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Perù, assassinata la leader indigena Olivia Arévalo
L’anziana donna, che si batteva per i diritti dei Shipibo konibo dell’Amazzonia peruviana, è stata uccisa a colpi di arma da fuoco nei pressi della sua abitazione.
Gli omicidi dei difensori dei diritti indigeni e dell’ambiente si susseguono ad un ritmo allucinante e sembrano quasi non fare più notizia. La violenza con cui vengono messe a tacere le voci dei paladini degli ultimi e delle foreste non ha limiti e questa volta si è riversata su un’anziana donna. Olivia Arévalo Lomas aveva 81 anni, era una guaritrice e leader dell’etnia Shipibo konibo, gruppo etnico che riunisce diverse comunità native dell’Amazzonia peruviana. La donna si dedicava attivamente alla difesa dei diritti della sua gente e alla tutela delle loro terre ancestrali. Lo scorso 19 aprile Olivia Arévalo è stata assassinata con diversi colpi di pistola nel petto, a poca distanza dalla sua abitazione nel distretto di Yarinacocha, nella provincia di Coronel Portillo, in Perù.
Si cerca il colpevole
L’identità degli assassini è ancora sconosciuta e sono in corso le indagini, le forze dell’ordine starebbero vagliando diverse ipotesi. Secondo i testimoni i colpi sarebbero stati esplosi da un uomo poi fuggito a bordo di una motocicletta.
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Chi era Olivia Arévalo
Olivia Arévalo era, per la sua gente, una maraya, ovvero una saggia, deteneva antiche conoscenze legate alla medicina tradizionale degli Shipibo konibo e ai canti sacri, dichiarati nel 2016 patrimonio culturale dal Ministro della cultura peruviano, in quanto “costituiscono un elemento trasversale della cultura etnica Shipibo konibo e sono espressione del loro rapporto intimo e armonico con la natura”, si legge nella motivazione. Nonostante il prolungato contatto con gli europei e la conversione forzata di molte tribù al cristianesimo, gli Shipibo konibo hanno mantenuto una forte identità tribale, identità che Arévalo ha difeso per tutta la vita.
https://www.youtube.com/watch?v=e3oe7sA9psM”
Gli indigeni chiedono tutela
La Federazione delle comunità native di Ucayali e Affluentes (Feconau) e il Consiglio Shipibo konibo Xetebo-Coshikox, hanno fortemente condannato l’omicidio della donna e hanno chiesto allo stato di tutelare le popolazioni indigene e i loro leader, sottoposti a continue minacce. “Ogni volta che un leader indigeno viene ucciso per difendere il proprio territorio e la propria cultura, il caso resta irrisolto. Non permettiamo che ciò accada anche con Olivia Arévalo”, ha scritto su Twitter Veronika Mendoza, leader del partito politico progressista Nuevo Perù.
Debemos trabajar para garantizar que los pueblos indígenas vivan en libertad, paz y seguridad. La protección de los territorios indígenas y la defensa de sus conocimientos ancestrales son derechos fundamentales que debemos asegurar. #SomosIndígenas #SomosOlivia pic.twitter.com/EtgOuoU7V8
— PNUD Perú (@PNUDperu) 20 aprile 2018
Linciato il sospetto responsabile
Pochi giorni dopo l’omicidio, il 21 aprile, la polizia ha trovato un cadavere sepolto in una fossa poco profonda a circa un chilometro dalla casa di Arévalo. Il corpo apparteneva Sebastian Woodroffe, canadese di 41 anni, e, secondo quanto dichiarato dalla polizia, sarebbe stato picchiato a morte dalla popolazione locale perché ritenuto responsabile dell’assassinio dell’anziana guaritrice. L’uomo viveva nella regione e si crede fosse un paziente della donna. La polizia sospetta, secondo quanto riportato dal Guardian, che il figlio di Arévalo fosse in debito con il canadese. Quali che siano le cause, la morte di Olivia Arévalo rappresenta una perdita irreparabile, era depositaria di un’antica conoscenza ed era tra i principali esponenti della cultura Shipibo konibo. Gli innumerevoli omicidi dei leader indigeni in America Latina, dal Brasile alla Colombia, hanno il sapore acre della pulizia etnica e non possono più essere ignorati.
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