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La Polonia vuole continuare a utilizzare il carbone anche dopo il 2050
Con la guerra in Ucraina la Polonia, che aveva promesso la chiusura delle miniere di carbone nel 2049, ci ha ripensato.
- La Polonia ha annunciato che le sue miniere di carbone resteranno aperte anche dopo il 2050.
- Per rendersi energeticamente indipendenti dalla Russia, diversi stati stanno ricorrendo al carbone.
- Anche l’Italia, insieme ad altri paesi dell’est Europa, ha detto che potrebbe ricorrere al carbone.
La Polonia ha annunciato di voler continuare a utilizzare il carbone per produrre elettricità anche dopo il 2050, data stabilita dall’Unione europea come limite per l’abbandono dei combustibili fossili. Solo l’anno scorso, il governo polacco aveva annunciato che il 2049 sarebbe stato l’anno di chiusura delle miniere di carbone ma secondo il vice primo ministro Jacek Sasin, intervenuto durante un incontro con i minatori nella città di Katowice, la guerra in Ucraina ha cambiato tutto. “Se vogliamo renderci indipendenti dalla Russia non c’è altro modo che tornare a bruciare carbone“, ha detto in sostanza Sasin.
Un quinto del carbone della Polonia proviene dalla Russia
La Polonia è tra gli stati membri europei ad aver chiesto con più insistenza di porre fine alle importazioni di gas, carbone e petrolio russi. Varsavia importa circa un quinto del proprio carbone, il 75 per cento del quale proviene dalla Russia, secondo i dati del think tank Forum Energii.
Come il resto d’Europa, anche la Polonia sta cercando di rafforzare la sua sicurezza energetica dopo l’invasione russa dell’Ucraina. Il conflitto ha sconvolto i mercati e provocato un ripensamento delle politiche energetiche, dal momento che la Russia è il principale fornitore di gas naturale, considerato da numerosi governi come un ponte nella transizione dai combustibili fossili alle fonti rinnovabili.
Ora Sasin è intervenuto per riconsiderare lo storico accordo raggiunto con i sindacati dei minatori per chiudere l’ultima miniera di carbone nel 2049. Il vice primo ministro ha anche annunciato un piano per riportare le centrali elettriche a carbone della Polonia sotto la guida di un’entità statale.
Anche l’Italia ha annunciato che punterà ancora sul carbone
L’anno scorso, l’Unione europea ha presentato un massiccio pacchetto di misure per rivedere le proprie politiche energetiche e climatiche e raggiungere un obiettivo di riduzione delle emissioni più rigoroso per il 2030 per poi diventare il primo continente al mondo a zero emissioni nette entro il 2050.
Ma la Russia ha fatto saltare i piani di diversi stati europei, non solo della Polonia. Repubblica Ceca, Bulgaria e Romania hanno interrotto i programmi di transizione che avrebbero puntato sul gas russo, per aumentare proprio la capacità di estrazione del carbone.
Anche l’Italia ha già annunciato un prolungamento dell’utilizzo della fonte fossile più dannosa per il clima, pur mantenendo l’impegno ad abbandonarla entro il 2025. Il presidente del Consiglio Mario Draghi ha affermato infatti che “la riapertura delle centrali a carbone potrebbe essere necessaria per colmare qualsiasi carenza nell’immediato futuro”.
La risposta non può essere il carbone
Insomma, diventa sempre più palese la necessità di rendersi indipendenti, dal punto di vista energetico, dalla Russia. Non possiamo continuare con una mano sostenere gli occupati e con l’altra alimentare le casse dell’invasore con i soldi del gas: l’Europa spende 1 miliardo di euro al giorno per importare combustibili fossili dalla Russia.
La fine della guerra non può che passare di qui. Ci sarà un costo per i cittadini europei ma se alla crisi energetica ci aggiungiamo quella climatica, la risposta ai problemi, è evidente, non può essere ricercata nel carbone.
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