Editoriale

Peste suina, facciamo il punto della situazione

La peste suina sta facendo preoccupare gli italiani. Ma cos’è questa malattia e quanto è pericoloso il virus che la trasmette? Rispondono gli esperti.

Un nuovo spettro alimenta gli incubi degli italiani: la peste suina. Già il solo nome evoca malattie mortali, marchi di Caino, untori e pestilenze. Ed è per questo che, in epoca di pandemia, mi è sembrato giusto fare il punto della situazione, visto che la peste suina coinvolge – purtroppo – ancora una volta gli animali incolpevoli. Ecco, quindi, cosa ho scoperto.

peste suina
La peste suina è una malattia molto contagiosa e non esiste vaccino per prevenirla © Pixabay

Cos’è e come si trasmette la peste suina. L’uomo può ammalarsi?

Cominciamo con dire che la peste suina africana non è trasmissibile né all’uomo né agli animali domestici. E, in merito, ho sentito il parere di un’esperta, la dottoressa Chiara Dissegna, medico veterinario, che mi ha spiegato: “Le uniche specie che possono contrarre la malattia sono i maiali e i cinghiali. Si tratta di un virus contagioso e molto resistente, che può resistere nella carne refrigerata e per molti mesi in quella congelata. Lo si può ritrovare nei prosciutti e negli insaccati, inoltre, dopo brevi periodi di stagionatura. Il problema delle carni infette risiede nel loro smaltimento: il virus eventualmente presente negli scarti di cucina lasciati incustoditi in campagna o nelle discariche non controllate può diffondersi nei suini o cinghiali che ne hanno accesso”.

Le responsabilità del settore venatorio: il caso dei cinghiali

“La peste suina africana è una malattia dovuta a un virus, non pericoloso per l’uomo, ma quasi sempre letale per i suini, soprattutto maiali domestici. È molto infettivo e al momento non esistono né cura né vaccino. Il principale e quasi unico vettore è il cinghiale. L’uomo non si ammala, ma può trasportare il virus indirettamente tramite gli oggetti”, le fa eco Mauro Belardi, biologo e presidente della cooperativa Eliante.

“Le conseguenze non sono dunque per la salute umana, ma diventano soprattutto di natura economica. Il virus è stato descritto per la prima volta in Africa, ma recentemente è arrivato dall’est Europa. È giunto anche in Italia, dove ha colpito la Sardegna e si è propagato poi nel resto della penisola, precisamente nelle province di Genova e Alessandria. Non c’è alcun dubbio che la causa della sua diffusione sia legata al fenomeno della caccia al cinghiale, ossia al rilascio legale e illegale di cinghiali da parte di cacciatori e alla loro densità, dovuta al business venatorio. Sul piano zoologico questa malattia, infatti, è il risultato di una popolazione di cinghiale immensa e innaturale e la patologia è una tipica risposta al sovraffollamento”.

peste suina
I maiali da allevamento o allo stato semi brado propagano il virus della peste suina © Pixabay

Che cosa fare per limitare il contagio

Sono i cinghiali e il loro sovraffollamento, allora, il problema della peste suina? “Il virus si diffonde tramite i soggetti malati e le loro carcasse, ma anche grazie a terricci, ai vestiti e sotto le scarpe di chi calpesta deiezioni. Negli allevamenti suini arriva o tramite contatti diretti con cinghiali (maiali allevati allo stato brado) o tramite mangime infetto (per esempio scarti di alimentazione umana, pratica di nutrizione dei maiali in teoria illegale, ma ancora diffusa) oppure portata involontariamente dall’uomo”.

“La caccia al cinghiale e la manipolazione degli animali uccisi al momento rappresentano il rischio più elevato di contagio. Sul lungo termine, la malattia può essere gestita limitando la diffusione e il numero dei cinghiali, soprattutto con attività di repressione sui rilasci illegali. Ma nel breve termine è praticamente obbligatorio sospendere la caccia a questo animale e ogni carcassa ritrovata va rimossa e analizzata. Serve una fitta sorveglianza sanitaria presso le aziende ed eventualmente dovranno essere fatti abbattimenti di maiali infetti. Anche i cittadini possono contribuire segnalando eventuali carcasse di cinghiale alle autorità”, continua Mauro Belardi.

È probabile che dopo questa epidemia di peste suina i cinghiali saranno molto diminuiti e, in questo modo, anche le motivazioni della caccia di selezione potrebbero venire meno. Al momento un’ordinanza di due ministeri congiunti vieta praticamente ogni attività in natura nelle zone colpite (Alessandria e Genova), incluso il trekking. “Questa ovviamente non potrà essere una soluzione quando la malattia si diffonderà ampiamente (cioè presto), anche perché non si può impedire alle persone di camminare in natura quando il rischio non è sanitario, ma solo economico”, conclude Belardi.

