Dal mischiglio della Basilicata alla zucca malon del Friuli al cappero di Selargius, in Sardegna: i presìdi Slow Food che valorizzano prodotti dimenticati, ma di fondamentale valore per la biodiversità, il territorio e le comunità.
Ponteginori, a metà strada tra Cecina e Volterra
Nelle terre di Ponteginori, a metà strada tra Cecina e Volterra, pare sia tornato il lupo. Un tempo in zona era di casa, si nascondeva nelle macchie boscose che rivestivano i colli come fitti scialli. Se lo ricordano i vecchi contadini che ancora popolano il borgo arroccato intorno al Castello di Querceto, appartenente ai marchesi
Nelle terre di Ponteginori, a metà strada tra Cecina e
Volterra, pare sia tornato il lupo. Un tempo in zona era di casa,
si nascondeva nelle macchie boscose che rivestivano i colli come
fitti scialli.
Se lo ricordano i vecchi contadini che ancora popolano il borgo
arroccato intorno al Castello di Querceto, appartenente ai marchesi
Ginori Lisci, commercianti di sete preziose nel 1500, “inventori”
della porcellana nella metà del 1700 e da qualche tempo
anche agricoltori su larga scala, con 2000 ettari di terre ondulate
che abbracciano le antiche strutture. Con l’arrivo di Luigi
Malenchini, giovane nipote dei Ginori Lisci, le attività
hanno preso una strada innovativa, anzi, avveniristica. In campo
agricolo, per esempio, è stata ampliata e migliorata, la
coltivazione delle uve, con l’ingresso di vitigni internazionali,
tra i quali anche il cabernet sauvignon, artefice di un eccellente
rosso, il “Macchion del Lupo”, appunto. Vitigno tirato su secondo
le regole dell’agricoltura biologica. “Regole che qui ci sono
sempre state”, dice Malenchini, “nessuno nella storia della nostra
famiglia, ha mai pensato di usare chimica in campagna e artifizi in
cantina”.
Tutto è naturale, selvaggio e al tempo stesso utile. Il
giovane imprenditore – e qui sta la grande innovazione – ha
dedicato 280 ettari di coltivazioni di mais, sorgo e triticale (un
cereale parente della segale) dalla cui fermentazione e grazie a
particolari batteri “allevati” in proprio, produce metano, che a
sua volta alimenta un motore che genera energia. In quantità
straordinaria, 5.6 milioni di kW all’anno, quanto basta per far
funzionare la grande struttura e le attività di ben 1200
famiglie. Il biogas ottenuto con i cereali, ai quali sono aggiunti
gli scarti della lavorazione del vino, non regala manco un grammo
di Co2. Per la buona salute dei castellani, dei borghi intorno e
anche dei lupi.
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