I dati emersi dall’ultimo rapporto Ismea, l’ente pubblico che analizza il mercato agro-alimentare, ci obbligano a riflettere sul costo del cibo e su come buona parte del prezzo pagato non arrivi agli agricoltori.
Pesto, firmata la pace
Pesto, firmata la pace Genova – La Nestlé cambia nome al suo basilico e spiana la strada al riconoscimento della dop, denominazione di origine protetta, per quello coltivato in Liguria. Non solo: si impegna a valutare con grande attenzione la possibilità di commercializzare, un domani, il pesto alla genovese che dovrà avere come unici ingredienti
Pesto, firmata la pace
Genova – La Nestlé cambia nome al suo basilico e spiana la
strada al riconoscimento della dop, denominazione di origine
protetta, per quello coltivato in Liguria. Non solo: si impegna a
valutare con grande attenzione la possibilità di
commercializzare, un domani, il pesto alla genovese che
dovrà avere come unici ingredienti lo stesso basilico
ligure, l’olio extravergine di oliva, il parmigiano o il grana
padano, il pecorino sardo o romano, i pinoli e il sale marino.
L’accordo fra l presidente della Regione Liguria Sandro Biasotti e
il numero uno della Nestlé taliana, Vincenzo Miceli,
è stato raggiunto ieri pomeriggio e rappresenta una
clamorosa vittoria per il primo senza essere una sconfitta per il
secondo.
Biasotti salva il futuro di due prodotti liguri in un colpo solo,
perché i nomi Pesto e Sanremo registrati all’Ufficio
comunitario delle varietà vegetali impedivano il
riconoscimento della dop anche per i fiori dell?estremo ponente.
Miceli dimostra che un colosso da mlle interess come la
Nestlé, la più importante azienda alimentare al
mondo, sa e può tutelare se vuole i diritti dei consumatori.
All’incontro di ieri c’erano anche i vertici nazionali della Coop,
rappresentati dal presidente Vincenzo Tassinari, che nella sfida
del pesto hanno giocato un ruolo importantissimo schierandosi senza
esitazione «a favore della qualità »: le Coop
sono il primo cliente della Nestlé e fra i principali di
Barilla e Star, e continueranno a recitare la loro parte.
Nei prossimi giorni Biasotti incontrerà infatti vertici
dell?Associazione italiana industrie alimentari (Aiipa) per
proporre un?intesa: una sola ricetta tradizionale, naturalmente, ma
accorgmenti tecnci per renderla commerciabile. Il principale
problema del pesto è quello della conservazione, «e se
noi vogliamo che sia esportato in tutto il mondo e diventi
ambasciatore della Liguria ? ha spiegato il presidente della
Regione ? dobbiamo garantire che possa durare. Gli esperti mi
assicurano che è possibile». La Regione ha annunciato
poi di voler chiedere anche il ritiro del marchio Genova,
depositato all?Ufficio delle varietà vegetali dai sementieri
tedeschi della Ghg Saaten.
Operazione non facilissima, ma ora la questione sarà
sicuramente vista in un?ottica nuova dal commissario europeo
all?Agricoltura Franz Fischler. Perché la legge europea
consente alle varietà vegetali di essere registrate soltanto
con indicazioni geografiche, e sostenereche Genova sia un nome di
fantasia appare difficile dopo che una multinazionale come la
Nestlé ha deciso di ritirare il marchio Sanremo.
Naturalmente non finisce qui, la sfida del pesto. «Ma intanto
abbiamo evitato una lunga e sempre incerta controversia
giuridica», rifletteva ieri pomeriggio Sergio Maria Carbone,
l?esperto di diritto internazionale reclutato da Biasotti assieme
all?avvocato milanese Fausto Capelli che ha già vinto il
processo Parmesan.
«Ma intanto il fronte ligure è per la prima volta
unito», sottolineavano i dirigenti regionali Maurizio Scajola
(fratello dell?ex ministro dell?Interno) e Marcello Storace. In
effetti. Mercoledì gli agricoltori, produttori e i
consumatori metteranno a punto il famoso disciplinare, la rcetta
base che potrà variare solo in percentuale per garantire la
conservabilità. Con il disciplinare si andrà a Roma e
a Bruxelles. Poi, quando ci sarà un basilico genovese dop e
un pesto genovese igp, la grande industria alimentare potrà
contribuire a valorizzare un prodotto oggi costretto soprattutto
nei confini regionali.
Naturalmente Nestlé, Star, Barilla o altri potranno
continuare a commercializzare vari tipi di pesto, evitando il
riferimento geografico. Quello che ancora ieri, dalle colonne del
Secolo XIX, invocava il ministro delle Politiche agricole Gianni
Alemanno. Il quale ieri sera poteva diramare una nota di
soddisfazione e ribadire ancora una volta come la sfida del pesto
non sia una battaglia di campanile. «Anche nell?epoca della
globalizzazione si può difendere la qualità», e
l?accordo con la Nestlé «potrà essere la base
per un accordo tra le multinazionali e il sistema agroalimentare
italiano». Il pesto, in fondo, è un primo piatto.
Paolo Crecchi
(30 agosto 2002)
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