Giunto alla sua sesta edizione, il festival Terraforma riceve il suo primo riconoscimento internazionale per la sostenibilità e diventa plastic free.
Terraforma, come fa un festival di musica a diventare sostenibile
Piccoli e grandi festival musicali di tutto il mondo sono sempre più consapevoli dell’importanza di diventare sostenibili fino ad evolversi, nei casi migliori, in veri e propri laboratori per le innovazioni ambientali. Dal We Love Green di Parigi agli inglesi Glastonbury e Sunrise Celebration, passando per i californiani Lightning in a Bottle e Coachella, si
Piccoli e grandi festival musicali di tutto il mondo sono sempre più consapevoli dell’importanza di diventare sostenibili fino ad evolversi, nei casi migliori, in veri e propri laboratori per le innovazioni ambientali. Dal We Love Green di Parigi agli inglesi Glastonbury e Sunrise Celebration, passando per i californiani Lightning in a Bottle e Coachella, si stanno un po’ tutti attrezzando per promuovere iniziative virtuose sulla sostenibilità e ridurre il proprio impatto sul territorio. In Italia, immerso nel verde di Villa Arconati-FAR appena fuori Milano, il festival internazionale di musica Terraforma dal 2014 attira migliaia di partecipanti con cui ha avviato un percorso di sensibilizzazione alle tematiche ambientali e, negli ultimi due anni, anche di inclusione sociale.
Minor impatto sull’ambiente nel futuro dei festival musicali
Un rapporto pubblicato nel 2016 da Powerful Thinking, un think tank dedicato all’energia sostenibile per i festival, evidenzia come l’impatto ambientale dell’industria dei festival sia ancora troppo elevato: soltanto nel Regno Unito, ogni anno oltre 3 milioni di spettatori frequentano festival musicali, producendo in media 23.500 tonnellate di rifiuti e consumando 5 milioni di litri di benzina per i trasporti.
Terraforma, ideato da un gruppo di trentenni amanti della musica e della natura, ha sviluppato con la Fondazione Augusto Rancilio un progetto per valorizzare, bonificare e riqualificare quattro ettari del bosco di Villa Arconati, attraverso la potatura di alberi secolari, la messa in sicurezza di aree verdi e la creazione di strutture ecologiche riutilizzabili. Inoltre, in collaborazione con Etica Sgr e con la società di gestione dei Servizi Ambientali A.Se.R, il festival cerca di ridurre il proprio impatto quanto a rifiuti, emissioni, consumi energetici e idrici, e mobilità.
Promozione del trasporto ferroviario, utilizzo di servizi di car pooling e di veicoli elettrici nella gestione degli artisti come per le operazioni di allestimento e disallestimento, sono alcune delle iniziative di Terraforma sulla mobilità. Per la raccolta differenziata, invece, l’organizzazione punta a differenziare e riciclare il 60% del totale dei rifiuti generati contro il 50% del 2017 e il 44% del 2016. Sul fronte energetico, l’ong Liter Of Light ha realizzato un sistema di illuminazione con oltre 50 lampioni interamente alimentati a energia solare, garantendo l’autosufficienza energetica del campeggio e la riduzione dei consumi nelle altre aree del festival. Piccoli ma non meno importanti contributi all’ambiente arrivano anche dalla distribuzione gratuita di posaceneri portatili e saponi biologici ai campeggiatori, oltre all’uso di piatti e stoviglie biodegradabili e di bicchieri compostabili nelle aree di ristoro.
Le strutture architettoniche sono state rinnovate affiancando architetti, studenti del Politecnico di Milano e richiedenti asilo. Questi ultimi, in collaborazione con Etica Sgr e con la cooperativa sociale LPK, sono stati coinvolti nei workshop di falegnameria e architettura che hanno preceduto il festival. Per loro, non solo un’occasione di lavoro retribuito con attestato di frequenza, ma anche un momento di integrazione e formazione professionale in tempi politici particolarmente difficili sul piano dell’immigrazione. Tutte le attività di Terraforma, che partecipa al concorso A Greener festival Award, sono monitorate dall’associazione no profit A Greener Festival, che aiuterà il festival a migliorare le pratiche virtuose in termini di sostenibilità.
Due palchi e un labirinto per la musica di Terraforma
Per la sua quinta edizione dal 29 giugno al 1 luglio Terraforma, con il supporto di Borotalco, ha riprodotto un labirinto di siepi come da modello originale rinvenuto in una mappa del 1743 di Villa Arconati disegnata da Marc’Antonio Dal Re. In tre anni sono stati piantati oltre 500 esemplari di carpino, per formare un percorso di cinque cerchi concentrici. Al centro del labirinto si svolgeranno performance artistiche, come quella nel giorno inaugurale del duo Plaid con le Felix’s Machines tra suoni, luci e movimenti meccanici.
[vimeo url=”https://vimeo.com/269596231″]Video Cano Cristales[/vimeo]
Tra gli artisti che si esibiranno sul palco principale, al soundsystem e nel labirinto di Terraforma, particolare riguardo è rivolto a Jeff Mills da Detroit, visionario della musica elettronica ispirato ai misteri del cosmo tanto da collaborare con la Nasa. E per restare in ambito celeste, un planetario temporaneo ospiterà un’installazione sonora dell’etnomusicologa e compositrice Caterina Barbieri votata a indurre un senso di estasi, trance e contemplazione. Ma attenzione anche ai suoni emergenti di Lanark Artefax, la cui musica è diventata sigla del nostro programma The Bridge.
Molto atteso è il prodigioso percussionista iraniano Mohammad Reza Mortazavi, più conosciuto nell’ambito della musica tradizionale e folk persiana, ma capace di creare ritmi primordiali ipnotici con i suoi tombak e daf (con cui condurrà anche un workshop) per scuotere il pubblico più danzereccio. E poi Nkisi, produttrice congolese di musica elettronica emigrata in Europa, dove con il suo movimento ed etichetta discografica rappresenta artisti africani che, come lei, sono dovuti scappare per sopravvivere, per potersi esprimere attraverso suoni contemporanei e per lottare contro retaggi post-coloniali. La giapponese Powder, invece, porta con sé la storia di una schiava moderna in un’azienda tech di Tokyo che riversa i suoi sogni in musica. Ci sono infine alcuni artisti, come il polistrumentista Daniele De Santis, che riciclano vecchi componenti elettronici guardando alla sostenibilità anche nella produzione di musica elettronica.
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