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L’uomo che fa cantare il ghiaccio nello studio di registrazione più freddo al mondo
Il compositore e musicista norvegese Terje Isungset ha invitato il fotografo Emile Holba a documentare la realizzazione del suo settimo album, Meditations. Tutto normale, se non fosse per gli strumenti interamente di ghiaccio artico utilizzati da Isungset e per la località dello studio di registrazione: l’isola di Baffin nel Nunavut, il territorio più settentrionale e
Il compositore e musicista norvegese Terje Isungset ha invitato il fotografo Emile Holba a documentare la realizzazione del suo settimo album, Meditations. Tutto normale, se non fosse per gli strumenti interamente di ghiaccio artico utilizzati da Isungset e per la località dello studio di registrazione: l’isola di Baffin nel Nunavut, il territorio più settentrionale e vasto del Canada. Come se non bastasse, le registrazioni sono avvenute nel periodo più freddo dell’anno, con temperature fino a -56º.
In un appassionante reportage per il magazine Roads & Kingdoms, Holba descrive il rapporto di collaborazione di lunga data con Terje Isungset fino a quest’ultima, epica avventura. I due hanno lavorato per una settimana in condizioni climatiche estreme, con l’aiuto della comunità qallunaat (i bianchi che qui, dopo gli inuit, hanno scelto una vita isolata ed essenziale) per l’estrazione e la lavorazione del ghiaccio.
Isungset, musicista dall’età di otto anni, è uno dei percussionisti jazz più innovativi d’Europa. Dalla fine degli anni Ottanta crea i propri strumenti con elementi naturali quali la betulla artica, il granito, l’ardesia e il ghiaccio. “La voce del ghiaccio è incantevole”, dice. L’idea per il suo progetto Ice Music è sorta nel 1999 dopo aver suonato sotto una cascata ghiacciata a Lillehammer, che lo ha portato a organizzare il primo Ice Music Festival nel 2006.
Una volta raccolto, il ghiaccio viene scolpito sul luogo della registrazione o della performance fino a trasformarsi in strumento musicale. Lo spessore del ghiaccio determina l’intonazione e il tono, mentre microfoni specifici aiutano ad amplificare i volumi altrimenti molto bassi. “Non posso sapere come suonerà lo strumento, è lui a decidere. Io lo devo ascoltare”, racconta Isungset in un’intervista video.
Ma non tutto il ghiaccio è uguale. Isungset precisa che quello presente in natura ha una gamma sorprendentemente dinamica di frequenze sonore e, se sfruttato correttamente, produce musica melodica ed eterea. Il ghiaccio industriale, al contrario, non ha suono.
Per Meditations, Holba spiega com’è stato improvvisato lo studio di registrazione esterno: “La camera di controllo era composta da due ingegneri seduti nella parte anteriore di una 4×4, con l’apparecchiatura audio sui sedili posteriori e il motore sempre acceso per non congelare. Abbiamo registrato sessioni da 10 minuti per volta, per poterci riscaldare e verificare che non ci fossero errori nella cattura dell’audio”.
Terje ripete che per lui è un grande onore poter fare musica con la risorsa più importante del mondo, l’acqua. Il suo obiettivo è riuscire a evidenziare gli effetti del cambiamento climatico attraverso le registrazioni con il ghiaccio dalle zone congelate di tutti e sette i continenti.
Immagine di copertina: Terje Isungset © Emile Holba
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