La popolazione mondiale di pesci migratori d’acqua dolce è stata letteralmente decimata nel corso degli ultimi decenni. Un rapporto curato dal Wwf, dalla World fish migration foundation (Wfmf) e dall’Unione internazionale per la conservazione della natura (Uicn) ha spiegato infatti che il calo è stato pari al 76 per cento, nel periodo compreso tra il 1970 e il 2016.
Secondo le tre organizzazioni non governative, a causare tale gigantesca perdita di biodiversità sono stati principalmente due fattori: da un lato, il degradarsi degli habitat naturali; dall’altro, la pesca incontrollata. Il rapporto ha preso in considerazione infatti 247 specie di pesci, che vivono sia in acque dolci che salate. In media, il calo è stato indicato in un 3 per cento annuo.
Ma non è tutto: i dati indicano che alcune aree del mondo sono state particolarmente colpite dal fenomeno. In particolare, i valori europei risultano i più allarmanti: nel periodo considerato dall’analisi il declino dei pesci migratori è stato del 93 per cento. Il che equivale alla quasi totale scomparsa di tutti gli esemplari. Perdite gigantesche sono state registrate anche in America centrale e ai Caraibi (-84 per cento).
Una specie su tre è ormai a rischio estinzione
Il rapporto inoltre indica che i dati relativi ad Africa, Asia, Oceania e America Latina sono insufficienti per una valutazione. In generale, secondo Wwf, Wfmf e Uicn, “la modificazione degli habitat e la loro perdita rappresenta una minaccia per circa la metà dei pesci migratori”. Il risultato è che, ad oggi, circa una specie su tre è a rischio estinzione. Una situazione che verrà tra l’altro esacerbata dai cambiamenti climatici, dalla proliferazione delle specie invasive e dall’aumento dei tassi di inquinamento, a cominciare da quelli da microplastiche.
Un pomeriggio di confronto sui temi della biodiversità in occasione della presentazione del primo Bilancio di sostenibilità territoriale della Sardegna.
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