“Il problema sta proprio nella estrema trasmissibilità del virus. Persone che vivono in campagna o chi va in cerca di funghi, tartufi o semplicemente a fare trekking, potrebbero entrare in contatto con animali morti infetti o con le loro deiezioni. E il contagio si potrebbe trasmettere per via esponenziale a maiali domestici o allo stato semi brado”, spiega a questo proposito la dottoressa Dissegna.

cinghialetti
La peste suina è arrivata in Italia quest’anno © Pixabay

L’allevamento dei suini in Italia

L’allevamento dei maiali in Italia rappresenta uno dei segmenti principali dell’agroalimentare nazionale sia per la produzione di animali vivi che per l’indotto relativo all’industria di trasformazione. Gli allevamenti suinicoli generano un valore annuo di oltre tre miliardi di euro, pari al 5,7 per cento della quota complessiva realizzata dall’agricoltura nazionale e quasi il 20 per cento di quella del settore zootecnico. La filiera suinicola nazionale è inoltre fortemente specializzata nel comparto della salumeria, il quale realizza un fatturato aggiuntivo di oltre otto miliardi di euro all’anno, con produzioni locali di eccellenza: 21 Dop (Denominazione di origine protetta) e 20 Igp (Indicazione geografica protetta).

La peste suina rappresenta quindi un grosso rischio per tutti gli animali rinchiusi negli allevamenti. La malattia è molto resistente e subdola. Basta pensare, infatti, che il virus può rimanere presente per sette giorni senza ospite. Inoltre, è in grado di rimanere attivo alle temperature di congelamento, così come a quelle molto alte. Si stima che l’onda epidemica abbia una velocità variabile tra i 20 e i 40 km/anno. Numeri che fanno spavento, quindi, e possono giustificare l’allarme degli allevatori.

Tutte le aree di diffusione della peste suina

Globalmente si conoscono oltre venti genotipi del virus della peste suina, ma solo due sono presenti fuori dal continente africano, territorio di provenienza del virus: il genotipo I, limitato alla Sardegna e il genotipo II, responsabile del recente fenomeno epidemico iniziato nel 2007 in Georgia. L’infezione si è poi progressivamente diffusa nell’ex blocco sovietico (Federazione Russa, Moldavia, Bielorussia, Ucraina) e, successivamente, in diversi paesi dell’Unione europea (Polonia, Lettonia, Lituania, Estonia, Ungheria, Repubblica Ceca, Romania, Belgio, Slovacchia, Grecia, Germania) e nei Balcani (Serbia), principalmente attraverso i cinghiali, ma con il coinvolgimento anche di allevamenti di suini domestici.

Più recentemente l’infezione è arrivata in Cina e si è propagata anche in molti altri paesi asiatici. Sulla base dell’indagine epidemiologica, il ministero della Salute italiano ha identificato la “zona infetta” nell’area tra il basso Piemonte e la Liguria, nella quale sono incluse le aree protette dell’Appennino piemontese, e ha imposto prescrizioni sanitarie e limitazioni alla fruizione del territorio tenendo conto che la malattia è trasmissibile attraverso le movimentazioni di animali, persone, veicoli e materiali contaminati (tra cui rifiuti di cucina, scarpe o vestiti, attrezzi zootecnici, ecc.). “Studiando le proteine che compongono il capside virale, ossia l’involucro esterno del virus, alcuni studi sono arrivati a fornire una speranza per la formulazione di un vaccino. La difficoltà principale nella sua preparazione consiste nel fatto che questo virus non sembra scatenare l’attività anticorpale, fattore che viene molto utilizzato per la formulazione di vaccini”, conclude la dottoressa Dissegna.

lupo
Il lupo potrebbe essere un valido aiuto per limitare la diffusione della malattia © Pixabay

Un nuovo sistema alimentare e un nuovo rapporto con la natura

Sempre in tema di peste suina e di prevenzione è utile aggiungere anche il parere della Lav: “La transizione ecologica che auspichiamo per rendere possibile un nostro futuro sul Pianeta deve assolutamente rifondare il sistema alimentare. Immaginare di produrre proteine animali in maniera sempre più intensa e a costi sempre più bassi è il modo migliore per condannarci a un avvenire di malattie, di crisi insormontabili e di libertà negate. Sia da monito il fatto che per arginare i focolai di peste suina 78 comuni in Piemonte e 36 in Liguria stanno chiedendo ai loro cittadini di sospendere attività all’aperto come i trekking”.

Ma è proprio da uno degli abitanti più anziani e longevi del nostro pianeta, il lupo, che può arrivare una possibile soluzione al problema della peste suina. In base alla letteratura scientifica, infatti, sembrerebbe che il grande predatore contribuisca a limitare la diffusione della malattia, consumando animali infetti. Uno studio recente, per esempio, riporta la conclusione che quando i lupi consumano carne di cinghiale positivo per la peste suina africana, il virus non sopravvive al passaggio attraverso il loro tratto intestinale. Inoltre, questi animali possono limitare la trasmissione del virus rimuovendo le carogne infette. Uccidere il lupo o limitarne la presenza potrebbe, in questo senso, aumentare il rischio di propagazione della peste suina. Un diverso rapporto con la natura e con i suoi abitanti diventa perciò fondamentale per il nostro benessere e per la salute dell’ecosistema.

Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.

Licenza Creative Commons
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.

Articoli correlati