Il clima che cambia sta delineando una nuova geografia del cibo con l’agricoltura chiamata a rispondere alle sfide ambientali e di sicurezza alimentare.
Polli alimentati con mangimi da aree deforestate, l’inchiesta
Un’inchiesta giornalistica ha denunciato che il colosso Jbs avrebbe acquistato soia e mais da coltivazioni su terreni deforestati illegalmente per nutrire polli esportati in tutto il mondo.
- In Brasile, il colosso della carne Jbs produce 5 milioni di polli che vengono esportati in tutto il mondo.
- Secondo un’inchiesta, in alcuni casi avrebbe nutrito i polli d’allevamento con mais e soia provenienti da terreni deforestati.
- Nelle catene di approvvigionamento mondiali, sono numerosi i prodotti legati alla deforestazione. L’Unione europea è al lavoro per approvare una legge che vieti l’importazioni di prodotti correlati alla distruzione delle foreste.
Una nuova inchiesta sull’allevamento industriale in Brasile denuncia l’utilizzo di mais e soia da coltivazioni in aree deforestate dell’Amazzonia per nutrire polli che finiscono nei supermercati di tutto il mondo. L’indagine condotta da Reporter Brasil e Ecostorm riguarda il pollo di Jbs, una delle più grandi multinazionali al mondo della carne con esportazioni in tutto il globo, dall’Europa alla Cina al Medio Oriente.
Polli e deforestazione: il collegamento sono i mangimi di soia e mais coltivati distruggendo l’Amazzonia
Attraverso la sussidiaria Seara, Jbs produce più di 5 milioni di polli al giorno in 9mila allevamenti in tutto il Brasile, polli che vengono spediti ad alcuni dei più grandi supermercati del mondo e a famose catene di fast food. In particolare, il Regno Unito negli ultimi tre anni avrebbe importato almeno 500 milioni di dollari di pollo Seara destinati a grossisti, servizi di ristorazione e aziende di trasformazione alimentare e quindi poi a scuole, ospedali, case di cura e supermercati.
Secondo quanto emerso dall’inchiesta, i fornitori di semi di soia e mais utilizzati per nutrire il pollo prodotto da Jbs sono collegati però alle aree deforestate dell’Amazzonia e del Cerrado brasiliani, due territori ricchi di biodiversità, ma gravemente minacciati dall’uomo. In più occasioni Jbs avrebbe acquistato mais e soia da fattorie in cui si era verificata una deforestazione illegale: in un caso nel Mato Grosso, 98,7 ettari di terra sono stati deforestati illegalmente in una fattoria per la coltivazione di semi di soia venduti ai fornitori di Jbs per la produzione di mangimi.
Pollo responsabile della deforestazione in Brasile: la replica del colosso della carne Jbs
Come riporta il Guardian, Jbs sulla questione ha dichiarato: “Jbs richiede che il 100 per cento dei suoi contratti di approvvigionamento di grano soddisfi i criteri socio-ambientali in tutti i biomi brasiliani. Nel caso di acquisti da società commerciali, i contratti prevedono che i loro allevamenti fornitori non siano ubicati in aree di deforestazione illegale; non siano soggetti a interdizioni federali o statali; non si trovino in unità di conservazione o su terreni indigeni; non utilizzino il lavoro in condizioni analoghe alla schiavitù. Inoltre, per coloro che operano specificamente nel bioma amazzonico, Jbs richiede anche che siano firmatari della moratoria sulla soia”. Il colosso ha aggiunto che nei casi di acquisto da produttori, le aziende agricole che fornivano cereali all’azienda erano conformi ai criteri socio-ambientali di Jbs al momento dell’acquisto e che tre delle aziende agricole citate attualmente sono bloccate dal sistema di acquisto di Jbs, mentre altre due fattorie menzionate non hanno registrazioni di rapporti commerciali con Jbs.
Una legge europea per vietare le importazioni di prodotti legati alla deforestazione
Il 13 settembre scorso il Parlamento europeo ha approvato il testo di legge proposto dalla Commissione che vuole vietare l’importazione nell’Unione europea di prodotti legati alla deforestazione: nella lista bestiame, soia, cacao, caffé, olio di palma e legno, ma i parlamentari hanno chiesto di allargare il divieto ad altre categorie tra cui pollame, mais, gomma. Tocca alle aziende dimostrare, attraverso il tracciamento, che i prodotti venduti nell’Ue non provengano da terreni deforestati o degradati.
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