McDonald’s e Renault dicono addio alla Russia, l’Unione discute sull’embargo al petrolio. L’invasione dell’Ucraina ha sancito anche una guerra economica.
Con l’invasione dell’Ucraina, la Russia ha dato il via anche a una guerra economica.
L’Unione europea non è ancora riuscita a trovare un accordo in merito all’embargo sul petrolio russo.
McDonald’s vende i suoi 850 ristoranti a un acquirente locale, promettendo di salvare i posti di lavoro.
Renault cede la sua divisione in Russia e la sua quota di AvtoVaz: entrambe saranno di fatto nazionalizzate.
Il 24 febbraio, con i primi bombardamenti russi sull’Ucraina, è iniziata una guerra militare e diplomatica. Ma è anche una guerraeconomica. Da subito l’Unione europea e gli Stati Uniti sono stati compatti nell’imporre pesanti sanzioni volte a isolare l’economia di Mosca e colpire gli oligarchi vicini al regime di Vladimir Putin, non senza conseguenze per la popolazione. E le aziende occidentali, presenti da decenni nel paese, hanno battuto in ritirata. Quasi tre mesi dopo, due di esse hanno deciso che l’addio sarà definitivo: una scelta che fa rumore, perché arriva da due pesi massimi del calibro di McDonald’s e Renault. Nel frattempo, l’Unione europea si divide sull’ipotesi di imporre un embargo sul petrolio russo.
Embargo sul petrolio russo, l’Ungheria si mette di traverso
Dopo gli Stati Uniti e l’Arabia Saudita, la Russia è sul terzo gradino del podio dei maggiori produttori globali di petrolio. Fino alla vigilia della guerra, per circa la metà era indirizzato verso l’Europa. Nel 2020 i Paesi Bassi hanno importato 549mila barili al giorno, la Germania 526mila, l’Italia 103mila. Ed è proprio grazie all’export di idrocarburi, e alle misure per sostenere il valore del rublo, che l’economia russa finora è riuscita a reggere.
Russia’s seaborne crude exports from its western ports to Asia have rebounded to more than 1 million barrels a day https://t.co/2dZnymnKJc
L’embargo sul petrolio russo, sulla carta, è una misura capace di cambiare il destino della guerra economica contro la Russia. L’Unione europea però non riesce a trovare un accordo. “Faremo il massimo per sbloccare la situazione, ma non posso garantire che si arrivi ad un accordo perché le posizioni sono abbastanza forti”, ha dichiarato l’Alto rappresentante per la politica estera Ue Josep Borrell il 16 maggio, dopo l’ennesima fumata nera durante le discussioni sul sesto pacchetto di sanzioni contro Mosca.
I began my visit to Brussels to push for the sixth EU sanctions package on Russia which must include an oil embargo. I will also focus on further arms supplies and granting Ukraine EU candidate status. We believe Ukraine deserves an individual and merit based assessment.
A mettersi di traverso è l’Ungheria, completamente dipendente dal greggio russo e impossibilitata anche a rifornirsi via mare, perché priva di sbocchi. Tant’è che la Commissione europea, a un certo punto, ha anche ipotizzato di esonerarla temporaneamente dall’embargo.
L’addio di McDonald’s, simbolo dello stile di vita occidentale
Ci sono alcune immagini che, più di altre, sono passate alla storia perché simboleggiano in modo potente la graduale apertura del blocco sovietico verso il capitalismo. Tra di esse ci sono sicuramente quelle dei cittadini moscoviti che il 31 gennaio 1990, ancora prima dell’alba, si mettevano pazientemente in coda per addentare un hamburger presso il primo fast food aperto da McDonald’s in territorio sovietico. Per la precisione in piazza Pushkin, nel centro di Mosca.
A 32 anni di distanza, McDonald’s in Russia gestisce 850 ristoranti – alcuni dei quali attraverso dei franchising – e dà lavoro a 62mila persone. Un business fiorente che a marzo, dopo l’invasione dell’Ucraina, è stato congelato fino a data da destinarsi. E ora verrà interamente venduto a un acquirente locale. I ristoranti verranno quindi riaperti, ma sotto un altro nome, un altro logo e offrendo un altro menu. Mediante una nota datata 16 maggio, l’azienda statunitense si impegna a far sì che tutti i dipendenti continuino a essere retribuiti finché la transazione è in corso, e che mantengano il loro posto di lavoro anche con la nuova proprietà. A seguito di questa decisione, l’azienda registrerà una svalutazione compresa tra gli 1,2 e gli 1,4 miliardi di dollari.
Le attività di Renault passano allo Stato
Nello stesso giorno dell’annuncio di McDonald’s, la guerra economica contro la Russia si è arricchita di un nuovo capitolo. La francese Renault attualmente ha una divisione in Russia (Renault Russia, appunto) ed è proprietaria del 68 per cento di AvtoVaz, la maggiore casa automobilistica russa. La prima sarà ceduta alla città di Mosca; la seconda a Nami, un istituto di ricerca automobilistica anch’esso pubblico, con la possibilità di riacquisirla entro sei anni. Di fatto, dunque, le due realtà vengono entrambe nazionalizzate.
Nami continuerà a retribuire i dipendenti e manterrà attive le due fabbriche, compresa quella di Togliatti (nei pressi del fiume Volga) dove vengono prodotte le vetture a marchio Lada, molto popolare. Secondo alcune fonti anonime del New York Times, la partecipazione è stata ceduta per la somma simbolica di un rublo.
Si tratta di una scelta che sposta gli equilibri per Renault, visto che la Russia è il suo secondo mercato dopo la Francia e, da sola, rappresenta circa il 10 per cento delle vendite globali. Le attività e gli stabilimenti nel paese valgono, nel loro insieme, poco meno di 2,2 miliardi di euro.
È entrato in vigore l’embargo europeo contro il petrolio russo e un price cap di 60 dollari al barile. L’Ue spera così di diminuire i ricavi della Russia.
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