A 2 anni dal crollo del ponte Morandi, il quartiere Certosa di Genova rinasce grazie alla street art
Si chiama On the wall il progetto di arte pubblica che ha invaso di colore i muri del quartiere vittima del disastro del 14 agosto 2018 a Genova.
Le illustrazioni di Polly Nor su Instagram Gestione in multitasking di email, messaggini e masturbazione. È una delle illustrazioni di Polly Nor che più è circolata ed è stata scelta da Dazed come la più emblematica. Ritrae una giovane donna con la mano nelle mutandine, col suo laptop sul letto mentre guarda il suo iPhone. Una rappresentazione
Gestione in multitasking di email, messaggini e masturbazione. È una delle illustrazioni di Polly Nor che più è circolata ed è stata scelta da Dazed come la più emblematica.
Ritrae una giovane donna con la mano nelle mutandine, col suo laptop sul letto mentre guarda il suo iPhone.
Una rappresentazione ilare, accurata e caustica della coesistenza diabolica e grottesca del subconscio, un’ambientazione comune a tutte le opere di quest’illustratrice londinese. Tutte le sue figure sono ritratte in posti e posizioni familiari ma lievemente stranianti, stanze e ambienti in cui ci si ritrova a confrontarsi con i propri demoni, se possibile per far pace con loro.
S’è appena conclusa una sua mostra a Berlino, Digital Luv, curata dal magazine Girls Kaltblut, e un’esposizione a Londra alla 71a Gallery (Sorry Grandma, An Exhibition of Obscene Illustrations).
La 28enne artista londinese Polly Nor si racconta come una ragazza che ha sempre disegnato, fin da piccola, tanto che era l’unica materia che riusciva a seguire a scuola. Ha ottenuto poi la laurea alla Loughborough University, ma ammette che non è stato facile: “Ero troppo spesso ubriaca, o troppo depressa — racconta a Nylon — e ho sprecato un sacco di tempo e di soldi. Non sono mai stata brava a compilare un curriculum e a far le mosse giuste. Riuscivo a cavarmela, ma senza minimamente sentirmi realizzata”.
Dopo la laurea, Polly Nor non era certa di cosa voler fare, nemmeno di se stessa.
Ero persa nella vita, senza un lavoro concreto e in mezzo a problemi di merda. Sentivo che a quel punto stavo toccando il fondo e dovevo riconsiderare la mia vita. Ricordo di essermi detta ‘Do a questa cosa dell’arte una possibilità per un anno, se non ne viene fuori nulla rinuncio e vado a fare la receptionist’. Sono contenta che qualcosa sia venuta fuori, perché sarei stata una terribile receptionist. Ho sempre qualche sorta di pezzo di cibo tra i capelli o in faccia, odio parlare al telefono, ci metto tipo un’ora a mandare una email.
Polly Nor comincia a pubblicare i suoi disegni su Instagram nel 2014, a partire da piccoli doodles in bianco e nero di ragazze e demoni. Il crescente, progressivo riscontro e l’aumento del numero dei follower le suggeriscono di dissodare più in profondità questa vena rosa acido. Così, ha cominciato a realizzare disegni di dimensioni maggiori, a colori, creando personaggi, ideando tracce narrative da incorporare nei quadri.
Oggi la sua opera da illustratrice è richiesta da vari magazine. Ha lavorato per Hunger TV, Bloomsbury, la casa discografica Emi (ha collaborato con i Chelou su un video musicale) e a progetti per Bric Gallery, il Festival di Salisburgo e la Metropolitan Opera di New York.
Le sue opere non sono solamente frutto di riflessione introspettiva, bensì di osservazione della donna attuale, media, moderna. Polly Nor tipicamente dipinge donne (nude) nel loro stato più naturale e negletto, mentre fanno cose ordinarie, trastullarsi, scattarsi selfie, masturbarsi. Fortissimo il focus sulla sessualità femminile, sulle relazioni e sull’instabilità emotiva. Un demone è sempre lì accanto in tutte queste attività, una presenza dal significato molto più complesso e profondo di quanto si possa inizialmente pensare.
La regista Erika Lust, che l’ha appena intervistata per la serie Xconfessions, ha detto: “Mi aspettavo una ragazza sveglia con un sacco di cose da dire. Dopo averla intervistata, è esplosa oltre ogni mia aspettativa, dall’esplorazione del femminismo alla navigazione tra i linguaggi delle giovani donne del 21esimo secolo attraverso la sua arte”.
L’inizio dell’arte moderna si ha con Leonardo da Vinci, quando scrisse “Farai le figure in tale atto il quale sia sufficiente a dimostrare quello che la figura ha nell’animo”. Da allora, cioè da sei secoli, il volto diviene il ritratto del tormento interiore e lo specchio della società circostante. Giorgione, Lotto e Pontormo fanno del ritratto una testimonianza d’inquietudine. L’Anima dannata di Gian Lorenzo Bernini, la Testa di Medusa di Caravaggio, l’autoritratto di Rembrandt, il Ritratto del dottor Gachet di Vincent Van Gogh e Papa III di Francis Bacon esplorano recessi profondi del nostro animo, e quadri come La vestizione della sposa di Max Ernst ci raccontano molto delle rifrazioni vibranti tra il nostro intimo, gli abiti e le stanze in cui viviamo.
Ernst Kirchner, Oskar Kokoshka, Erich Heckel e naturalmente Egon Schiele scarnificano il decoro e intagliano coi loro tratti neri nuove raffigurazioni dello spirito. In questo solco, dopo l’esplosione pop — da Andy Warhol e Francesco Clemente fino a Keith Haring — una schiera di illustratori e di artisti opera fertilmente e scava, alla ricerca di nuove rivelazioni su come siamo fatti.
