Il clima che cambia sta delineando una nuova geografia del cibo con l’agricoltura chiamata a rispondere alle sfide ambientali e di sicurezza alimentare.
Allarme Ices: merluzzo, nasello e platessa stanno finendo
Il rapporto degli scienziati presentato alla Commissione europea: stop alla pesca, nei nostri mari merluzzo, nasello e platessa si stanno estinguendo.
L‘International council for the exploration of the sea (Ices) è un organismo internazionale per le ricerche scientifiche nel Nord Atlantico. Coordina i lavori di oltre 1.600 scienziati marini dei 19 Paesi che lo costituiscono. A fine ottobre ha fornito nuovi dati scientifici sui mari alla Commissione europea. Ora l’Ices ribadisce l’allarme: zero catture per il merluzzo, per nasello e platessa. Stanno finendo. Il loro numero nelle acque continentali, tra l’Atlantico e l’Irlanda, diminuisce irreversibilmente. Questo è il sommario delle raccomandazioni preliminari Ices.
Area | Dimensioni minime raccomandate degli stock ittici |
Dimensione stimata degli stock nel 2003 |
Parere ICES |
Merluzzo – Mari del Nord e Skagerrak, Canale Est |
150.000 t | 52.000 t |
Zero catture fino a |
Merluzzo – Mare d’Irlanda |
10.000 t | Stock inferiore a 6.000 t nel 2003. Previsione di diminuzione oltre questo livello nel 2004. |
Zero catture fino a stock di almeno 6000 t; poi, attuazione di un piano di limitazione della pesca e recupero per ricostituire stock di 10.000 t. |
Merluzzo – Ovest della Scozia |
22.000 t | 2500 t | Zero catture fino a uno stock di almeno 14.000 t; poi, attuazione di un piano di limitazione della pesca e recupero per ricostituire stock di 22.000 t. |
Platessa – Mari del Nord |
300.000 t | 152.000 t | Attuazione di un piano di limitazione della pesca e recupero per ricostituire stock di 300.000 t. |
Merlango – Mare d’Irlanda |
7.000 t | 1.700 t | Zero catture fino a uno stock di almeno 5.000 t; poi, attuazione di un piano di limitazione della pesca e recupero per ricostituire stock di 7.000 t. |
Nasello – dall’Irlanda al Portogallo |
Stock settentrionali: 140.000 t Stock meridionali: 35.000 t |
Stock settentrionali: 114.100 t Stock meridionali: 16.000 t |
Naselli, stock settentrionali: piano di limitazione Zero catture per i naselli |
Capelan – Mare di Barents |
200.000 t |
Stock 280.000 nel 2003, ma previsione di tracollo a |
Zero catture nel 2004. |
Fonte: ICES 2003
“Stop alla pesca di merluzzo”: la raccomandazione degli scienziati
Gli scienziati hanno fortemente raccomandato di ridurre la pressione della pesca. David Griffith, segretario generale Ices, afferma: “Insieme ad altri stock, i merluzzi nei Mari del Nord, Mare d’Irlanda e della Scozia sono diminuiti costantemente, da molti anni, ne abbiamo dato ripetuti allarmi. Questi stock sono a livelli talmente bassi che alla fine ci siamo risolti a emanare una raccomandazione di ‘zero catture’, per dare loro una tregua. Se verrà data loro la possibilità di ritornare al loro stato precedente, speriamo che in futuro potranno sopportare ancora un’attività di pesca”. Oggi, no. Vediamo gli altri allarmi in dettaglio.
Non solo merluzzo: l’allarme anche su platessa, nasello, anguilla
Platessa. Gli stock di platesse nei Mari del Nord sono prossimi ai livelli minimi storici. La pressione della pesca è troppo alta. Il problema maggiore è che ben l’80 per cento delle platesse vengono scartate dopo essere state uccise, perché pescate insieme alle sogliole, ritenute più pregiate.
Nasello. Vi sono preoccupazioni, occorre un “piano di recupero” in tutta l’area di catture del nasello, e per l’area meridionale “zero catture”. Ci sono altri pesci atlantici per cui l’ICES dice “zero catture”: eglefini, capelan, merlano (pesci simili al merluzzo, impiegati dalle industrie ittiche come filetti o per preparazioni a base di pesce).
E per finire, le anguille. Si calcola che ogni anno vengano pescate un miliardo e mezzo di anguille (500 tonnellate). Anche le popolazioni di anguille sono “pericolosamente vicine al collasso”.
Perché i pesci sono a rischio
Le cause della diminuzione drastica di queste specie di pesci sono diverse: la pesca per l’esportazione da acquacultura (l’allevamento delle anguille dipende da quelle prelevate in mare, non si riproducono in cattività), la pesca per il consumo umano, l’inquinamento e la perdita degli habitat naturali.
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