In Piemonte, a pochi chilometri dal confine francese, la Valle Maira offre tutto ciò che chi ama l’autenticità dei territori montani cerca.
Tommaso Lizzi. Il cammino mi ha dato il coraggio di essere me stesso
Camminando per migliaia di chilometri a contatto con la natura, Tommaso Lizzi è arrivato fino al parlamento neozelandese. Per salvare le coste del paese dallo sfruttamento dell’uomo.
Quando è partito per la Nuova Zelanda, mai si sarebbe immaginato che una delle tappe del suo lungo cammino di oltre tremila chilometri sarebbe stata il parlamento di Wellington per dar voce e cercare protezione per uno degli ecosistemi più belli del paese. Eppure Tommaso Lizzi ci è arrivato grazie all’aiuto di persone e di una organizzazione ambientalista che ha incontrato sulla sua strada. Un incontro nemmeno troppo casuale che ha acceso in Lizzi la scintilla e gli ha fatto trovare il coraggio di essere se stesso: cercare di far riavvicinare la nostra specie alla natura, tirar fuori il “selvaggio” che c’è in noi, come direbbe il fotografo francese Yann Arthus-Bertrand. Ecco il suo racconto e un’anticipazione: la prossima sfida lo metterà di fronte ai cambiamenti climatici, una delle minacce più gravi del nostro tempo. Lizzi percorrerà le Alpi e i suoi ghiacciai, sempre meno estesi, attraverso otto paesi. E ognuno di noi potrà essere protagonista insieme a lui (per scoprire come, basta arrivare in fondo).
Quando ti sei avvicinato al cammino per la prima volta, qual è stata la tua prima vera camminata?
La mia prima camminata, di cui ho un ricordo bellissimo, è stata la conquista di una cima delle Dolomiti friulane dove abito, il monte Pramaggiore. Ero piccolo, avevo circa 6 anni. Il primo giorno, insieme ai miei genitori, son partito alla volta del Rifugio Pacherini dove poi abbiamo passato la notte. Il giorno seguente siamo saliti fino in cima a quella che per me, a quei tempi, era la montagna più alta del mondo. Sinceramente non ricordo come sono arrivato fin lassù, ma ho chiarissime nella mia mente le sensazioni che ho provato la prima volta che ho visto gli stambecchi. Sono rimasto affascinato da quegli animali con lunghissime corna arcuate e nodose che si rincorrevano a vicenda, su e giù per un enorme masso. Ancora oggi cammino fin lassù perché mi fa sentire libero.
Perché hai scelto la Nuova Zelanda come meta del tuo primo viaggio di scoperta?
Ho sempre vissuto all’aria aperta, in montagna soprattutto. E fin da piccolo mi sono appassionato alla natura e alle sue sfaccettature. Passavo ore sfogliando l’atlante e mi ricordo che quelle due isole cosi lontane mi colpivano sempre perché erano le uniche totalmente rappresentate in verde. Così appena ho potuto, ho mollato tutto e sono partito. Era l’ottobre del 2012. Arrivato laggiù mi sono reso conto fin da subito che mi sentivo nel mio “habitat” naturale. La Nuova Zelanda è un immenso parco nazionale. Dovunque si volge lo sguardo si distinguono verdi foreste e catene montuose, ma non si è mai a più di 12o chilometri dall’oceano. Una natura incontaminata, conservata e preservata in modo perfetto. Prima di partire mi sono informato sulle camminate che avrei potuto fare dall’altra parte del mondo. Mi sono imbattuto nel cammino di Te Araroa. Un tracciato di circa 3.200 chilometri che attraversa tutta la Nuova Zelanda, da nord a sud. Attraverso catene montuose, immense foreste, laghi e fiumi. Questa è stata la prima mia grande avventura.
Perché hai scelto di camminare e non di correre o andare in bicicletta?
Semplice. Perché camminare è un movimento naturale, qualcosa che facciamo ogni giorno, inconsciamente. Il nostro corpo è fatto per essere in movimento, è fatto per camminare. La cosa che mi spinge a farlo in mezzo alla natura è sentirmi bene e rilassato. È scientificamente provato che camminare faccia bene al corpo e alla mente. Il silenzio della natura unito al movimento corporeo fa sì che il nostro cervello si rigeneri, è più semplice dare un ordine ai nostri pensieri per sentirci avvolti da una sensazione di benessere generale. Quando siamo là fuori, magari in cima ad una montagna o in una foresta, ai bordi di un lago o di un fiume, ci meravigliamo di quanto sia bello e affascinante ciò che vediamo. La meraviglia è quella sensazione che noi uomini di questo secolo abbiamo perso e dobbiamo recuperare. Ho sempre cercato il contatto con il “selvaggio”, ho vissuto in luoghi dove le comunità sono a stretto contatto con la natura. La nostra specie, invece, si è sempre più allontanata ma è nostro dovere continuare a meravigliarci delle bellezze che ci circondano e, nel nostro piccolo, agire per preservarle. Il cammino, più della corsa e della bicicletta, ti permette di godere di quel lusso che oggi, per molti di noi, è utopia: la lentezza.
