cooperative sociali che si occupano d’inserimento lavorativo con l’obiettivo di valorizzare il lavoro artigianale delle detenute all’interno di undici carceri femminili italiane.
Cos’è Socially made in Italy
Progetto della cooperativa sociale Alice che si occupa di formazione e reinserimento al lavoro di persone svantaggiate, Socially made in Italy è nato per incoraggiare e accompagnare le aziende che vogliono trasformare le loro marche in social brands, cioè in cui l’impegno sociale è un elemento strategico della produzione. Guidato dalla project manager Caterina Micolano e dalla social impact manager Luisa Della Morte, è un network che collega aziende visionarie con designer e laboratori sartoriali e di altre tecniche artigianali come tessitura, pelletteria, feltro e serigrafia avviati nelle sezioni femminili dei penitenziari italiani. Li unisce un’unica visione: un ideale di bellezza sociale oltre che estetica, per dare ai prodotti di alta gamma del made in Italy una precisa identità e connotazione sociale.
I laboratori nelle carceri
In undici istituti penitenziari italiani sono stati creati laboratori artigianali di eccellenza che impiegano donne detenute alle quali è stata fornita una formazione professionale specifica: serigrafia a Venezia; sartoria a Milano-Bollate, Genova-Pontedecimo, Roma-Rebibbia, Palermo e Brescia; pelletteria a Monza e Vigevano; tessitura artigianale a Milano-San Vittore; feltro a Catania. A sostenere il progetto sono esponenti del made in Italy, dell’alta moda italiana e del lusso che sono anche i docenti dei corsi formativi e mentori all’interno dei laboratori. Nell’immediato il lavoro è uno strumento per produrre reddito per le detenute ma ha un significato ancor più profondo per il loro futuro fuori dalle mura carcerarie: offre la possibilità di acquisire quel senso di dignità, amore, attenzione, cura e della bellezza che il “ben fatto” sa generare.
I progetti con social brands
In collaborazione con Carmina Campus, il marchio di accessori moda di Ilaria Venturini Fendi, Socially made in Italy ha realizzato mille shopper per l’edizione 2016 del Milano design film festival, create dalle detenute delle carceri milanesi di Bollate e San Vittore usando scampoli tessili.
Un’altra progetto è quello con Alisea, azienda vicentina inventrice di Perpetua, la matita realizzata interamente con gli scarti della grafite riciclata, per la realizzazione di G-Case. Disegnato da Marta Giardini, è un contenitore stampato con G-ink, un innovativo inchiostro non inquinante che utilizza polvere di grafite recuperata dai processi di produzione industriale.
Leggi anche: Atlante italiano del lavoro in carcere
“Abbiamo alcuni laboratori che hanno raggiunto gli standard qualitativi e competitivi del migliore made in Italy – racconta Caterina Micolano –, diventando vere e proprie risorse a disposizione del mercato a prescindere dal fatto che siano collocati all’interno di istituti penitenziari. L’unione tra mondi apparentemente lontani, quello dei luxury brand e dell’impresa sociale, se re-interpretati in chiave non caritatevole e assistenzialistica ma produttiva, può restituire nuovo senso e vigore anche all’economia, rendendola più attenta agli altri e all’ambiente, senza perdere efficienza ed efficacia”.
La certificazione Sigillo
Il sistema produttivo coordinato da Socially made in Italy è certificato dal marchio Sigillo del ministero della Giustizia che attesta il rispetto dei contratti sindacali di categoria e garantisce l’impatto socialmente utile dell’intervento lavorativo. Sigillo è la prima agenzia nazionale di coordinamento dell’imprenditorialità delle donne detenute e un nuovo modello di economia sostenibile. È il marchio del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (Dap) con cui si certificano la qualità e l’eticità dei prodotti realizzati all’interno delle sezioni femminili di alcuni dei più affollati penitenziari italiani. A gestirlo è un’agenzia dedicata che ne cura le strategie di prodotto, comunicazione e posizionamento sul mercato in una vera e propria logica di brand: una novità assoluta e innovativa per progetti di intervento sociale da parte della pubblica amministrazione.
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