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Nella centrale di Kozienice, in Polonia, è stata lanciata l’unità a carbone più grande del continente europeo. Bruxelles, intanto, salva le sovvenzioni per le fonti fossili.
Il gruppo energetico polacco Enea ha inaugurato il 19 dicembre, all’interno della centrale elettrica di Kozienice, nel voivodato della Masovia, quella che è stata definita “la più grande unità di produzione a carbone d’Europa”. Un impianto da 1.075 megawatt realizzato dalla giapponese Mitsubishi Hitachi Power Systems.
“L’unità B11 è la più potente e la più moderna del Vecchio Continente”, ha gongolato Krzysztof Figat, presidente della divisione Enea Wytwarzanie, controllata dal governo della Polonia. La nuova struttura, l’undicesima installata nel sito, è costata 1,5 miliardi di euro, e porterà la capacità complessiva di Kozienice a quasi quattromila megawatt.
La cerimonia di inaugurazione è stata celebrata in pompa magna, con tanto di diretta internet. Come se si trattasse di qualcosa di cui essere fieri. La centrale, che già rappresenta una bomba ecologica, diventerà così un’autentica palla al piede per il processo di transizione energetica che il mondo si è impegnato ad effettuare, sulla scorta degli impegni assunti con l’Accordo di Parigi del 2015.
Al contrario, nell’immensa infrastruttura che sorge nel cuore della Polonia – paese che nel dicembre 2018, a Katowice, ospiterà la prossima Conferenza mondiale sul clima delle Nazioni Unite (Cop 24) – verranno bruciati tre milioni di tonnellate di carbone all’anno. Provenienti in gran parte dalla miniera di Bogdanka, nel sudest della nazione europea. Il governo di Varsavia punta così a confermare il combustibile fossile al centro del proprio mix energetico: basti pensare che il settore dà lavoro ancora a centomila persone e garantisce circa l’80 per cento della produzione nazionale.
Se quella aperta a Kozienice è la singola unità più grande d’Europa, la Polonia “vanta” anche la centrale a lignite di Belchatow, che rappresenta nel suo complesso uno dei tre impianti più grandi al mondo. Così, mentre l’uso di carbone risulta in calo all’interno dell’Ue, il partito di destra polacco Diritto e Giustizia, al governo dal 2015, non ha alcuna intenzione di smettere di estrarre la fonte fossile.
La Polonia, dunque, è e resterà – almeno nel prossimo futuro – il più importante consumatore europeo. Una politica avviata d’altra parte da decenni: il settore minerario ha ricevuto 60 miliardi di euro di sovvenzioni pubbliche negli ultimi 25 anni. Non a caso, proprio il governo di Varsavia è tra quelli che hanno premuto, in seno al Consiglio europeo che si è tenuto il 18 dicembre, affinché nell’accordo preliminare sul “pacchetto energia” fossero salvati gli inventivi per il carbone e per altri combustibili fossili.
I ministri dell’Energia dei paesi membri hanno così ignorato l’invito del Parlamento europeo ad aumentare l’obiettivo al 2030 per quanto riguarda la produzione da fonti rinnovabili. “Per l’industria dei combustibili fossili – ha spiegato Luca Iacoboni, responsabile della campagna Energia e Clima di Greenpeace Italia – il Natale è arrivato in anticipo.
Verranno sovvenzionate persino per alcune tra le centrali a carbone più inquinanti d’Europa”. Secondo l’associazione ambientalista, inoltre l’Italia non avrebbe fatto la sua parte per evitare la decisione: “Il ministro Calenda, assente a Bruxelles, ha infatti appoggiato tutte le richieste delle grandi aziende legate all’uso di carbone, petrolio e gas, boicottando completamente l’idea di supportare la produzione rinnovabile da parte di cittadini, cooperative e comuni”.
https://www.youtube.com/watch?v=EPzfOMsuSXE
La palla ora passa nuovamente al Parlamento europeo, che dovrebbe finalizzare la propria posizione sulle rinnovabili in un voto previsto per la seconda metà di gennaio. Per quanto riguarda il Consiglio europeo, invece, ci si attende la conferma, il prossimo 26 febbraio, dell’accordo preliminare raggiunto lunedì. I successivi negoziati tra le tre parti coinvolte (Parlamento europeo, Commissione e Consiglio) partiranno poi in primavera.
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