Il cammino dunque ti dà la possibilità di osservare, non solo di guardare. Questo “vantaggio” come influisce sulla persona, sulle relazioni, sul suo modo di essere?
Una cosa che ha fatto crescere il “selvaggio” che è in me è la possibilità di “toccare con mano” la natura vera e propria, la possibilità di sentire le voci della foresta, imparare a viverla, imparare da lei. Ricordo la prima volta che, dopo un mese a piedi, ho accettato un passaggio in macchina per raggiungere un supermercato; guardavo fuori dal finestrino e vedevo tutto sfrecciarmi davanti agli occhi, non distinguevo gli alberi che vedevo, non sentivo l’odore del sottobosco che spariva alle mie spalle. C’era come una barriera tra me e quella foresta. Vedendo le cose da quella prospettiva è difficile riscoprire la meraviglia di cui parlavo. Forse è impossibile. La lentezza, però, è un valore anche nella gestione dei rapporti umani perché si ha la possibilità di raccontare e descrivere una cosa per come lo è realmente, dopo averla osservata e compresa. Capire cosa ci circonda aiuta a capire noi stessi. Chi siamo, cosa facciamo, perché lo facciamo. Essere se stessi nel rapporto con un’altra persona è alla base della relazione stessa.
Cosa ti sei portato a casa dalla Nuova Zelanda?
La Nuova Zelanda mi ha permesso di fare qualcosa di buono per la Terra. Ho sostenuto battaglia di un’associazione che si chiama Kasm, Kiwi against seabed mining, e si batte per la tutela delle coste e dell’oceano che bagna l’isola del Nord. Sono spiagge di sabbia nera per la presenza di ferro, per questo viene chiamata iron sand (sabbia di ferro). Alcune multinazionali europee avevano avuto il via libera dal governo per l’esplorazione del territorio intorno all’isola in cerca di eventuali siti dove costruire piattaforme per l’estrazione del ferro. Attività che avrebbe distrutto l’ecosistema naturale delle spiagge e dell’oceano in pochissimo tempo. Tra l’altro in quelle acque vive una specie di delfini a rischio estinzione. Kasm, con la collaborazione del Partito dei verdi, attualmente all’opposizione e uno dei partiti ambientalisti più influenti al mondo, è riuscita a indire un referendum popolare e dopo due anni ha vinto la battaglia: nessuno potrà installare piattaforme per l’estrazione del ferro su quelle coste. Così, nel mio piccolo, parlando con la gente, pubblicando articoli sulla stampa locale, ho contribuito alla vittoria di questa battaglia. Ed è ciò che vorrei continuare a fare.
Il 2016 è l’Anno del cammino in Italia. Cosa vuoi dire alle persone che si vogliono avvicinare al cammino? Una finta messa in guardia.
È un’occasione per passeggiare alla scoperta di posti nuovi o già visitati. Ci sono cammini per tutti, da due ore, due giorni, due settimane, persino due mesi. In ogni caso, si vive l’esperienza giorno dopo giorno. Si sente molto parlare di viaggi alla ricerca del proprio io. Io non sono molto d’accordo con questa definizione. Credo che ognuno di noi conosca già se stesso. Quello che davvero andiamo cercando non è “noi stessi”, piuttosto è “il coraggio di essere noi stessi”. Il coraggio di vivere e fare scelte che ci facciano stare bene. Una cosa che mi sento di dire, però, è di stare attenti perché iniziare a camminare potrebbe innescare cambiamenti. E non sto parlando delle vesciche sotto i piedi o dell’acido lattico. Il rischio è trovarsi di fronte a un nuovo modo di vivere la vita, un nuovo modo di vedere le cose, più positivo.
Quale sarà il tuo prossimo cammino?
Ho deciso di attraversare tutto l’arco alpino. È una rete di cinque itinerari che attraversano gli otto paesi che si affacciano sulle Alpi: Italia, Slovenia, Austria, Svizzera, Germania, Liechtenstein, Francia e Principato di Monaco. Una bella cavalcata di tremila chilometri sempre intorno ai 2.000 metri di altitudine tra ferrate, pascoli e vallate. Sul mio sito web personale terrò un diario di viaggio con foto e avventure vissute durante il cammino. Invito chiunque a contattarmi per camminare con me, anche solo un paio di giorni. Potrebbe essere una buona occasione per immergersi nella natura. Ah, io parto il 3 giugno.
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