Lo fa anche Arthur Rimbaud nella sua poesia, quando scrive “Io è un altro”, nel 1871. E sì, lo fa anche Polly Nor, che in questo frammento si rispecchia sorprendentemente. I messaggi d’allarme — come dimostrato da Jenny Holzer — possono ben essere lanciati da gesti artistici minimi ed essenziali, anzi possono essere anche più incisivi se espressi in modo emaciato. E lei il suo tratto lo usa in modo malizioso, un po’ malato, molto moderno.
Il tema preponderante delle sue illustrazioni è l’identità femminile e l’alterità da se stesse. A Erika Lust ha dato una splendida risposta su questo.
Già, ho sempre disegnato principalmente figure femminili, ma lo stile dei personaggi s’è evoluto negli anni. Da teenager ero molto conscia di me stessa e ossessionata da ogni imperfezione in modo davvero poco sano. Credo che questo sia causa del fatto che molte ragazze si sentono in ostaggio di costrizioni e aspettative della società. Ci viene inculcata l’idea che il nostro valore è inerente all’apparenza e a quanto bene ci calza un’ideale molto stringente di bellezza. Disegnavo ragazze con gambe lunghissime, vita stretta, seni, labbra e occhi grandi, caratteristiche che riflettono quel che pensavo dovessimo essere come femmine. Poi, sono cresciuta. Nella mia pelle. E i miei personaggi sono in definitiva cresciuti con me. Mi sono allontanata da quegli ideali e ho voluto impegnarmi artisticamente per descrivere come si sente una vera ragazza oggi.
Il demone che ricorre in ogni illustrazione di Polly Nor è chiaramente un personaggio interiore, disegnato per rappresentare una parte del carattere femminile. La parte grottesca, instabile, bruciante, che viene sempre tenuta nascosta dal resto del mondo, malefica manifestazione di ansie, frustrazioni e desideri.
I gesti di donne che si pelano, si fotografano, si toccano, si spogliano della pelle innescano un certo morboso erotismo. Ci viene mostrato cosa succede quando non c’è nessuno intorno, quando nessuno guarda o giudica, quando ci si leva il costume umano per sguainare l’irriguardosa e selvatica natura che celiamo al nostro interno.
Così facendo, la donna si leva di dosso anche le pressioni e le aspettative del mondo di fuori, e finalmente è libera di soddisfare i suoi bisogni elementari, fregandosene di tutto il resto.
Questa è la finzione di cui ci si veste, e ci si sveste. L’orrore di sé che si nasconde agli altri, ma che si può abbracciare, se lo si vuole.
Vedersi come si è, denudarsi finalmente per riflettersi in uno specchio, consente di guardar negli occhi il diavolo — inteso come male liberatorio — che dimora in noi, in una camera affollata di orpelli che ci ricordano il tempo in cui viviamo.
Per questo forse l’arte di Polly Nor ci tocca tutti, ma suscita sentimenti e opinioni molto contrastanti, dal fascino alla repulsione.
C’è chi ha visto le sue immagini su Twitter, chi su Instagram. Una, “Cba 2 Pretend No More”, era diventata un meme.
Lei stessa ne è conscia. Viviamo in un mondo molto interessante, in cui non devi essere necessariamente un giovane, ricco uomo bianco per essere rappresentato da un’importante galleria e poter esporre. Ora che ogni persona dotata di linea telefonica può usare Instagram, Tumblr e Facebook come sua personale galleria online, cominciamo a vedere una varietà di ispirazioni, artisti e punti di vista unica nella storia. Una cosa che rende l’arte ancora più eccitante.
Sono interessata a esplorare le mie esperienze di giovane donna nel 21esimo secolo. Essendo cresciuta nella prima generazione che ha avuto modo di avere internet facilmente accessibile, molto del mio lavoro è stato influenzato dai miei stessi comportamenti anche sbagliati e compulsivi, miei e di tutti quelli intorno a me. Viviamo in una società totalmente edonistica e narcisista, dipendente dalla tecnologia per ogni contatto sociale, per il divertimento, per la gratificazione sessuale. Questo mi dà tantissimo materiale per disegnare.
I social media, Instagram in particolare, giocano un grandissimo ruolo nel suo lavoro. “Mi piace il modo in cui creiamo una narrativa accelerata e nel contempo attentamente artificiosa delle nostre vite attraverso fotografie filtrate e frammenti di aggiornamenti online”.
Quando spendi così tanto tempo, come faccio io, a far scrolling sui newsfeed social, potresti anche cominciare a credere che quella è la realtà. Ma sono davvero tutte stronzate? Mi piace credere che anche gli Instagrammer più sinceri qualche volta decidano di mettersi la tuta da ginnastica, farsi qualche scatto come se stessero facendo riscaldamento e poi invece s’infilano a letto a mangiare curry. Perlomeno, lo spero. Ebbene, questi sono i momenti che vorrei catturare. Voglio mettere lo zampino nelle parti di noi che cerchiamo di nascondere da internet. Le parti scompigliate, arruffate, disordinate, solitarie, vulnerabili, che ci rendono gli esseri umani così perfettamente difettosi che siamo.
Il filone di Polly Nor è proficuo. Alla stessa infornata appartengono anche la giovane artista lituana Kot Bonkers, Tori Bodine, Ayqa Khan, l’anonima Ambivalently Yours, Miza Coplin, le australiane Celeste Mountjoy e Frances Cannon.
L’artista è social. Quindi è interessante scorrere le migliaia di commenti che ogni opera di Polly Nor genera, dal disgusto all’infatuazione. Quasi tutti sono di donne. Peccato, l’uomo qui ha molto da imparare.
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