La pianura Padana si conferma con la peggiore qualità dell’aria d’Europa
La più alta incidenza di mortalità legata all’esposizione al Pm2,5 si registra nelle città della Pianura Padana, in Polonia e in Repubblica Ceca c Pixabay
Brescia, Bergamo e Vicenza ai primi posti per la mortalità legata ad elevati livelli di Pm2,5, mentre l’area metropolitana di Milano si conferma ai primi posti per quelle legate al biossido d’azoto.
La più alta incidenza di mortalità legata all’esposizione al Pm2,5 si registra nelle città della Pianura Padana, in Polonia e in Repubblica Ceca c Pixabay
Arriva un’ulteriore conferma della pessima qualità dell’aria che colpisce gran parte delle città della pianura Padana. Secondo lo studio Premature mortality due to air pollution in European cities: a health impact assessment condotto dal Barcelona institute for global health (Isglobal), in collaborazione con i ricercatori del Swiss tropical and public health institute (Swiss Tph) e dell’università di Utrecht e pubblicato su The Lancet planetary health, la più alta incidenza di mortalità legata all’esposizione al Pm2,5 si registra nelle città della pianura Padana, in Polonia e in Repubblica Ceca. Mentre sono i grandi centri urbani europei ad essere i maggiori imputati per quanto riguarda le morti premature legate al biossido di azoto (NO2). Lo studio interpreta i dati suggerendo che se in tutte le città oggetto dello studio venissero rispettate le linee guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), si potrebbero evitare, rispettivamente, 51mila e 900 morti dovute al Pm2,5 e all’NO2.
Brescia, Bergamo e Vincenza ai primi posti in pianura Padana
Secondo la classifica stilata in base ai modelli elaborati dal gruppo di ricerca, Brescia, Bergamo e Vicenza sono rispettivamente al primo, secondo e quarto posto per incidenza di morti causate dai livelli di Pm2,5 in tutta Europa. Ma scorrendo i dati, si scopre come nelle prime 30 posizioni ci siano ben 19 città del Nord Italia, ovvero il 64 per cento delle città europee si trova in pianura Padana. Tra queste Torino, Milano, Padova, Saronno, Treviso, Verona e molte altre. Un totale di 6.887 morti che potrebbero essere evitate se i livelli di inquinanti fossero entro i limiti.
Se invece si vanno a vedere i dati legati all’esposizione all’NO2 – il gas, che deriva principalmente dal traffico e in particolare dai veicoli diesel – le prime città italiane sono Torino e la Città metropolitana di Milano, al terzo e quinto posto rispettivamente. La ricerca ha anche classificato e paragonato l’impatto subito dalla popolazione delle città più inquinate con quello molto inferiore che si verificherebbe alle concentrazioni misurate nelle città più pulite, per la maggior parte in Nord Europa. Se per esempio Milano avesse i livelli di NO2 di Tromso in Norvegia, si eviterebbero ogni anno 2.271 morti premature (circa il 6 per cento del totale). Ben 18 fra le prime 100 città nella classifica del biossido di azoto sono italiane.
Come i ricercatori hanno ottenuto i risultati
Per giungere ai risultati i ricercatori hanno effettuato una valutazione quantitativa dell’impatto sulla salute utilizzando i dati relativi all’anno 2015, per stimare l’effetto dell’esposizione all’inquinamento atmosferico sulla mortalità per cause naturali per i residenti adulti (di età >20 anni) in 969 città e 47 grandi città in Europa. A quel punto è stato stimato il carico annuo di mortalità prematura che si potrebbe prevenire se i valori raccomandati dall’Oms (cioè, 10 µg/m3 per il Pm2,5 e 40 µg/m3 per l’NO2) venissero rispettati e se le concentrazioni di inquinamento atmosferico venissero ridotte ai valori più bassi misurati nel 2015 in alcune città europee (cioè 3,7 µg/m3 per Pm2,5 e 3,5 µg/m3 per NO2). Da qui sono stati poi sviluppati i modelli che hanno portato alle due differenti classifiche.
“È chiaro che le politiche che riguardano la pianura Padana in generale e le grandi città in particolare non sono sufficienti e non stanno funzionando”, commenta a LifeGate Anna Gerometta presidente dell’associazione Cittadini per l’aria. “La responsabilità è politica e la politica oggi ha l’occasione unica di rendere questo problema centrale nella pianificazione Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). Ora non lo è affatto. Bisogna riformare drasticamente la mobilità nelle aree metropolitane e adottare misure che impediscano l’uso dei carburanti solidi per riscaldamento dove esiste un’alternativa”.
— The Lancet Planetary Health (@TheLancetPlanet) January 20, 2021
La risposta delle città
Ma è proprio questa metodologia ad essere stata contestata dalle amministrazioni delle due città lombarde in testa alla classifica. In una nota congiunta del Comune di Brescia e di Bergamo infatti si legge che “lo studio si avvale di dati vecchi di diversi anni, almeno 6 anni, visto che si riferisce al database del 2015. Il trend della qualità dell’aria ha registrato costanti miglioramenti negli anni successivi e il 2015 è inoltre ricordato come un anno particolarmente problematico nel periodo autunnale, con un periodo di assenza di precipitazioni di durata notevolmente sopra la media. La situazione fotografata non è quindi attuabile”. Secondo l’amministrazione comunale bergamasca “i recenti monitoraggi sulla qualità dell’aria eseguiti dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente hanno evidenziato il miglioramento progressivo e costante”, tanto che ad esempio lo scorso 24 gennaio sono state revocate le misure di limitazione temporanee di primo livello.
Cosa dice l’Arpa Lombardia sulla qualità dell’aria della regione
NeI recente rapporto “Qualità dell’aria, un primo bilancio del 2020”, presentato lo scorso 12 gennaio, si legge come livelli di NO2 risultino “tra i più bassi di sempre”. Mentre per quanto riguarda i superamenti del Pm2.5 “sono circoscritti a un numero molto limitato di stazioni del programma di valutazione, mentre benzene, monossido di carbonio e biossido di zolfo sono ampiamente sotto i limiti”. Indubbiamente il lockdown, come già evidenziato da altre rilevazioni, ha comportato una riduzione degli inquinanti (soprattutto per quanto riguarda l’NO2) e meno evidenti sul Pm10″.
“L’andamento delle polveri sottili, nel bacino padano, è infatti influenzato in modo significativo dalla presenza della componente secondaria e, in parte, dall’aumento della combustione della legna negli apparecchi domestici”, si legge nella nota dell’Arpa. “Inoltre, la scarsità di precipitazioni, registrata in particolare il primo biennio e il mese di novembre 2020, ha creato una situazione meteo-climatica sfavorevole alla dispersione degli inquinanti, in modo diffuso sul territorio regionale”. Secondo Stefano Cecchin presidente di Arpa Lombardia “continua il trend complessivo di miglioramento, su base pluriennale, della qualità dell’aria nella nostra regione”.
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