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Le magiche pietre sonore dello scultore sardo Pinuccio Sciola
Far parlare con i suoni un materiale muto, questa è la magia delle pietre sonore realizzate dallo scultore visionario Pinuccio Sciola attraverso l’incisione di basalti e calcari sardi, i materiali più antichi dell’isola. Il Giardino sonoro, non lontano da Cagliari, è un museo all’aperto con numerose e grandi sculture che somigliano ad arcaici menhir, monoliti neolitici, che accarezzate dalle mani
Far parlare con i suoni un materiale muto, questa è la magia delle pietre sonore realizzate dallo scultore visionario Pinuccio Sciola attraverso l’incisione di basalti e calcari sardi, i materiali più antichi dell’isola. Il Giardino sonoro, non lontano da Cagliari, è un museo all’aperto con numerose e grandi sculture che somigliano ad arcaici menhir, monoliti neolitici, che accarezzate dalle mani o da una piccola pietra raccontano attraverso suoni e vibrazioni la loro storia ancestrale. I suoni generati sono molto strutturati, diversi a seconda della densità della pietra e dell’incisione. È un’immersione totale in un mondo magico che genera meraviglia ma contribuisce anche ad accrescere il rispetto verso l’ambiente e tutti gli elementi naturali.
Chi era Pinuccio Sciola
Sciola nasce nel 1942 a San Sperate, nell’attuale provincia del Sud Sardegna. Dopo il liceo artistico di Cagliari frequenta il Magistero d’arte di Firenze e l’Accademia internazionale di Salisburgo seguendo i corsi di artisti quali Luciano Minguzzi, Oscar Kokoschka, Emilio Vedova e Marcuse. Nei suoi numerosi viaggi di studio per l’Europa conosce anche artisti quali Giacomo Manzù, Fritz Wotruba, Aligi Sassu e Henry Moore. Dopo aver trasformato il suo luogo di nascita in un autentico “paese-museo” grazie all’esperienza artistica e sociale legata alla creazione di murales, nel 1973 si reca a Città del Messico dove lavora con il pittore David Alfaro Siqueiros.
A partire dal 1996 la sua ricerca artistica apre uno scenario nuovo e inaspettato quando svela al mondo la magia del suono della pietra, una materia dura e statica non più rilegata a una sola funzionalità visiva e tattile, ma che Sciola ha permesso di osservare attraverso un terzo senso: l’udito. Opere capaci di vibrare, emettere suoni e comunicare allo spettatore il potere della natura e la forza della Terra. Le pietre sonore vengono presentate per la prima volta in occasione del Festival time in jazz di Berchidda, in provincia di Sassari e suonate dal percussionista Pierre Favre.
Nel 2003 Sciola inizia una collaborazione con l’architetto Renzo Piano che sceglie una monumentale scultura sonora per il Parco della musica di Roma. “C’è un patto tra Pinuccio Sciola e le pietre di Sardegna tant’è vero che assomigliano l’uno alle altre come due gocce d’acqua – ha scritto Piano –. Dev’essere la ragione per cui le pietre si lasciano fare di tutto, da lui: tagliare, perforare, frammentare. Riesce persino a farle suonare”.
La magia delle pietre sonore, la visione di Sciola
Nel Giardino sonoro, museo a San Sperate gestito dalla Fondazione Sciola, dai tre figli dello scultore e da una squadra di appassionate e giovani guide, ci sono decine di grandi sculture dell’artista ed è possibile immergersi nel suo percorso artistico e filosofico che amava le pietre più antiche dell’isola, i basalti e i calcari.
‘La pietra è la spina dorsale del mondo’ recita un detto della civiltà Inca che avevo sentito in Perù. Tutta la cultura Inca era impostata sul rapporto tra la montagna, la pietra e l’universo; per cui la filosofia e la spiritualità nel loro profondo erano fondate su questi elementi. Da tempo con la pietra vado scoprendo emozioni sopite da silenzi irreali, ma la musica che riesco a far scaturire dalle ultime sculture non ha niente di terreno, sono suoni astrali. Questo non fa che confermare una mia intuizione quando ho scoperto il cielo dentro il basalto: incrostazioni stellari e costellazioni infinite. Ho immaginato spesso che al momento della formazione dell’universo qualche eruzione più forte di altre abbia scaraventato masse incandescenti nello spazio siderale e nella loro corsa abbiano incastonato pezzi di stelle che ritrovo nelle pietre.Questa archeologia dell’universo ci porta a scoprire altri valori di una materia per antonomasia muta, ma che al contrario riesce a comunicarci le sue avventure astrali anche attraverso la musica, con un linguaggio contemporaneo e planetario.Pinuccio Sciola
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Il dialogo con la statua del Mosè di Michelangelo
Due settimane prima della sua scomparsa nel 2016, all’interno della manifestazione Stone tales nella chiesa di San Pietro in Vincoli a Roma, dove si trova la famosa scultura del Mosè di Michelangelo, Sciola diede la risposta alla famosa domanda che ossessionava l’artista rinascimentale. Si dice infatti che Michelangelo chiedesse spesso al suo Mosè, così realistico ma a cui mancava la parola per essere davvero vivo, “perché non parli?”. “Se Michelangelo avesse utilizzato il calcare, forse Mosè si sarebbe messo a sorridere”, disse Sciola, perché nella sua visione il marmo statuario di Carrara usato per la scultura, una pietra più giovane, non ha suoni antichi dentro di sé.
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