
La mancanza di dati ufficiali è un problema per il controllo del mercato legale di animali, soprattutto per le catture di quelli selvatici.
La Wildlife Conservation Society ha registrato un incremento di circa l’8% all’anno delle popolazioni di giaguari nelle aree monitorate in Centro e Sudamerica.
Il giaguaro (Panthera onca) cattura la nostra immaginazione da tempo immemore ed è sempre stato rivestito da un potente simbolismo. In Centro e Sudamerica era considerato lo sciamano tra gli animali, la dea della terra azteca è raffigurata incinta di un giaguaro, mentre i toltechi vedevano nella sua pelliccia maculata il cielo stellato. Ciononostante l’uomo, dalla metà del 1800 ad oggi, lo ha cacciato senza tregua e ha distrutto le sue foreste riducendone di quasi il 50 per cento l’areale negli ultimi cento anni. Ma oggi, secondo quanto comunicato dalla Wildlife Conservation Society (Wcs), il numero di questi grandi felini è in lieve ripresa.
In occasione della recente Giornata mondiale della natura dedicata ai grandi felini, la Wcs ha riferito che le popolazioni di giaguari sono cresciute a un tasso medio annuo di quasi l’8 per cento nelle aree monitorate dall’associazione in Centro e Sudamerica tra il 2002 e il 2016. Nei siti analizzati, che coprono una superficie di circa 400mila chilometri quadrati, il numero dei giaguari è stabile o in crescita e nel solo parco nazionale Madidi, in Bolivia, il numero di esemplari è triplicato.
Il risultato è merito degli sforzi di conservazione congiunti con i governi, le comunità locali e altre organizzazioni conservazioniste. “Siamo entusiasti del fatto che i nostri sforzi per la tutela dei giaguari negli ultimi vent’anni stiano mostrando segni di successo – ha dichiarato Elizabeth Bennett, vicepresidente della Divisione per la protezione delle specie della Wcs. – Possiamo guardare con ottimismo al futuro dei giaguari nelle Americhe”.
Il giaguaro è il più grande carnivoro dell’America Latina e il suo areale storico si estendeva in ventuno paesi, tra cui Stati Uniti sudoccidentali, Messico, Belize, Guatemala, Honduras, El Salvador, Nicaragua, Panama, Costa Rica, Colombia, Venezuela, Guyana, Suriname, Guyana francese, Ecuador, Perù, Bolivia, Brasile, Uruguay, Paraguay e Argentina. È ormai estinto in El Salvador e in Uruguay e non è più stanziale negli Stati Uniti. Attualmente ne sopravvivono in natura circa 60mila esemplari ma l’obiettivo è che la specie possa rioccupare l’antico territorio, dall’Argentina meridionale agli Stati Uniti sud-occidentali.
I fattori che minacciano la sopravvivenza di questi grandi predatori, classificati come minacciati dalla Lista rossa della Icn, sono tuttavia ancora presenti. I giaguari sono minacciati dalla perdita e dalla frammentazione degli habitat, a causa della conversione delle foreste in terreni agricoli, dal bracconaggio per il commercio illegale di parti del corpo e dalle uccisioni per ritorsione da parte degli allevatori in risposta alla predazione del bestiame.
Poiché i grandi carnivori necessitano di ampi spazi un efficace piano di conservazione richiede la tutela delle foreste, anche al di fuori dei confini delle aree protette. “A questo scopo abbiamo lavorato per sostenere le popolazioni indigene che gestiscono le terre che circondano le aree protette”, ha spiegato Lilian Painter, direttore nazionale della Wcs per la Bolivia. Tra le comunità locali con cui la Wcs ha collaborato ci sono i Tacana, che vivono nei pressi del parco nazionale Madidi, in Bolivia. Nella zona gestita dai Tacana il tasso di deforestazione è quattro volte inferiore rispetto alle aree esterne alla loro giurisdizione e il numero dei giaguari è triplicato dal 2012. È l’ennesima conferma dell’importanza degli indigeni per la conservazione, come testimoniato dalla mappa realizzata dalla Iucn nel 2016 o da uno studio sull’importanza delle comunità rurali nella prevenzione degli incendi forestali pubblicato lo scorso anno.
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