Il parlamento francese ha approvato una norma che introduce divieti negli usi industriali dei Pfas, benché con alcune esclusioni e deroghe sorprendenti.
L’Assemblea nazionale francese ha approvato una legge che punta a proteggere la popolazione dai rischi legati ai Pfas, i cosiddetti “inquinanti eterni”. Così chiamati poiché non si degradano nell’ambiente e rappresentano di conseguenza una minaccia costante per esseri umani e ambiente. Parliamo di composti poli e perfluoroalchilici: migliaia di sostanze chimiche artificiali, largamente usate dall’industria perché in grado di rendere, ad esempio, i tessuti impermeabili, le padelle antiaderenti e le strutture ignifughe.
Un testo lungamente dibattuto, che segue quelli di Danimarca e Maine
La normativa che la Francia ha introdotto nel proprio ordinamento è stata giudicata “particolarmente ambiziosa”. E ha resistito ai tentativi dei deputati di destra e di estrema destra di bloccarne l’approvazione. “Grazie alla mobilitazione di parlamentari, organizzazioni non governative, scienziati e giornalisti d’inchiesta, il tema che si è talmente imposto nel dibattito pubblico da aver consentito l’approvazione di una delle leggi più ambiziose al mondo in materia di Pfas”, ha commentato il deputato ecologista Nicolas Thierry.
La proposition de loi écologiste sur les PFAS définitivement adoptée : "C'est une immense victoire", se félicite son rapporteur @nthierry. "La politique, si elle reprend sa place, peut protéger le bien commun."#DirectAN#PFASpic.twitter.com/NYyO9aDJRk
Fino ad oggi, va detto, soltanto la Danimarca e lo Stato americano del Maine hanno legiferato sugli inquinanti eterni. In questi due casi, però, si è in realtà andati più in là rispetto alla Francia: si è deciso infatti di imporre un progressivo divieto di impiego di Pfas in tutta una serie di prodotti di uso quotidiano (dai cosmetici all’abbigliamento, dalle calzature agli imballaggi alimentari).
Il divieto francese riguarda cosmetica, tessile (con eccezioni) e sciolina
Il parlamento di Parigi ha optato invece per una versione più limitata del raggio d’azione: la fabbricazione, l’importazione e la vendita di prodotti contenenti Pfas saranno vietate a partire dal 2026, ma soltanto per tre categorie. Ovvero la cosmetica, il tessile per abbigliamento (con una serie di eccezioni come i prodotti per professionisti, fino al 2030) e la sciolina.
Sugli imballaggi alimentari si è preferito rinviare alla regolamentazione europea (che comunque impone in linea teorica una divieto a partire dal 2026). Ma la grande delusione è soprattutto quella legata agli utensili per la cucina: a vincere è stata infatti, evidentemente, la potente attività di lobbying esercitata dal gruppo Seb (principale produttore di padelle antiaderenti attraverso il marchio Tefal).
Victoire à l’Assemblée ! 🏆
Notre texte sur les PFAS a été adopté ! Une avancée majeure contre ces polluants éternels qui menacent notre santé et notre environnement. 🌍✊
Grâce à la mobilisation citoyenne et politique, nous faisons un pas de plus vers une eau et un avenir plus… pic.twitter.com/1d6VKTfWj7
Governo e maggioranza hanno voluto “salvare” il colosso industriale Tefal
Secondo il governo, includere il settore avrebbe significato “uccidere l’industria francese” (secondo le parole di Roland Lescure, ministro dell’Industria nell’aprile del 2024, quando fu approvato in prima lettura un testo che già escludeva il comparto). Meglio, insomma, continuare a inquinare e ad utilizzare sostanze i cui impatti sulla salute umana sono potenzialmente catastrofici.
Importante invece l’introduzione nella legge del principio “chi inquina paga”, che concretamente imporrà agli industriali di sostenere i costi (enormi) delle bonifiche. Il testo indica infatti un pagamento di 100 euro per ogni 100 grammi di Pfas rigettati nell’acqua): tale denaro sarà versato alle agenzie che si occupano delle risorse idriche e che si doteranno via via di sistemi per il trattamento dell’acqua potabile. Il “balzello” entrerà in vigore tra un anno e peserà soprattutto su colossi della chimica come Arkema, Basf o Solvay.
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